Cristina, testo e significato del nuovo brano di Achille Lauro

Lo scorso 18 aprile è uscito il nuovo singolo di Achille Lauro, "Cristina": il testo e il significato di uno dei pezzi più commoventi del cantante veronese

May 16, 2025 - 10:28
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Cristina, testo e significato del nuovo brano di Achille Lauro

Ogni tanto, nella scena musicale italiana, arriva una canzone che riesce a scavare in profondità , andando ben oltre la melodia e il testo. Tocca corde intime, racconta vite vissute, apre ferite che non si sono ancora completamente rimarginate. È esattamente quello che accade con Cristina, uno dei brani più toccanti del nuovo album di Achille Lauro, Comuni mortali, uscito il 18 aprile 2025.

Dietro lo scintillio dell’artista provocatorio, capace di stupire a ogni uscita, questa volta emerge il lato più umano, forse anche il più fragile del cantante. Cristina non è solo una canzone: è una lettera. È un grazie. È un gesto di restituzione emotiva a colei che anche nei momenti più difficili è rimasta in piedi accanto a lui, come una colonna portante. Cristina, appunto, la madre.

Una storia vera, senza filtri

Lauro non indora la pillola. Racconta con parole crude e sincere una quotidianità fatta di assenze e mancanze. Una casa che era “un disastro”, con “scritte sui muri” e “la pasta in bianco”, non per scelta ma per necessità. Non ci sono orpelli, solo realtà: il padre assente, la madre presente; due figli che crescono troppo in fretta, che imparano a cavarsela tra ruberie, vergogne e desideri silenziosi.

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Anchille e sua mamma Cristina. Foto: IG, @achilleidol – soundsblog.it

Il brano si muove su un piano profondamente autobiografico, ma il sentimento è universale. Perché in Cristina ci si riconosce: c’è la madre che fa da madre a tutti, che si priva per donare, che sorride mentre tiene in piedi con fatica un castello in frantumi. È quella figura che non compare mai nei titoli di coda ma la cui presenza si respira ovunque, anche quando non è in scena.

Madre coraggio, madre luce

Nel testo del pezzo, la madre diventa una figura quasi sacra: è lo “stelo di un fiore”, un “sole che brucia”, un’“orchidea fragile”. Lauro canta non a una donna perfetta, ma a una donna reale. Che ha lottato, pianto, forse sbagliato , ma sempre amato. Una madre che non solo cresce i suoi figli ma accoglie anche gli amici di quartiere come fossero suoi.. Che non solo sopravvive, ma rende la sopravvivenza un atto d’amore.

Ci sono immagini potentissime nel testo – che riportiamo più in basso – come il cassiere che chiude un occhio di fronte a due bambini che rubano il cibo. Oppure la Peugeot usata come rifugio notturno. Sono frammenti di vita che in altre mani potrebbero apparire, forse, retorici, ma che qui arrivano diretti e senza filtri perché veri.

Cristina è anche la confessione di un figlio che diventa un uomo e che, finalmente, capisce il profondo sacrificio fatto dalla madre. Capisce che crescere figli da sola non è semplice e che i valori trasmessi ( anche quando a lui, bambino, sembravano sbagliati) hanno attecchito. E che oggi, se lui e suo fratello sono riusciti a diventare uomini rispettati è solo per ciò che lei ha loro insegnato.

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Un testo commovente. Foto: RaiPlay – soundsblog.it

Achille Lauro mette da parte gli eccessi e gli inseparabili costumi di scena e mostra il suo io più autentico: un figlio che ha capito il valore del sacrificio , che ha visto la forza nel dolore. E oggi dice soltanto “grazie”.

Il testo

Ricordo a quindici anni, sì, mia madre la sera
Mio fratello che era un padre, sì
Ed un padre non c’era
E noi che crescevamo tra figli di nessuno
La casa era un disastro, sì, le scritte sul muro
E poi la pasta in bianco perché mà era lontana
E noi che rubavamo dentro il supermercato
Così piccoli quei bimbi da far pena alla gente
Come il giorno che quel vecchio cassiere disse “fa niente”
Mia madre c’era sempre, è sempre stata vicina
Sognando una famiglia ma subendo per prima
Mentre mio padre addosso le urlava e la sminuiva
Quando la chiamai prima di farla finita
Ricordo a diciotto anni, sì, dormire in un Peugeot
Dio solo sa, sì, come ho fatto a uscirmene illeso
Fumavamo in quella macchina col sedile steso
Appannavo il vetro e scrivevo

“Cos’è l’amore?”
Quel tuo abbraccio che non smetteva, no, mai
Perché l’amore del mondo è neve al sole
È solo, sì, grazie a te se siamo noi
Oh, tu che sei lo stelo di un fiore
Luce brucia, orchidea fragile
Tu vestita di sole, una dea

Ricordo che per noi non ti compravi i vestiti
Risparmi per portarci cinque giorni a Parigi
E poi quando crescemmo tra ragazzi smarriti
Tu facesti da mamma, sì, anche ai nostri amici
Lorenza che viveva con noi senza sua madre
Quell’altra come un figlio ma figlia di alcolizzati
E tu che frequentavi quel posto a viale Bastoggi
Perché per te quei bimbi, sì, come fratelli nostri
Sei sempre stata grande, sì, sempre stata una madre
Ed io non sarei stato se non fossi stata tale
E oggi capisco tutto ma solo molti anni dopo
Quanto non è facile in fondo crescere un uomo
Ma ce l’hai fatta, mamma
Ma ce l’hai fatta, mamma

Cos’è l’amore?
Quel tuo abbraccio che non smetteva, no, mai
Perché l’amore del mondo è neve al sole
È solo, sì, grazie a te se siamo noi
Oh, tu che sei lo stelo di un fiore
Luce brucia, orchidea fragile
Tu vestita di sole, una dea

E tu che avevi dato la vita per noi al riparo
E lui che si era preso la tua ma era un estraneo
E mio fratello iniziava a farsi, si era ammalato
Forse cercando un padre, quello che se n’era andato
Spero che davvero tu oggi, sì, sia contenta
Perché quei sacrifici non sono stati per niente
E se oggi trattano i tuoi figli diversamente
È perché hai insegnato a dare
Senza mai indietro niente, mamma

Cos’è l’amore?
Quel tuo abbraccio che non smetteva, no, mai
Perché l’amore del mondo è neve al sole
È solo, sì, grazie a te se siamo noi