Elementi 2025: il paesaggio diventa suono, intervista a Enrico Malatesta

Dal 2 maggio al 27 luglio 2025 torna ELEMENTI, la rassegna itinerante a cura di MAGMA che unisce arti visive, musica e performance, trasformando il paesaggio romagnolo in un dispositivo poetico e sensoriale. Giunta alla sesta edizione, la manifestazione si sviluppa in sette giornate e dodici interventi site-specific a basso impatto ambientale, tra Ravenna, Cervia, Bagnacavallo, Faenza e Bagnara di Romagna. Con una programmazione che alterna nomi italiani e internazionali, Elementi riconferma il suo ruolo di laboratorio multidisciplinare capace di mettere in relazione il tempo dell’ascolto con lo spazio che lo accoglie. Ne abbiamo parlato con Enrico Malatesta, artista sonoro e percussionista, tra i direttori artistici della rassegna. In che modo la consapevolezza che hai acquisito negli anni riguardo al suono e alla sua percezione si è evoluta, e come queste esperienze e intuizioni si riflettono nel tuo ruolo di direttore artistico di questa edizione di Elementi Festival? Il Festival Elementi è un festival con una direzione artistica condivisa tra un’entità collettiva/associativa composta da Alex Montanaro, Andrea Bratti, Andrea Montesi, Carolina Martines, Chiara Pavolucci, Daniele Torcellini, Enrico Malatesta, Enrico Minguzzi, Fabio Speraggi, Gioele Melandri, Giovanni Lami, Glauco Salvo, Lorenzo Placuzzi, Viola Emaldi. Rispetto a questo collettivo – essendo Elementi una rassegna dedicata principalmente al suono e alla musica – alcune persone hanno una presenza maggiore rispetto agli stimoli proposti per andare a completare il programma di anno in anno. Da parte mia, tendo a proporre progetti di artisti che agiscono in acustico, senza un supporto tecnologico audio o che comunque riescono a rifuggire una dinamica di fruizione frontale e a presentare il proprio lavoro con una bassa intensità sonora, in relazione al flusso acustico dell’ambiente che ospita la performance. Questo in parte riflette la mia attitudine come artista; nell’insieme abbiamo tutti interessi e tendenze diverse ma con una certa concordanza di intenti rispetto alla cura dell’ascolto: mettiamo in campo tante proposte diverse e poi mano a mano creiamo il programma attraverso la compenetrazione dei nostri gusti, la disponibilità degli artisti e le tipologie di ambienti/location che abbiamo a disposizione. Ci puoi raccontare come è nata e si è sviluppata questa edizione di Elementi Festival? Qual è stata la performance più complessa da ideare e realizzare? Non c’è una specificità concettuale e/o pratica che differenzia questa edizione dalle precedenti. In questi sei anni abbiamo stabilizzato una modalità di procedere che riguarda il dialogo e lo scambio di stimoli tra noi e una collocazione delle proposte in base agli spazi. Alcuni appuntamenti hanno delle difficoltà logistiche e burocratiche (ad esempio la data in cui il pubblico raggiunge il luogo della performance in kayak) e sono suscettibili ai capricci meteorologici, ma a parte questo cerchiamo di mantenere il tutto abbastanza leggero, senza troppa retorica o raccontando storie accattivanti in merito al nostro lavoro per auto-esaltarlo. Proponiamo artisti italiani e internazionali che ci piacciono, che stimiamo e che di rado passano in Italia, copriamo uno spettro molto ampio di esperienze musicali da contestualizzare in luoghi particolari in Romagna e il pubblico di Elementi apprezza l’ampiezza della proposta e la sua infrastruttura amicale. Nel 2017 ci raccontavi di essere profondamente legato alle percussioni e all’atto di percuotere. C’è una performance, in particolare, in cui hai potuto esplorare questo legame, magari anche in relazione a un contesto site-specific, che ti ha permesso di approfondire ulteriormente questo aspetto della tua ricerca? Direi che in ogni situazione in cui mi trovo a lavorare, se lo spazio non è acusticamente addomesticato, posso approfondire questo aspetto. Una location che ricordo in modo particolare sono gli Orridi di Uriezzo, in cui suonai Occam XXVI di Eliane Radigue nel 2020, nell’ambito di Nextones. Elementi 2023 Secondo te, qual è il valore aggiunto delle performance immersive come quelle di Elementi rispetto a un’esperienza musicale tradizionale? Cosa speri che il pubblico possa portare con sé da questi eventi? Non le definirei immersive; questa parola ha troppe accezioni e a mio avviso conduce anche a una certa confusione e ad aspettative malriposte. Elementi è una rassegna che valorizza una proposta artistica altamente specifica e molto diversificata, ospitata in luoghi che sono conosciuti in Romagna (ad esempio le Saline di Cervia) ma che raramente sono attraversati con lentezza e in ascolto, e direi mai attraverso delle presenza sonore così particolari come quelle degli artisti che si avvicendano in ogni edizione. Penso che Elementi sia un esempio di come le progettualità culturali possono esistere e vivere anche in territori di provincia, avendo successo negli anni e un riscontro positivo, senza cedere alla chimera dell’ammiccamento nei confro

May 9, 2025 - 08:46
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Elementi 2025: il paesaggio diventa suono, intervista a Enrico Malatesta

Dal 2 maggio al 27 luglio 2025 torna ELEMENTI, la rassegna itinerante a cura di MAGMA che unisce arti visive, musica e performance, trasformando il paesaggio romagnolo in un dispositivo poetico e sensoriale. Giunta alla sesta edizione, la manifestazione si sviluppa in sette giornate e dodici interventi site-specific a basso impatto ambientale, tra Ravenna, Cervia, Bagnacavallo, Faenza e Bagnara di Romagna.

Con una programmazione che alterna nomi italiani e internazionali, Elementi riconferma il suo ruolo di laboratorio multidisciplinare capace di mettere in relazione il tempo dell’ascolto con lo spazio che lo accoglie. Ne abbiamo parlato con Enrico Malatesta, artista sonoro e percussionista, tra i direttori artistici della rassegna.

In che modo la consapevolezza che hai acquisito negli anni riguardo al suono e alla sua percezione si è evoluta, e come queste esperienze e intuizioni si riflettono nel tuo ruolo di direttore artistico di questa edizione di Elementi Festival?

Il Festival Elementi è un festival con una direzione artistica condivisa tra un’entità collettiva/associativa composta da Alex Montanaro, Andrea Bratti, Andrea Montesi, Carolina Martines, Chiara Pavolucci, Daniele Torcellini, Enrico Malatesta, Enrico Minguzzi, Fabio Speraggi, Gioele Melandri, Giovanni Lami, Glauco Salvo, Lorenzo Placuzzi, Viola Emaldi. Rispetto a questo collettivo – essendo Elementi una rassegna dedicata principalmente al suono e alla musica – alcune persone hanno una presenza maggiore rispetto agli stimoli proposti per andare a completare il programma di anno in anno.

Da parte mia, tendo a proporre progetti di artisti che agiscono in acustico, senza un supporto tecnologico audio o che comunque riescono a rifuggire una dinamica di fruizione frontale e a presentare il proprio lavoro con una bassa intensità sonora, in relazione al flusso acustico dell’ambiente che ospita la performance. Questo in parte riflette la mia attitudine come artista; nell’insieme abbiamo tutti interessi e tendenze diverse ma con una certa concordanza di intenti rispetto alla cura dell’ascolto: mettiamo in campo tante proposte diverse e poi mano a mano creiamo il programma attraverso la compenetrazione dei nostri gusti, la disponibilità degli artisti e le tipologie di ambienti/location che abbiamo a disposizione.

Ci puoi raccontare come è nata e si è sviluppata questa edizione di Elementi Festival? Qual è stata la performance più complessa da ideare e realizzare?

Non c’è una specificità concettuale e/o pratica che differenzia questa edizione dalle precedenti. In questi sei anni abbiamo stabilizzato una modalità di procedere che riguarda il dialogo e lo scambio di stimoli tra noi e una collocazione delle proposte in base agli spazi. Alcuni appuntamenti hanno delle difficoltà logistiche e burocratiche (ad esempio la data in cui il pubblico raggiunge il luogo della performance in kayak) e sono suscettibili ai capricci meteorologici, ma a parte questo cerchiamo di mantenere il tutto abbastanza leggero, senza troppa retorica o raccontando storie accattivanti in merito al nostro lavoro per auto-esaltarlo. Proponiamo artisti italiani e internazionali che ci piacciono, che stimiamo e che di rado passano in Italia, copriamo uno spettro molto ampio di esperienze musicali da contestualizzare in luoghi particolari in Romagna e il pubblico di Elementi apprezza l’ampiezza della proposta e la sua infrastruttura amicale.

Nel 2017 ci raccontavi di essere profondamente legato alle percussioni e all’atto di percuotere. C’è una performance, in particolare, in cui hai potuto esplorare questo legame, magari anche in relazione a un contesto site-specific, che ti ha permesso di approfondire ulteriormente questo aspetto della tua ricerca?

Direi che in ogni situazione in cui mi trovo a lavorare, se lo spazio non è acusticamente addomesticato, posso approfondire questo aspetto. Una location che ricordo in modo particolare sono gli Orridi di Uriezzo, in cui suonai Occam XXVI di Eliane Radigue nel 2020, nell’ambito di Nextones.

Elementi 2023
Elementi 2023

Secondo te, qual è il valore aggiunto delle performance immersive come quelle di Elementi rispetto a un’esperienza musicale tradizionale? Cosa speri che il pubblico possa portare con sé da questi eventi?

Non le definirei immersive; questa parola ha troppe accezioni e a mio avviso conduce anche a una certa confusione e ad aspettative malriposte. Elementi è una rassegna che valorizza una proposta artistica altamente specifica e molto diversificata, ospitata in luoghi che sono conosciuti in Romagna (ad esempio le Saline di Cervia) ma che raramente sono attraversati con lentezza e in ascolto, e direi mai attraverso delle presenza sonore così particolari come quelle degli artisti che si avvicendano in ogni edizione. Penso che Elementi sia un esempio di come le progettualità culturali possono esistere e vivere anche in territori di provincia, avendo successo negli anni e un riscontro positivo, senza cedere alla chimera dell’ammiccamento nei confronti del pubblico. Le proposte sono di altissima qualità, non ricicliamo contenuti, non costipiamo il programma per il nostro tornaconto e anzi valorizziamo la circuitazione di artisti e artiste sempre diversi in relazione al nostro territorio. Le persone sono curiose e sanno che con Elementi possono avere accesso a esperienze artistiche di ricerca in luoghi familiari e con un certo agio nelle relazioni e nella mobilità, per cui ognuno può trovare di volta in volta il proprio posizionamento di ascolto.

Come vedi l’evoluzione futura del festival e come lo immagineresti proiettato nei prossimi anni?

In tante manifestazioni di musica tradizionale nel mondo uno dei precetti nella prassi esecutiva è che ciò che genera le forme musicali non deve mai evolvere, ma è l’essere umano che deve cambiare continuamente e in quel cambiamento conferire alla musica un senso di crescita.

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