Rifugio Franco Cavazza al Pisciadù: dal 1903 nel cuore del gruppo del Sella

La struttura a 2.587 metri di quota si trova in uno degli angoli più spettacolari del Gruppo del Sella. A raccontarne la storia è Renato Costa, il gestore che da 45 anni accoglie alpinisti ed escursionisti tra Val Badia e Val Gardena L'articolo Rifugio Franco Cavazza al Pisciadù: dal 1903 nel cuore del gruppo del Sella proviene da Montagna.TV.

May 16, 2025 - 17:18
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Rifugio Franco Cavazza al Pisciadù: dal 1903 nel cuore del gruppo del Sella

Collocato a 2.587 metri di quota nel cuore roccioso del gruppo del Sella e a pochi passi da un piccolo laghetto alpino, il Rifugio Pisciadù è uno dei luoghi più amati delle Dolomiti. La sua storia ha radici profonde: costruito nel 1903 dal Club alpino austro-tedesco con il nome di Bamberger Hütte e danneggiato durante la Prima guerra mondiale, fu successivamente restaurato nel 1924. Negli anni Quaranta passò alla sezione CAI di Bologna, che lo ampliò grazie al contributo della famiglia Cavazza in memoria del Conte Franco Cavazza, ufficiale degli alpini caduto in Albania. Da allora porta il suo nome: Rifugio Franco Cavazza al Pisciadù.
Celebre per la sua posizione spettacolare sulla cornice rocciosa del Sella, sospeso sopra la Val Badia, è il punto d’arrivo della via ferrata Brigata Tridentina, costruita dagli alpini nel 1962. Ma è raggiungibile anche con un sentiero escursionistico impegnativo, che regala un’ascesa spettacolare tra guglie, roccia e scenari lunari.

Sono 45 anni che gestisco il Pisciadù” racconta Renato Costa, che ha preso in mano il rifugio dopo l’addio di un altro gestore storico, una guida alpina di Colfosco. “Mio padre aveva già gestito il rifugio Puez negli anni Quaranta. Siamo cresciuti nella cultura del rifugio, e quando si è liberato questo, ci siamo saliti e siamo rimasti”. Da allora, la struttura è stata ampliata più volte (l’ultima ristrutturazione risale al 1985) e oggi può accogliere fino a 90 persone. Un numero importante, soprattutto considerando che, in alta quota (e non solo), l’acqua è una risorsa preziosa: “Molti purtroppo non lo capiscono. Alcuni escursionisti non si rendono conto che l’acqua per novanta persone non basta e non si può pensare di riuscire a fare tutti la doccia come in albergo. Bisogna adattarsi, un po’ come un tempo”.


Un accesso non per tutti

Il Pisciadù, aperto da fine giugno a fine settembre, si raggiunge in circa due ore e mezza di cammino dal Passo Gardena. Il sentiero, seppur frequentato, richiede attenzione: “È di difficoltà media, ma bisogna essere preparati. Con i bambini, meglio usare un cordino di sicurezza. Anche con i cani e fattibile, anche se nella parte finale è necessario aiutarli. L’ultimo tratto, infatti, è abbastanza impegnativo e due anni fa è franato, ora l’abbiamo sistemato. Ma resta un passaggio da non prendere alla leggera“, spiega Renato. La stessa cosa vale per la via ferrata, un percorso emozionante e panoramico che non deve essere sottovalutato. Renato sottolinea come oggi, complice anche la diffusione delle immagini sui social, molte persone si lascino affascinare dalla bellezza del paesaggio, sottovalutando però l’impegno fisico e tecnico richiesto. “Internet fa sembrare tutto incredibilmente accessibile e chi ha meno esperienza magari ci crede. Al contrario, è importante informarsi bene prima di partire. Oggi c’è anche chi pensa, erroneamente, che in caso di difficoltà si possa sempre contare sull’elicottero, ma non è così semplice: salire in quota richiede responsabilità“. A tal proposito, la memoria di Renato non può che perdersi momentaneamente tra i numerosi episodi in cui è dovuto intervenire personalmente: “Nel 2020 ho trovato un escursionista tedesco 25enne scivolato per quasi 100 metri in un nevaio nella Val Setus, lungo il sentiero per scendere, con bacino e gamba rotti. Non poteva rialzarsi e, per mancanza della copertura di rete, non riusciva nemmeno a chiedere aiuto con il cellulare. Se non lo trovavo io, chissà. Era sera e faceva freddo. Non c’era più nessuno in giro”. Ma non è un caso isolato: più volte è stato Renato stesso a dover partire nella notte per aiutare escursionisti persi, talvolta senza torcia ed equipaggiamento adatto.

Un altro problema ricorrente, racconta, riguarda la gestione dei rifiuti:C’è chi vorrebbe lasciare l’immondizia al rifugio. Ma tutto deve poi essere portato a valle in elicottero. Cerchiamo di spiegare con gentilezza che ogni gesto ha un peso, quassù”. Ma nonostante le difficoltà, Renato ama ancora profondamente questa vita: “Finché la salute mi assiste, vado avanti. Mi piace ancora salire, e mi piace quando vedo i ragazzi fuori di mattina o di sera, a fare foto al tramonto o all’alba. Trenta anni fa c’era solo gente di una certa età. Ora sono tantissimi i giovani che frequentano la montagna in modo lento, rispettoso. Questo mi fa piacere”.

Una questione di famiglia

Anche la figlia Stefanie lo aiuta in rifugio, e il futuro sembra avere basi solide: “Lei è brava, ha voglia. E con noi lavora anche un giovane che ha intenzione di restare. Almeno per altri dieci anni il Pisciadù ha le spalle coperte”. Eppure, le sfide non mancano: l’assenza di acqua corrente in quota, la grande difficoltà di reperire personale stagionale, l’aumento di turisti poco consapevoli e la necessità di trasportare ogni bene in elicottero rendono la gestione un lavoro di resistenza e passione. “C’è chi pensa che la sera scendiamo a valle e torniamo su al mattino. Non si rendono conto di cosa significhi stare quassù per tutta la stagione, con ogni tipo di tempo. Ma a me piace ancora. Quando non ce la farò più, allora smetterò”. Il Rifugio Pisciadù, difatti, è molto più di un punto d’appoggio: è un presidio culturale, un luogo dove la montagna insegna il rispetto e la misura, dove ogni gesto quotidiano è legato alla natura circostante.

Come raggiungere il Rifugio Pisciadù

Dal Passo Gardena si segue il sentiero n. 666 che conduce alla base della ferrata Brigata Tridentina, ben segnalata e attrezzata. In alternativa, si può seguire il sentiero che sale lungo la val Setus, più lungo ma meno tecnico. In entrambi i casi, il dislivello è di circa 600-700 metri. La salita richiede tra le 2 e le 3 ore di cammino, e culmina con l’arrivo al rifugio, incorniciato dalle pareti del Sella e affacciato sul piccolo lago Pisciadù. Un paesaggio di una bellezza ruvida e struggente.

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