Gerri, intervista esclusiva a Valentina Romani: “Lea porta sullo schermo l’indipendenza femminile. È stata una bella sfida”
TvBlog incontra Valentina Romani, protagonista della nuova fiction Rai Gerri. L'attrice si racconta in tutte le sue sfaccettature.

La Porta Rossa, Mare Fuori e Tutto chiede salvezza sono solo alcuni dei tanti lavori a cui ha brillantemente preso parte l’attrice Valentina Romani. Classe 1996, ha costruito attorno a sé una carriera luminosa, che le ha permesso di entrare di diritto tra gli interpreti più di spicco del panorama televisivo italiano. In questa intervista a TvBlog, la giovane Valentina si racconta, mettendo in evidenza i temi che affronta quotidianamente sul set e svelando dettagli sulla nuova serie tv di Rai 1 Gerri, di cui è protagonista insieme a Giulio Beranek. E sul ruolo della donna nel cinema dice: “Siamo sulla strada giusta, il percorso è lungo ma lo stiamo facendo“.
Da Vanessa ne La Porta Rossa a Naditza in Mare Fuori. Molti dei suoi personaggi raccontano storie di vite straordinarie ma con un passato enigmatico e profondo. In cosa si rivede quando è sul set?
Sicuramente c’è sempre qualcosa di me nei miei personaggi, e ciò accade anche al di fuori del mio controllo. Il momento in cui ci si affaccia al ruolo per me è di profonda introspezione. Anche se ci si trova a interpretare una vita che non è la propria, queste storie parlano spesso in modo diretto. Per ogni personaggio questo processo è stato ovviamente diverso e a sé stante, però il lavoro che faccio mi permette sicuramente di arricchire il mio bagaglio artistico e personale, perché mi porta a farmi delle domande che altrimenti non mi sarei mai posta.
Nel caso di Naditza, mi sono domandata cosa significasse per una giovane donna scegliere di essere arrestata pur di non vivere la vita fuori. Nel caso di Vanessa, mi sono invece chiesta cosa significasse per lei dover scoprire ad un certo punto di avere il “superpotere” di vedere e parlare con i morti. Sono dei momenti di riflessione intensa e di grande esplorazione dentro me stessa; io presto qualcosa a loro ma sono sempre loro che lasciano molto in eredità a me. È sempre una crescita dal punto di vista artistico, perché mi permette di misurarmi con corde sempre nuove, ma lo è anche umanamente. Spero che le vite che mi trovo a raccontare siano il più diverse possibili dalla mia, proprio per spaziare nel grande mare delle domande e della ricerca.
La sua carriera ha avuto una grande esplosione soprattutto dopo la serie tv Mare Fuori. Le manca quella produzione? Quali sono stati i motivi che l’hanno spinta a lasciare?
Io voglio molto bene a Naditza ma credo che, quando i personaggi finiscono il loro ciclo, bisogna riconoscerlo e lasciarli andare, perché è proprio lì che arriva il bello e che viene raggiunta la riconoscenza e la capacità di ascoltare me stessa per capire cosa mi è rimasto. Io provo oggi una grande gratitudine nei confronti di Mare Fuori, però sono un’anima molto curiosa, mi piacciono le sfide e affacciarmi a nuove storie e vite da raccontare. Mi sento serena in questo momento.
In questi giorni la stiamo vedendo su Rai 1 nella fiction Gerri, dove interpreta Lea. Stavolta è nei panni di una poliziotta. Quali sono state le difficoltà nell’affrontare questo ruolo?
Questa è stata la prima volta in cui mi sono trovata ad affrontare un personaggio anagraficamente più grande di me, e che banalmente avesse un lavoro. Tra l’altro, quella di Lea è una professione molto difficile e che richiede grande lucidità e razionalità. La difficoltà è stata proprio quella di abbandonare le corde della spensieratezza adolescenziale su cui mi ero intonata fino ad oggi, e cercare così una chiave che mi desse una credibilità di adulta.
È stata una bella sfida, ma è stato anche divertente. Lea è una donna che non ama guardarsi dentro, e questo è un aspetto che è molto distante da me. Io tendo ad essere molto più riflessiva, mentre lei resta sulla superficie delle cose. Per me è stato molto interessante affacciarmi a questo nuovo personaggio.
C’è stata qualche scena di Gerri in cui si è riconosciuta? C’è stato un momento in cui la finzione è finita per dare spazio alla realtà?
Nonostante la sua grande lucidità, Lea fatica a non essere coinvolta in alcuni dei casi che si trova a dover affrontare. Io sono molto emotiva e in quei momenti mi sono sentita molto vicina a lei, perché sentivo di darle in prestito il mio coinvolgimento.
Anticipazioni sulle prossime puntate? Cosa i telespettatori devono aspettarsi?
Al momento posso dire che ci saranno dei grandi colpi di scena.
Prendendo in esempio il personaggio di Lea, mi sto accorgendo che stanno cambiando anche i modi di scrivere i personaggi femminili. Lei è una donna che porta sullo schermo un’indipendenza, non è al servizio di un uomo. Tutti questi cambiamenti che vedo attorno a me mi fanno pensare che siamo sulla strada giusta, che il percorso è lungo ma che lo stiamo facendo.
Tra i suoi ultimi progetti ci sarà a breve anche Dark Lines, una serie true crime. Cosa può dirci a riguardo?
Si tratta di un progetto di Rai Play, composto da otto episodi che raccontano otto fatti di cronaca nera che hanno avuto come vittime donne. Io sono voce narrante e volto di queste otto storie drammatiche e, alternati a me, ci sono dei disegni che rappresentano le scene del crimine o alcuni degli aspetti di questi fatti che racconto. È stato un lavoro molto intenso e faticoso emotivamente, perché quando si parla di vittime donne lo si deve fare con grande rispetto e tenendo bene a mente quanto sia importante dare voce a queste donne. Sono felice di aver potuto partecipare a questo progetto perché, nel mio piccolo, se posso aiutare a sensibilizzare mi prendo volentieri questo compito.
Negli ultimi anni si parla sempre più dell’importanza di avere uno sguardo femminile dietro la macchina da presa. Come attrice, ha notato differenze nel modo in cui una regista donna dirige rispetto a un collega uomo? E secondo lei, quanto è importante che le donne abbiano più spazio anche nella regia per raccontare storie diverse, magari con una sensibilità nuova o meno stereotipata?
Mi è capitato di lavorare con regista donne, tra cui Milena Cocozza che ha co-diretto la seconda stagione di Mare Fuori, ed è stato un lavoro di scambio straordinario. Il rapporto che si instaura tra un attore e il regista sul set è chiaramente fondamentale, perché è il motore del personaggio. Noi attori tendiamo a volte ad avere uno sguardo meno universale sulla storia, mentre i registi hanno appunto quadro più generale su quello che c’è da raccontare. È quindi importante cercare insieme al regista delle strade che siano funzionali sia al personaggio che alla storia. Lavorando con Milena, mi sono trovata benissimo e oggi è una mia cara amica. Credo che ci sia molto da fare per far sì che si arrivi ad una parità di genere ma, vedendo anche le vittorie dei David, sono molto incoraggiata e felice.
Dopo Gerri, cosa ha in serbo per i fan? Progetti futuri da raccontarci?
Quest’anno ci saranno due film per il cinema, ma sicuramente avremo modo di parlarne.