L’ITCZ risale e cambia tutto: piogge nel deserto, caldo record in Europa L’estate che ci attende potrebbe essere il simbolo di una
trasformazione climatica radicale, già in atto da diversi anni ma ora sempre più visibile e misurabile. Il cuore del cambiamento? La
zona di convergenza intertropicale, conosciuta come
ITCZ, che da fascia climatica equatoriale si sta
spostando sempre più a nord, risalendo dal
Golfo di Guinea fino a lambire
il cuore del Sahara. Un movimento silenzioso e progressivo, ma dalle
conseguenze dirompenti: laddove un tempo regnava solo
sabbia e silenzio, ora
cadono piogge, nascono
prati effimeri, e l’aria si carica di
umidità latente pronta a trasferirsi verso nord. Ed è proprio lì, tra il
Mediterraneo e l’
Europa meridionale, che si compie l’altra metà dello squilibrio: la formazione di
anticicloni africani opprimenti, alimentati da calore,
compressione atmosferica, e
una superficie marina ormai rovente.
Sahara che fiorisce, Italia che brucia: lo specchio opposto del meteo La
subsidenza atmosferica, quel fenomeno per cui l’aria scende, si comprime e si scalda, è la forza che domina il nuovo assetto meteorologico del
Mediterraneo centrale. Quando un
anticiclone africano si stabilisce sull’area, si comporta come
una cupola termica, che intrappola il calore al suolo, impedisce il ricambio d’aria e innesca
ondate di calore di portata estrema. Negli ultimi anni abbiamo visto
Sicilia,
Spagna interna,
Grecia e
Turchia toccare
temperature oltre i 48°C, un tempo impensabili. Eppure oggi,
i 50°C non sono più una fantasia apocalittica: sono un obiettivo climatico possibile, sebbene localizzato. Mentre ciò avviene, alcune aree del
Sahel, come il
Niger e il
Ciad, iniziano a ricevere
piogge regolari, capaci di innescare
processi di rinverdimento spontaneo. Si tratta di un evento epocale, di cui oggi vediamo solo l’inizio.
La trasformazione dell’ITCZ cambia la regia atmosferica del Mediterraneo Il
riscaldamento globale, combinato a
flussi oceanici alterati, ha messo in moto un meccanismo che spinge la
fascia intertropicale verso nord. Questo genera due effetti opposti e complementari:
a sud, le piogge si spingono oltre il Sahel, portando
vegetazione in zone storicamente sterili;
a nord, il Mediterraneo si trasforma in
una caldaia climatica sempre più chiusa, sempre più afosa, sempre meno ventilata. La crescente
calura estiva che colpisce l’Italia non è più solo il risultato dell’irruzione di una bolla di aria calda. È l’espressione di una
struttura atmosferica permanente, alimentata da un
mare superficiale sempre più caldo, da una
terra arsa, e da
una scarsissima circolazione perturbata. Le
perturbazioni atlantiche non riescono più a penetrare nel Mediterraneo centrale, respinte da
dome anticiclonici africani che si ergono come mura bariche.
L’agricoltura e il mare: le vittime più esposte del nuovo clima estremo Gli effetti si vedono ogni giorno:
raccolti bruciati dal caldo prima della maturazione,
serre distrutte da eventi estremi, animali da allevamento in stress termico, e ecosistemi marini in collasso. Il
Mediterraneo, da culla della biodiversità, si sta avvicinando a
caratteristiche tropicali, dove alghe tossiche, pesci alieni e anossia stagionale diventano sempre più frequenti. Le città costiere italiane, da
Cagliari a
Bari, da
Siracusa a
Napoli, vivono
estati lunghissime, spesso
prive di pioggia per 70-90 giorni consecutivi, con notti tropicali che
non scendono mai sotto i 25°C e un’
umidità stagnante che accentua la percezione del calore.
Estate 2025: lunga, infuocata, africana I modelli attuali non lasciano grandi dubbi:
anche l’Estate 2025 sarà dominata dalla
subsidenza, dall’
assenza di piogge prolungate e da
ondate di calore ricorrenti. L’elemento forse più rilevante è la
durata: l’estate non solo sarà intensa, ma rischia di
concludersi dopo, proiettandosi
fino a Ottobre. Una tendenza già osservata nel 2022 e 2023, che sembra ormai consolidata.
Meteo estivo stravolto, l’elemento che cambierà tutto