Intervista a Deci: “Metropoli è la mia città interiore, un micro cosmo”
METROPOLI è l'album di debutto del cantautore classe 1991 DECI, pubblicato per Beatfactory in distribuzione Believe Music Italia L'articolo Intervista a Deci: “Metropoli è la mia città interiore, un micro cosmo” proviene da imusicfun.

METROPOLI è l’album di debutto del cantautore classe 1991 DECI, pubblicato per Beatfactory in distribuzione Believe Music Italia.
Viaggi urbani senza fermate intermedie. Anagrafica e musica sono due concetti distanti. La musica può essere una macchina del tempo, ma di fatto non ha età di per sé. DECI lo sa e non ha paura di confrontarsi con un mercato che esige ormai una giovanissima età per approcciarsi al mondo delle 7 note.
Siamo tutti dentro una città, o perché ci viviamo o perché vorremmo viverci.
Dentro le metropoli, qui è nato il nuovo disco di DECI. Proprio quegli argomenti che solitamente non tratta nessuno, gli aspetti più cupi della quotidianità, qui sono tra i principali temi affrontati.
METROPOLI è il ritratto sonoro di una generazione che si muove in una città che chiede tutto e non restituisce niente, che esige velocità ma lascia immobili, che illude di poter arrivare ovunque ma alla fine sottrae anche la capacità di desiderare. È un disco che osserva l’umanità dietro i neon, le notti insonni dietro le vetrine illuminate, l’eco di passi solitari su marciapiedi affollati.
METROPOLI è un viaggio autentico dentro il vuoto urbano, dentro la stanchezza emotiva. Un disco che parla di chi si sente invisibile nella folla, di chi vive nell’attesa di qualcosa che forse non arriva mai.
Il singolo estratto è Americana, il brano che vuole lasciarci l’idea di una parentesi tra la quotidianità che giornalmente ci annichilisce e ci lascia in balia di una routine che pian piano ci spegne: una parentesi che risuona come un tuono pronto a farci tornare con i piedi per terra e con un nuovo spirito di ripresa. Sound anni ’80 rinnovato, voce avvolgente che sa di R&B.
L’interpretazione viscerale, capace di oscillare tra il sussurro e l’urlo emotivo. Un viaggio urbano tra vicoli e strade a quattro corsie, tra le luci e le ombre delle grandi città che ci ingoiano, rendendoci anonimi, come numeri.
La scrittura del disco vede la collaborazione principale con Gianluca Florulli, Nicola Messedaglia e Stefano Paviani;. Spiccano poi collaborazioni di scrittura con altri autori come Valeria Palmitessa, Alessio Bernabei, Leonardo Lamacchia, Andrea Amati e Andrea Pelliciari.
Intervista a Deci
1. METROPOLI è il tuo album d’esordio. Qual è stata la scintilla che ti ha portato a scriverlo?
Sicuramente la scintilla è stata la scrittura di “Cascate”, il primo brano che ho scritto in termini cronologici con il mio nuovo team. Ho capito che era la direzione giusta, il brano mi ha distrutto, rimane uno dei miei preferiti.
2. Il disco esplora gli aspetti più cupi della quotidianità urbana. Qual è stata la tua fonte d’ispirazione principale?
Per quanto riguarda la scrittura in realtà ho voluto approfondire molti aspetti personali, provando a tradurli in maniera ascoltabile anche per un utente generico, anche se a volte di è sfociato in cose troppo personali e difficilmente identificabili. Per il resto ho molte ispirazioni più che altro sonore, che vanno dagli Imagine Dragons, a Woodkid a cose più sperimentali di Beyonce o dei Gorillaz.
3. METROPOLI descrive la città come un luogo che chiede tutto ma non restituisce niente. Quanto c’è di autobiografico in questa visione?
METROPOLI è la mia città interiore, un micro cosmo capace di stupire e spaventare allo stesso tempo. Di autobiografico c’è molto. Se dovessimo dargli una forma fisica probabilmente sarebbe molto simile a New York, dove ogni brano è associabile a qualcosa in particolare, quindi per esempio ci sono le attrazioni principali, il lustro patinato della fifth avenue, la bellezza della statua della libertà, le luci delle insegne di Times Square che riflettono sul bagnato, i locali etnici di China Town, la sconfinata meraviglia di Central Park; ma anche la metropolitana degradata, lo smog, i vicoli oscuri in periferia, il degrado di Coney Island, i grattacieli imponenti e soffocanti della financial street.
4. L’album ha una forte componente elettronica e richiami anni ‘80. Come hai lavorato alla produzione sonora e quali artisti hanno influenzato questo aspetto?
Sicuramente la New Wave ha giocato un ruolo importante per l’approccio alla Sinthwave che ho cercato di riportare in chiave moderna. In realtà i suoni anni 80 che prendo in considerazione sono i suoni rinnovati anni 80, quelli di The Weekend per intenderci. Credo che alla base ci sia una chiave di lettura molto interessante da riproporre oggi con i nuovi strumenti di cui disponiamo a livello proprio di plug-in in studio.
5. Hai collaborato con diversi autori e produttori per questo disco. Come si è svolto il processo di scrittura?
Si, ho collaborato con molti autori e produttori. Stefano Paviani, Gianluca Florulli, Nicola Messedaglia, Valeria Palmitessa, Alessandro Gemelli, Leonardo Lamacchia, Andrea Amati, Alessio Bernabei, Mario Meli, Francesco Landi, Andrea Pelicciari, Yves the Male, Fabio Vaccaro. E’ stato fondamentale chiaramente. Da solo non avrei portato a casa brani strutturati in quel modo, ma molto più rozzi e meno di qualità, questo è sicuro al 100%. Di per se la scrittura è avvenuta quasi sempre in studio, si iniziava con una base concordata o tutto da zero, partendo da cosa si voleva dire al modo in cui lo si voleva dire. E nel giro della giornata avevamo il provino pronto.
6. “Americana” è il singolo apripista del disco. Cosa rappresenta per te questa canzone e perché l’hai scelta come primo estratto?
Ho scelto “Americana” perchè siamo in primavera, si avvicina l’estate, e dopo singoli cupi o impegnativi avevo voglia di proporre il mio primo album con un brano un po meno impegnato e più divertente. Se avessi pubblicato l’album in autunno o inverno probabilmente avrei scelto un brano più adatto al momento, come Cascate.
7. Il brano parla di una parentesi di fuga dalla routine che ci spegne. Qual è la tua personale via di fuga dalla frenesia della città?
Personalmente ho la mia via di fuga in Toscana a Castagneto Carducci. Quando posso scappo la e mi rigenero moltissimo guardano il mare o osservando il sole che tramonta. Può sembrare una cos basica ma per me è una parente si vitale che mi rinvigorisce e mi fa staccare il cervello da tutto.
8. La tua interpretazione oscilla tra il sussurro e l’urlo emotivo. Quanto è importante per te trasmettere emozioni attraverso la voce?
La voce è lo strumento di un cantante, cantautore o interprete, di conseguenza è fondamentale essere focalizzati su quello che stai dicendo e sul modo in cui lo stai dicendo. Personalmente credi di avere una voce a tratti potente quanto fragile, dipende molto dal momento e dai vari passaggi, nonostante non abbia un’estensione vocale degna particolarmente straordinaria.
9. Hai iniziato il tuo percorso musicale a quasi trent’anni. Cosa ti ha spinto a intraprendere questa strada e quali difficoltà hai incontrato nel farlo?
Scoprire a quasi 30anni che vuoi fare questo, senza aver nessun background musicale di alcun genere alle spalle, sicuramente non è semplice. La mia grossa fortuna è che quando ho capito di voler far musica sono partito come un treno su focalizzare i vari aspetti del progetto. C’è molto ancora da imparare e da conoscere, ma sono comunque molto contento di questo primo percorso. L’unica difficoltà degna di nota è stata l’impossibilità di candidarmi a vetrine importanti come Sanremo Giovani per solo una manciata di anni fuori dal range consentito.
10. Il tuo pop ha una sfumatura particolarmente cupa e un’anima elettronica. Come hai trovato il tuo suono e cosa vuoi trasmettere con esso?
Il mio suono viene banalmente da ciò che ascolto e che sento affine. Molto banalmente ho sempre pensato che fosse importante sapere in che modo volessi trasmettere le parole dei testi, e la parte elettronica mi ha sempre affascinato, anche perchè se accompagnata a strutture più classiche di pianoforte o chitarra spesso esce qualcosa di magico.
11. In un mercato musicale sempre più orientato verso artisti giovanissimi, quanto è stato difficile farsi spazio e credere nel tuo progetto?
Sicuramente è difficile perchè molto banalmente non dai una sicurezza di vendita alla discografica che, oggi come mai prima, è focalizzata sulla vendita più che sul progetto artistico. Di conseguenza se esci un po dal mainstream con progetti più particolari come il mio, devi avere un’immagine molto forte da far percepire al pubblico o devi essere spinto per ampliare molto il tuo bacino d’utenza tramite vetrine importanti.
12. Quale messaggio vuoi lasciare a chi ascolterà il tuo album?
Vorrei farmi conoscere come essere umano, come cantautore e come mondo da esplorare. E vorrei molto che le parole dei testi arrivassero ai giovani adulti che, come me, a volte si sentono persi, annichiliti e stanchi da questa società che in un modo o nell’altro ti obbliga sempre a performare al 100% e ad essere competitivo. Offro una bolla in caso di bisogno, che in questo caso era più indirizzata a me stesso. Con il prossimo progetto vorrei imparare di più a far arrivare i miei sentimenti e i miei pensieri in maniera più empatica e meno egoriferita.
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