Intervista a Chiello: “In ‘Scarabocchi’ c’è il bambino che piange ancora”

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Apr 11, 2025 - 17:06
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Intervista a Chiello: “In ‘Scarabocchi’ c’è il bambino che piange ancora”

Intervista a Chiello, che torna con l’album “Scarabocchi”, un disco intimo e viscerale in cui il cantautore mette a nudo sé stesso con la sincerità di chi non ha paura di mostrarsi fragile. Un titolo che evoca imperfezione, spontaneità e memoria, perfetto per un album che attraversa l’infanzia, il dolore, la morte e la ricerca di un’identità.

Il disco è ora disponibile in digitale, ma dal 2 maggio l’album sarà acquistabile in formato CD e in vinile. In esclusiva per Universal saranno disponibili due edizioni limitate composte da CD digipack gatefold autografato  (https://shop.universalmusic.it/products/chiello-scarabocchi-cd-numerato-autografato) e VINILE autografato con poster (https://shop.universalmusic.it/products/chiello-scarabocchi-vinile-numerato-poster-autografato).

Abbiamo incontrato Chiello per parlare di questo nuovo capitolo musicale, dei suoi legami con l’immaginazione e della voglia di restare, almeno un po’, “quel bambino che piange se vuole un abbraccio”.

Intervista a Chiello, il nuovo album “Scarabocchi”

Chiello, “Scarabocchi” è un titolo fortemente evocativo. Cosa rappresenta questo album nel tuo percorso artistico?
Rappresenta una parte fondamentale della mia vita. Dentro questo disco c’è una fetta precisa della mia esperienza: un momento che avevo bisogno di raccontare. Il titolo l’ho scelto perché è una parola che mi piace, che evoca qualcosa di infantile, spontaneo, ma anche imperfetto. E in fondo è quello che sono io, è quello che è questo disco: un insieme di segni a volte confusi, a volte intensi, ma sempre autentici.

C’è molto di te nel disco. È stato difficile esporti così tanto?
Sì, ma anche no. Il processo creativo può far male, è vero, perché scrivere significa scavare, tirar fuori pezzi che spesso si vorrebbe tenere nascosti. Però il momento dopo, quando una canzone è finita, è sempre bellissimo. C’è un senso di pace, di liberazione. È come lasciare andare qualcosa che non potevi più tenere dentro.

In diversi brani sembri oscillare tra realtà e immaginazione. Scrivere è più un modo per fuggire o per affrontare?
È entrambe le cose. A volte scrivere mi aiuta a evadere da quello che non voglio guardare in faccia, altre volte è proprio l’unico modo che ho per affrontare ciò che vivo, per capirlo. La fantasia diventa uno specchio, un filtro. Non è una fuga, ma una forma di elaborazione.

Musicalmente, “Scarabocchi” attraversa molte sonorità. Com’è nato il sound del disco?
È nato tutto in modo spontaneo. La maggior parte delle volte inizio da un testo, da parole che mi arrivano di getto, e poi costruisco attorno il suono. Ho lavorato con un team fidato, persone che conoscono il mio modo di fare musica e che hanno saputo rispettarlo. Ogni brano ha chiamato la sua atmosfera. Non c’è stato nulla di forzato.

Hai collaborato con nomi importanti come Achille Lauro, Blanco, Michelangelo e Rose Villain. Che valore hanno avuto in questo progetto?
Ognuno ha portato un pezzetto di sé. Sono artisti con una forte personalità, ma si sono messi davvero al servizio della mia musica. Non è scontato entrare nel mondo di un altro, soprattutto quando quel mondo è così personale. E invece loro lo hanno fatto, e il risultato per me è bellissimo.

Nel brano “Pirati” canti: “Sono solo un bambino, piango se voglio un abbraccio”. Quanto di quel bambino c’è ancora in te?
Tanto. Cerco di restare bambino, almeno in alcune cose. La vita ti obbliga a crescere, a diventare adulto, ma io non voglio controllare tutto, organizzare ogni dettaglio. Amo il caso, l’imprevisto. Cerco di mantenere una parte di me libera e pura, quella parte che piange quando ha bisogno di un abbraccio.

In “Nessuno ti crede” affronti il tema della morte con una riflessione serena. Cosa rappresenta per te quel pensiero?
È un pensiero che cambia. In “Anima” dico che ho paura di morire, in “Nessuno ti crede” sembra quasi il contrario. È un tema che mi accompagna da sempre, ma che non riesco mai ad afferrare davvero. La morte non si può capire, quindi ci lascia immaginare tutto. È inquietante, ma anche affascinante.

In “Malibù” l’immagine del sasso che rotola in un fosso è potentissima. Ti senti spesso in balia degli eventi?
Sì, spesso. Ma non è una sensazione che mi spaventa, anzi. Come dicevo prima, non amo il controllo. Preferisco affidarmi al caso, alla corrente. A volte le cose più belle arrivano quando non stai cercando niente.

“Stanza 107” è piena di dettagli fisici, odori, suoni. Quanto è importante evocare immagini nella tua musica?
Molto. Penso di essere cresciuto tanto nella scrittura proprio su questo. Ho imparato a non accontentarmi, a cercare sempre qualcosa che mi sorprenda, che mi faccia dire “ok, ora ci siamo”. Quando riesco a vedere quello che scrivo, a immaginarlo come fosse un film, allora so che sto andando nella direzione giusta.

“Mi sto dimenticando anche il tuo nome” sembra una difesa, ma anche una ferita aperta. È più doloroso ricordare o dimenticare?
Bella domanda. Penso ricordare. Ricordare è crudele, perché ti mette davanti a quello che hai perso. Dimenticare è una forma di difesa, anche se può fare male in modo diverso.

“Maledirò” e altri brani parlano del sentirsi fuori posto. La musica ti ha aiutato a trovare il tuo posto nel mondo?
Sì, tantissimo. La musica mi ha fatto sentire vivo, capito. E credo che tutti abbiano bisogno di sentirsi vivi e considerati almeno una volta. La musica è il mio modo per esistere davvero.

Hai davanti un tour importante. Come stai preparando i live e come farai convivere i brani nuovi con quelli del passato?
Con la band proviamo tanto. È importante. Ma anche nei live non cerco un risultato specifico. Seguo quello che mi arriva, provo a raccontare dove sono, cosa provo. Non costruisco a tavolino. Il filo conduttore sarà sempre e solo me stesso.

Hai vissuto l’atmosfera di Sanremo quest’anno. Pensi che un giorno quel palco possa accogliere la tua musica?
Sì, perché no? Se ci sarà il momento giusto, perché no?

Cresce l’attesa per l’imperdibile “Chiello Live 2025“. Il cantautore per la prima volta salirà sui palchi dei principali club italiani per otto date cariche di emozione e intensità.

Di seguito il calendario, organizzato e prodotto da Trident Music:

4 MAGGIO – MAMAMIA – SENIGALLIA (NUOVA DATA) – DATA ZERO

6 MAGGIO – CASA DELLA MUSICA – NAPOLI
7 MAGGIO – ATLANTICO – ROMA
11 MAGGIO – ALCATRAZ – MILANO
14 MAGGIO – TEATRO CARTIERE CARRARA – FIRENZE
16 MAGGIO – VOX CLUB – NONANTOLA (MODENA)
18 MAGGIO – GRAN TEATRO GEOX – PADOVA
19 MAGGIO – TEATRO CONCORDIA – VENARIA REALE (TORINO)

Qui il link per l’acquisto dei biglietti.

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