Black Mirror 7 – La Recensione della nuova attesissima stagione
Il seguente articolo contiene SPOILER sulla settima stagione di Black Mirror. La settima stagione di Black Mirror è da poco disponibile su Netflix – potete comodamente recuperarla qui – e ci ha detto tanto sullo stato di salute della regina della distopia. Sei episodi che raccontano di sei viaggi in un tempo sospeso tra futurismo… Leggi di più »Black Mirror 7 – La Recensione della nuova attesissima stagione The post Black Mirror 7 – La Recensione della nuova attesissima stagione appeared first on Hall of Series.

Il seguente articolo contiene SPOILER sulla settima stagione di Black Mirror.
La settima stagione di Black Mirror è da poco disponibile su Netflix – potete comodamente recuperarla qui – e ci ha detto tanto sullo stato di salute della regina della distopia. Sei episodi che raccontano di sei viaggi in un tempo sospeso tra futurismo inarrivabile e cruda attualità. Sei episodi a tinte moderne ma che strizzano l’occhio a un effetto nostalgia di cui quasi ci eravamo dimenticati. Uno dei grandi classici di Netflix è tornato a disturbare le menti degli spettatori, e lo ha fatto con una rinnovata qualità che fa ben sperare i fan. Al di là dell’attualità delle tematiche – di cui ovviamente sono entrate a far parte in modo ancora più concreto le AI – la narrativa continua a regalare perle. Black Mirror forse non toccherà più i picchi del suo glorioso passato, ma continua a proporre mondi e scenari spaventosi. La nostra recensione.
La settima stagione trova un equilibrio tra vintage e moderno puntando molto sull’effetto nostalgia
Dopo la visione della settima attesissima stagione di Black Mirror ciò che resta impresso è un senso di nostalgia. Si tratta di un tema che aveva caratterizzato gran parte delle produzioni televisive dai tempi del primo Stranger Things in poi. E non è di certo nuovo nemmeno in casa Black Mirror (né tanto mento di Netflix in generale), ma questa stagione della serie è particolarmente influenzata dall’effetto nostalgia di cui parliamo. Su sei episodi, ben tre racchiudono rimandi a una cultura pop d’altri tempi. E’ una stagione di auto rimandi: dal classico San Junipero citato praticamente in ogni episodio, al sequel di USS Callister e la citazione a Bandersnatch. Il settimo capitolo di Black Mirror porta lo spettatore a spasso nel tempo riscoprendo l’estetica di varie epoche. Dal black and white del cinema anni Cinquanta ai primi videogame interattivi degli anni Novanta, passando per il richiamo alla già nota parodia di Star Trek.
Mentre l’estetica strizza l’occhio alla distopia classica cui la serie ci aveva abituati, questa stagione torna a parlare una lingua più “umana”
L’immedesimazione non passa, tuttavia, dai distopici software che permettono di mantenere in vita un’attività cerebrale a distanza o di darne una a vecchi ricordi tramite delle foto. Lato pubblico, è il cuore umano a vincere sulla macchina. Cosa che vale anche per alcuni personaggi delle storie, come per Brandy Friday in Hotel Reverie. In questo classico rivisitato in stile Casablanca il focus si sposta proprio sul tema centrale di nostalgia e modernità. La critica in questo caso è rivolta all’industria cinematografica attuale, spesso incapace di evolversi e di andare oltre la ricerca dei fasti del passato. Più in generale, è il tema dei ricordi a essere al centro della narrativa di questa settima stagione. Ricordi perduti, volutamente cancellati, ma anche ricordi disperatamente tenuti in vita. I primi sono quelli del Philly di Paul Giamatti, un uomo che, distrutto dal dolore, ha voluto cancellare tutti i ricordi della donna che amava.
I secondi sono invece quelli di Mike e Amanda, una coppia di “persone comuni” – come sottolinea il titolo dell’episodio. Pur di non rinunciare all’ordinario e alle speranze di nuovi ricordi da costruire insieme si trovano costretti a sancire un patto col diavolo e a rinnovarlo costantemente upgrade dopo upgrade. Queste due sono forse le storie più umane della settima stagione di Black Mirror, quelle per cui il pubblico è messo più a dura prova. In tutti gli episodi, come sempre, le tecnologie hanno un ruolo fondamentale. Ma ciò che sembra dirci questa stagione rispetto alla piega che Black Mirror sta prendendo è una specie di rinnovato invito alla speranza. Eulogy e Hotel Reverie in particolare, ma anche il pirotecnico episodio finale: il sequel di USS Callister. Un cast da urlo e per un thriller intergalattico che, nonostante le premesse, vede trionfare l’uomo sulla macchina, la ragione sull’immoralità.
Ciò che è sicuro è che Black Mirror, tra alti e bassi, continua a invecchiare bene
Poche serie – soprattutto antologiche – sono riuscite a restare in vita per così tanto mantenendo costante la qualità. Black Mirror ha avuto i suoi alti e bassi, si è piaciuta troppo, forse, ha osato più di quanto potesse, a volte. Ma le ultime due stagioni – e questa in particolare – ci suggeriscono una consapevolezza ritrovata. Sicuramente non c’è più quell’effetto sorpresa (o forse è meglio dire shock) che aveva contraddistinto i primi fortunati capitoli della serie. Ma ciò che resta è una rinnovata autocritica della società moderna che non perde di qualità visiva e narrativa. USS Callister è un vero e proprio film e, per quanto si fosse discusso da tempo di un possibile continuo della storia, ha mantenuto fede alle aspettative. Eulogy è un gioiello costruito su una narrazione semplicissima adattata alla distopia divenuta ormai classica della serie.
Common People ha il difficilissimo compito di colpire subito lo spettatore a tradimento. Forse non riesce in questo intento come avevano fatto episodi ben più crudi in passato, ma il dramma raccontato è di immediata empatia. Oltre al closer con protagonista Cristin Milioti, c’è anche un sempreverde Peter Capaldi nei panni del vecchio pazzoide (che gli riesce sempre alla grande, come in The Devil’s Hour) a raccontare la complessità delle tecnologie più avanzate. Questi sono due trattati distopici sull’inesorabile alienazione del genere umano rispetto alla realtà. Plaything prende l’esempio di un giovane che finisce per autoconvincersi che una specie di Tamagotchi sia minacciato dalla stessa umanità e che debba essere difeso come una creatura in via d’estinzione. USS Callister invece estremizza l’interconnessione spingendosi oltre i confini della realtà attuale, confini che però sembrano più vicini di quanto si possa auspicare.
Il punto debole di questa stagione è forse il confusionario Bête Noire, la quota assurda della settima vita distopica di Black Mirror
Bête Noire è un eccesso continuo, sia di svincoli narrativi che di sentimenti umani. Il tema della vendetta personale, purtroppo, oscura brutalmente quello del bullismo. Intendiamoci, la vittima può tranquillamente passare dalla parte del carnefice, ma il risultato in questo caso è troppo artificioso. Non che Black Mirror non ci abbia abituati all’esagerazione oltre ogni limite, precisiamolo. In definitiva, possiamo dire che con questa settima stagione, Black Mirror ha ritrovato la sua voce. Ha dimostrato che è ancora capace di sorprendere, inquietare e far riflettere. Lo fa intrecciando, come al solito, fantascienza e critica sociale, ma anche grazie a un sentimento nostalgico che non risulta mai banale, anzi, aggiunge profondità e identità ai racconti proposti.
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