
Un’esplosione che ha annientato un ecosistema intero Nel
Maggio del 1980, l’eruzione del
Monte Sant’Elena, nello
Stato di Washington, sconvolse violentemente il paesaggio. La violenta attività vulcanica cancellò ettari di foresta, ricoprendo il suolo con
cenere vulcanica e
pomice. Il risultato fu un ambiente arido, privo di vita vegetale e con il
suolo superiore completamente distrutto. Nel cuore di questo disastro, un gruppo di
scienziati ambientali ha individuato una strategia audace per stimolare il recupero ecologico: utilizzare
gopher locali come vettori naturali di
rigenerazione del suolo. I gopher: piccoli ingegneri ecologici Nel
1982, due anni dopo l’eruzione, un team di ricerca decise di
rilasciare i gopher in
aree recintate all’interno della zona più colpita dal disastro. Nonostante siano spesso visti come parassiti agricoli, i
gopher americani sono noti per scavare gallerie che portano in superficie strati di suolo più profondi e ricchi. Secondo
Michael Allen, microbiologo dell’
Università della California Riverside, l’idea era semplice ma brillante:
riportare in superficie i microrganismi sopravvissuti sotto la cenere, favorendo così un ritorno della vegetazione. L’azione dei gopher ha permesso il
ripristino del microbioma del suolo e la diffusione di
funghi micorrizici, essenziali per la sopravvivenza delle piante. Un solo giorno, un effetto di 40 anni I gopher sono rimasti nell’area solo per
24 ore, ma l’impatto è stato sbalorditivo.
Sei anni dopo, le zone da loro lavorate contavano
oltre 40.000 piante, in netto contrasto con le aree circostanti, rimaste
inospitali. Questi risultati sono diventati ancora più significativi con lo studio pubblicato nel
2024 sulla rivista
Frontiers in Microbiomes. La ricerca ha mostrato che le
parcelle storiche con attività dei gopher
ospitano oggi una biodiversità microbica superiore rispetto persino alle foreste originarie precedenti all’eruzione. Le
comunità fungine, fondamentali per l’equilibrio ecologico, erano
più diversificate e abbondanti nelle aree di attività dei roditori rispetto alle zone
disboscate artificialmente come
Bear Meadow. Funghi micorrizici: i veri protagonisti del recupero Oltre ai gopher, la vera chiave della rigenerazione dell’ecosistema è stata la
rete sotterranea di funghi micorrizici, come ha spiegato
Emma Aronson, microbiologa ambientale della
UCR e coautrice dello studio. Questi funghi formano
relazioni simbiotiche con le radici delle piante, fornendo nutrienti e ricevendo carbonio in cambio. Dopo l’eruzione, nonostante la caduta degli aghi causata dalla cenere, molte
foreste di conifere sono ricresciute rapidamente grazie alla presenza di questi
funghi simbionti. Dove invece la vegetazione era stata
rimossa meccanicamente, l’assenza dello strato di aghi e dei funghi associati ha impedito la ripresa. Un esperimento che ha rivoluzionato l’ecologia L’intervento del 1982, inizialmente visto come
un semplice test a breve termine, ha rivelato
effetti ecologici duraturi e trasformativi. “Chi avrebbe mai pensato che un gopher lanciato per un giorno avrebbe lasciato un’eredità lunga 40 anni?”, si chiede Allen. Il caso del
Monte Sant’Elena rappresenta oggi un esempio emblematico di come
interventi minimi, ma strategici, possano cambiare radicalmente le traiettorie ecologiche di un ambiente devastato.
Fonti citate:
- Università della California Riverside
- Rivista Frontiers in Microbiomes
- Emma Aronson e Michael Allen, studi 2024
Gopher e funghi salvano il Monte Sant’Elena: la rinascita ecologica