Star Overdrive Recensione: surfando il deserto
Star Overdrive è il nuovo progetto del team italiano Caracal Games. Avevo già conosciuto questa software house grazie a Okunoka, uno dei loro precedenti lavori. Essendo un amante dei platform hardcore alla Super Meat Boy, avevo subito apprezzato le qualità dello studio, che era stato in grado di confezionare un titolo dal gameplay solido e […] L'articolo Star Overdrive Recensione: surfando il deserto proviene da Vgmag.it.


Star Overdrive è il nuovo progetto del team italiano Caracal Games. Avevo già conosciuto questa software house grazie a Okunoka, uno dei loro precedenti lavori. Essendo un amante dei platform hardcore alla Super Meat Boy, avevo subito apprezzato le qualità dello studio, che era stato in grado di confezionare un titolo dal gameplay solido e dalla direzione artistica sorprendentemente ispirata.
Con Star Overdrive, però, le ambizioni si fanno decisamente più grandi. Questa volta ci troviamo di fronte a un open world strutturato, con sistema di crafting, dungeon da esplorare, combattimenti dinamici e un hoverboard con cui sfrecciare tra le dune di un pianeta alieno. Un cocktail esplosivo che, almeno sulla carta, promette molto. Lo studio sarà riuscito a confezionare un’esperienza davvero convincente, pur senza un budget da tripla A? Oppure ci aspetta una rovinosa caduta sulla sabbia? Non ci resta che scoprirlo in questa recensione.
Star Overdrive: tra le stelle e la sabbia
Se si osserva con occhio critico il teaser di presentazione del gioco – rivelato per la prima volta durante il Nintendo Direct dell’agosto scorso – si possono già intuire le caratteristiche che avrebbero poi definito l’anima di Star Overdrive. In quel breve filmato, di poco più di un minuto, si alternano immagini potenti e suggestive: una keytar (quello strumento ibrido tra pianola e chitarra elettrica, tipico delle rock band di un tempo), un’astronave che solca lo spazio, poi distese di sabbia da attraversare in hoverboard e persino giganteschi vermi delle sabbie.
Il protagonista, con un’estetica spiccatamente anni ’80, sembra quasi un Link venuto dallo spazio: una versione rétro-cyberpunk dell’eroe del capolavoro Nintendo per eccellenza. Anche l’atmosfera generale del pianeta richiama, per certi versi, quella di Hyrule: tra distese sabbiose a perdita d’occhio, un’aura costante di mistero e imponenti strutture immerse nel deserto, sono molti gli elementi che riportano alla mente quell’esperienza. Eppure, Star Overdrive riesce, almeno sulle prime, a reinterpretarli con personalità, proiettandoli in una dimensione del tutto nuova – o meglio, su un altro pianeta.
I primi momenti di gioco sono decisamente intriganti. Facciamo subito conoscenza con il protagonista, Bios. Di lui non sappiamo molto: vaga nello spazio a bordo della sua piccola astronave, passando il tempo… a videogiocare. Ben presto, però, la quiete viene spezzata. Nous, la sua amata, lo contatta: è bloccata sul pianeta Cebete. Il messaggio è preoccupante: “C’è qualcosa che non va in questo pianeta. Per favore, fai attenzione.”
I primi passi su Cebete
Atterrati sul pianeta – o meglio, precipitati – la situazione è tutt’altro che semplice: la nostra astronave è andata distrutta, ma con noi ci sono ancora la nostra inseparabile keytar e il fidato hoverboard, anche se inizialmente privo di nucleo gravitazionale. Ben presto scopriamo che l’hoverboard apparteneva a Nous, aggiungendo da subito una nota personale ed emotiva all’avventura. Ad accoglierci, un mondo alieno ricoperto di sabbia, con Bios in attesa del nostro arrivo. A farci da sottofondo, una coinvolgente musica synth-rock.
La prima torre regionale serve per sbloccare la mappa dell’area e ci costringe a guardare l’orizzonte con attenzione. Per raggiungerla, però, serve un hoverboard funzionante! Fortunatamente, Nous ci ha lasciato il nucleo gravitazionale: siamo pronti a surfare nel deserto.
La guida dell’hoverboard è, senza mezzi termini, una delle componenti più divertenti del gioco. Il mezzo è veloce e maneggevole, ma il vero piacere arriva quando si inizia a compiere trick sulle dune. Il sistema è semplice e gratificante: con lo stick sinistro si eseguono acrobazie durante i salti e, se l’atterraggio è perfetto, si riceve un boost in velocità. A ciò si aggiunge una notevole componente di personalizzazione, con un sistema di crafting che permette di modificare estetica e prestazioni del mezzo. Possiamo potenziarne velocità, controllo, gravità e forza, oppure installare componenti speciali che migliorano le prestazioni su superfici particolari – come il gravitanium, che permette di planare sull’acqua.
Il crafting, però, non è perfetto: le combinazioni avvengono in maniera parzialmente casuale e, sebbene il sistema ricordi quello delle ricette di alcuni celebri titoli open world (ancora BOTW ndr.), risulta a tratti poco chiaro. È comunque divertente sperimentare e trovare il setup perfetto per il proprio bolide. Come se non bastasse, surfare tra le dune diventa ancora più emozionante quando iniziamo ad affrontare sfide a tempo: tracciati da completare passando attraverso portali, perfetti per testare le capacità del proprio hoverboard e aggiungere varietà all’esplorazione.
Miniere, poteri e combattimenti
Ben presto ci imbattiamo nelle Miniere, veri e propri sacrari in stile puzzle-platform, dove mettere alla prova la nostra abilità con enigmi ambientali e sequenze di precisione. È qui che entrano in gioco i poteri: grazie ai nastri collezionabili, Bios può acquisire abilità speciali da usare sia nei dungeon che durante l’esplorazione e i combattimenti.
Un esempio è il Jump Pad, che permette di creare piattaforme di rimbalzo per raggiungere zone elevate o colpire i nemici con maggiore efficacia – rimbalzando, infatti, subiranno più danni e rilasceranno più risorse. Un altro potere consente di afferrare oggetti a distanza, utile anche per togliere scudi ai nemici più ostici. Il tutto è gestito da una pratica ruota radiale, che consente di passare rapidamente da un potere all’altro, mentre possiamo sempre contare sulla nostra fidata keytar, da brandire come una spada. I combattimenti risultano così in genere piacevoli, anche se la varietà dei nemici è piuttosto limitata. Anche i boss – i cosiddetti Pulse Wraith – risultano dimenticabili. Le battaglie con loro sono poche e non particolarmente stimolanti, probabilmente a causa di limiti di budget.
Cebete è il vero protagonista dell’avventura! Un pianeta affascinante, con una palette cromatica ricca di contrasti: rossi e arancioni intensi si stagliano contro un cielo blu accecante, mentre imponenti monoliti emergono dalla sabbia evocando l’ombra di un passato misterioso. Il cel-shading dona personalità all’ambiente: a ben vedere, i paesaggi ricordano anche certi pianeti visti in No Man’s Sky, ma con una vena rétro anni ’80.
L’influenza del celebre open world Nintendo si fa sentire ancora: dalla mappa, alle torri, fino al protagonista muto. Ma il gioco ha anche una sua voce: il look di Bios, da ribelle spaziale alla Star-Lord, si sposa alla perfezione con le musiche synth-rock che accompagnano l’intera avventura. Non mancano nemmeno echi di Dune, specie nelle zone di caccia dove si viene trascinati da vermi delle sabbie giganteschi. L’estetica, pur omaggiando molte fonti, riesce a mantenere coerenza e una forte identità visiva.
Star Overdrive: narrazione ok, ma qualche inciampo tecnico…
Due considerazioni a margine anche sulla narrativa del titolo. Ho trovato la storia piacevole da seguire; intendiamoci, niente di particolarmente elaborato, ma in alcuni momenti riesce anche a emozionare. La relazione tra Bios e Nous è raccontata attraverso messaggi audio e album fotografici disseminati nel mondo di gioco. Una narrazione delicata, che si svela poco a poco, senza eccessi. Non sarà il fulcro dell’esperienza, ma contribuisce a dare un’anima al viaggio.
Su Nintendo Switch, Star Overdrive si comporta piuttosto bene. Il frame rate è bloccato a 30 fps e, nella maggior parte delle situazioni, si mantiene stabile. In alcune aree più vaste o durante i trick più elaborati si notano cali di fluidità, ma nulla che comprometta davvero l’esperienza. Qualche glitch è presente: NPC che scompaiono, animazioni che si bloccano, compenetrazioni poligonali, ma si tratta di casi isolati. Il sistema di combattimento soffre maggiormente questi difetti tecnici, e anche la telecamera talvolta fatica a seguire le fasi più concitate. Il passaggio tra esplorazione, trick e combattimento è comunque fluido, e anche se la Switch è prossima al pensionamento, il gioco riesce a offrire un’esperienza soddisfacente. Su PC si potrà probabilmente godere di performance migliori, ma anche in portabilità Star Overdrive mantiene intatta la sua identità.
Star Overdrive è un titolo ambizioso, forse anche troppo per un piccolo team indipendente. Ma Caracal Games riesce a portare a casa un prodotto sorprendente, capace di emozionare, divertire e far viaggiare con la mente. I limiti ci sono – animazioni talvolta legnose, crafting poco chiaro, contenuti che alla lunga diventano ripetitivi – ma vengono compensati da una direzione artistica ispirata, una colonna sonora trascinante e una meccanica di movimento in hoverboard che è pura gioia. È un’avventura che guarda al passato per creare qualcosa di nuovo, un tributo alla fantascienza anni ’80, ai deserti di Dune e alle meraviglie del capolavoro Nintendo, senza mai scivolare nella semplice imitazione. Non sarà perfetto, ma ha un’anima. E quella, nel deserto, fa tutta la differenza del mondo.
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