Quell’Italia anti overtourism: la moderna Resistenza

Pistole ad acqua. A Barcellona sono ripartiti dalle “buone, vecchie maniere” per aumentare i decibel contro l’overtourism, casomai qualcuno non avesse capito l’aria che tira sulle Ramblas. D’altronde il metodo è già collaudato, perché non ripeterlo? Perciò, davanti all’icona leggendaria della Sagrada Familia, gli attivisti hanno pensato bene di ribadire ai turisti che da queste parti il sovraffollamento non è più gradito. Così come a Tenerife e a Maiorca i tamburi di guerra hanno già rullato sulle note dello slogan “Le Canarie non sono in vendita”. Continue reading Quell’Italia anti overtourism: la moderna Resistenza at L'Agenzia di Viaggi Magazine.

May 15, 2025 - 06:10
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Quell’Italia anti overtourism: la moderna Resistenza
Quell’Italia anti overtourism: la moderna Resistenza

Pistole ad acqua. A Barcellona sono ripartiti dalle “buone, vecchie maniere” per aumentare i decibel contro l’overtourism, casomai qualcuno non avesse capito l’aria che tira sulle Ramblas. D’altronde il metodo è già collaudato, perché non ripeterlo? Perciò, davanti all’icona leggendaria della Sagrada Familia, gli attivisti hanno pensato bene di ribadire ai turisti che da queste parti il sovraffollamento non è più gradito.

Così come a Tenerife e a Maiorca i tamburi di guerra hanno già rullato sulle note dello slogan “Le Canarie non sono in vendita”. E fin qui il preambolo parla esclusivamente spagnolo.

Ma in Italia? Già, come ci si muove tra il 35° e il 47° parallelo? Il cliché in fondo è identico: soffocate dall’abbraccio dei visitatori le località di maggior richiamo respirano a stento, i residenti sbuffano e denunciano una crisi abitativa sempre più grave, mentre i Comuni si arrovellano alla ricerca di una soluzione per salvare capre e cavoli.

E si fanno due conti. Così, hanno scoperto che ogni ospite a loro costa almeno 3 euro, in base ai calcoli della società di ricerche e marketing turistico Jfc, che ha cercato di quantificare l’impatto del sovraffollamento sui bilanci. Cifra che sale a 4,7 euro a Venezia, pari a un costo annuale di almeno 20 milioni.

Sorridono poco anche i piccoli Comuni, chiamati a investire almeno 400mila euro l’anno per gestire le spese legate al turismo, vale a dire l’organizzazione delle aree di sosta, la pulizia supplementare delle strade, lo smaltimento dei rifiuti e i servizi sanitari. Insomma, la misura è colma. E allora, nell’80° della Liberazione, vediamo come le città italiane hanno organizzato la “Resistenza” all’overtourism.

RADDOPPIO IN LAGUNA

Quest’anno, ad esempio, la Laguna è più “amara” rispetto all’aperitivo sperimentale del 2024. Il Comune di Venezia, infatti, ha raddoppiato il contributo d’accesso da 5 a 10 euro – il massimo consentito dalla legge – e nel 2025 sono saliti a 54 i giorni a pagamento rispetto ai 29 di un anno fa, dal 18 aprile al 27 luglio. Il ticket vale nei sestieri e per la Giudecca, escluse invece le isole e chi si mette in viaggio per raggiungerle.

Regola numero uno: chi prenota spende meno o non paga. Quindi il prezzo è dimezzato a 5 euro per chi lo fa almeno quattro giorni prima dell’arrivo, altrimenti resta 10. Regola numero due: niente ticket per chi alloggia negli hotel perché versa la tassa di soggiorno. Esenti, ovviamente, i residenti, gli altri cittadini veneti – in caso di preavviso – oltre a pendolari, lavoratori, studenti, atleti e chi va a trovare gli ammalati.

Indietro non si torna, ha spiegato il sindaco Luigi Brugnaro, che ha messo la museruola ai contestatori: «La sperimentazione si era dimostrata utile per allentare la morsa dei giornalieri nei giorni da bollino “nero” o “rosso”. L’obiettivo è disincentivare il turismo mordi e fuggi, spingendo chi viene in giornata a scegliere date meno “calde”. I costi del 2024 sono stati di circa 3 milioni, quindi superiori all’introito di 2,2 milioni: quello che ci interessa però non è fare cassa, ma assicurare in futuro una maggiore vivibilità ai residenti e a chi viene in visita».

LA CARTA DI AMALFI

Se a Palazzo Vecchio la sindaca Sara Funaro lavora a un “modello Firenze” per gestire e strutturare al meglio l’overtourism, coniugando l’ospitalità alle esigenze dei residenti, Amalfi tenta di fare scuola. Vittima della sua bellezza, amplificata da social e serie tv, la Costiera ha lanciato da tempo segnali di sos per sopravvivere a una bulimia turistica che rischia di stritolare gli abitanti.

Se non ci credete, date un’occhiata alle foto che circolano sul web datate primo maggio: traffico da bollino rosso lungo la statale 163 Amalfitana, banchine stracolme di gente pronta a imbarcarsi e in procinto di sbarcare, centri storici presi d’assalto, vicoli con persone strette come sardine. E non è l’eccezione, ma la regola.

Allora, proprio nell’ex Repubblica Marinara, ad aprile è stata sottoscritta la Carta di Amalfi: un nuovo patto per il turismo siglato dai sindaci di 25 Comuni – dai 13 della Costiera ad altre perle come Capri, Courmayeur, Ischia, Taormina e Roccaraso – che hanno lanciato la proposta di istituire le Zts, Zone turistiche speciali, caratterizzate da un’affluenza che eccede sistematicamente la capacità ricettiva, infrastrutturale e di ordine pubblico dei territori interessati impattando sull’equilibrio economico, sociale e ambientale.

In sostanza, un modello di gestione dei flussi che consentirebbe ai sindaci dei Comuni interessati di acquisire “super poteri” (tema, questo, che deve ancora essere discusso nelle sedi istituzionali) al fine di regolare gli orari di ingresso, con ordinanze motivate e basandosi su dati documentati di pressione turistica.

Il patto, firmato negli antichi Arsenali, ha avuto il placet del presidente della Commissione turismo del Senato, Luca De Carlo, che ha promesso di tradurre in azioni precise i cahiers de doléances esibiti dai sindaci: «Di fronte a queste criticità ci troviamo a combattere spesso con armi spuntate e con limitato potere d’intervento. Sentiamo l’esigenza di condividere le nostre esperienze per ottenere nuovi strumenti di gestione dei flussi turistici e dare risposte concrete sia alle comunità residenti che ai nostri ospiti». Vedremo davvero i sindaci vestiti da Superman?

LA LINEA LIGURE

Nel consesso amalfitano anche le Cinque Terre hanno fatto sentire la loro voce, grazie alla sindaca di Riomaggiore, Fabrizia Pecunia, che da tempo ripete il suo mantra: «Il turismo va governato: il numero chiuso non serve, ma i flussi vanno gestiti». Sempre secondo i calcoli di Jfc, la spesa media giornaliera di un Comune della nota area ligure per accogliere un turista si aggira sui 4,5 euro al giorno.

Ecco perché, con l’inizio della nuova stagione, sono scattate regole più rigide: controlli sulle scarpe degli escursionisti e introduzione del senso unico sui sentieri più affollati per preservare il fragile ecosistema, decongestionare il percorso e aumentare la sicurezza dei visitatori.

Nel Parco Nazionale delle Cinque Terre, quindi, già durante i ponti primaverili, il Sentiero Verde Azzurro è stato percorso a senso unico da Monterosso verso Vernazza e sarà così anche giovedì 29 e sabato 31 maggio, domenica 1 e lunedì 2 giugno. Per scegliere il verso di percorrenza sono stati fondamentali i dati dei contapersone: oltre il 70% degli escursionisti, infatti, segue spontaneamente il tragitto da Monterosso a Vernazza.

Non è l’unica accortezza studiata: il personale che presidia i varchi di ingresso ai sentieri effettua controlli sull’adeguatezza dell’abbigliamento e delle calzature degli escursionisti. «In un contesto come questo, in cui la bellezza del nostro territorio si intreccia con la sua intrinseca fragilità – ha dichiarato il presidente del Parco, Lorenzo Viviani, attraverso il portale del Cai, il Club Alpino Italiano – siamo tutti chiamati a compiere scelte precise, che coniughino la tutela dell’ambiente con la sicurezza e il rispetto di chi lo attraversa».