Catania, aggressione omofoba in un fast food: tre ragazzi gay finiscono in ospedale

Le denunce per aggressioni omofobe sono state più di 3600 nel 2024 e quest’anno le cose non stanno andando meglio. Dopo il caso dello studente gay di Venezia stalkerizzato da tre ratti fascisti, c’è stato l’ennesimo caso di violenza contro persone LGBTQ. Catania Today ha fatto sapere che nel capoluogo di provincia siciliano intorno alle […] L'articolo Catania, aggressione omofoba in un fast food: tre ragazzi gay finiscono in ospedale proviene da Biccy.

May 15, 2025 - 06:44
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Catania, aggressione omofoba in un fast food: tre ragazzi gay finiscono in ospedale

Le denunce per aggressioni omofobe sono state più di 3600 nel 2024 e quest’anno le cose non stanno andando meglio. Dopo il caso dello studente gay di Venezia stalkerizzato da tre ratti fascisti, c’è stato l’ennesimo caso di violenza contro persone LGBTQ. Catania Today ha fatto sapere che nel capoluogo di provincia siciliano intorno alle 5 del mattino dello scorso 26 aprile c’è stata un’aggressione omofoba ai danni di tre ragazzi.

Aggressione omofoba in un fast food siciliano.

Tre ragazzi queer si sono recati in un fast food in piazza Alcalà, a Catania e mentre stavano mangiando hanno iniziato a chiacchierare della loro serata appena conclusa. Alcuni bulletti presenti all’interno del ristorante hanno cominciato a borbottare e poi infastidire i ragazzi: “Finitela di parlare di queste schifezze che fanno vomitare, noi stiamo mangiando“. Poi sono arrivati gli insulti omofobi e dopo la violenza fisica, pugni, schiaffi, calci, lancio di sgabelli, caschi e addirittura oggetti contundenti: “Vi spariamo in testa brutti… vi maciniamo schifosi“. Per fortuna è intervenuto un altro gruppo di ragazzi (anche loro queer secondo Catania Today) per cercare di fermare l’aggressione, ma a mettere fine a tutto c’ha pensato una ragazza, che ha spruzzato dello spray al peperoncino contro quegli scarti della società. Le tre vittime dell’aggressione poi sono state portate all’ospedale San Marco per le contusioni ricevute.

Che chi è al governo finga di non vedere l’emergenza non stupisce, sono gli stessi che applaudivano e gridavano di gioia dopo aver affossato il DDL Zan, ma viene da chiedersi quanto ancora durerà tutto questo? Deve scapparci il morto perché almeno smettano di voltarsi dall’altra parte? Nel dubbio noi possiamo fare la nostra parte, partecipando ai Pride, o magari anche firmando la petizione per il referendum sul matrimonio egualitario. [meride embed="22973"]

Il commento di Vera Navarria, presidente di Arcigay Catania

“Oltre ai traumi fisici, a questi ragazzi rimarrà la consapevolezza di non vivere in una città sicura per le persone LGBTQI. Esprimiamo solidarietà alle vittime e ci mettiamo a loro disposizione, reagiamo insieme a loro che hanno avuto anche la forza di denunciare, perché la violenza omofoba non è mai casuale e anche mangiare un panino con gli amici e chiacchierare insieme a loro può diventare un atto che qualcuno vuole impedirci di vivere. Ma la nostra socialità non può esserci negata, non lo permetteremo. Se gli spazi che viviamo non sono sicuri li renderemo tali.

Desidero esprimere la nostra gratitudine alla giovane donna che è intervenuta in soccorso delle vittime, evidentemente riconoscendo che la violenza patriarcale che ha colpito i ragazzi è la stessa che subiscono le donne, e contro cui chiediamo a gran voce educazione e interventi concreti nelle scuole.

Purtroppo questo episodio si inserisce in un aumento a livello nazionale di aggressioni di persone della comunità LGBTQIA+. Arcigay ha portato questi numeri all’attenzione anche della ministra Roccella nel corso di un incontro, ma ancora una volta questo Governo nazionale pare sottovalutare questo tipo di fenomeni, che accadono e dalle segnalazioni che ci arrivano sono sempre più frequenti.

Quello che è successo non è un caso isolato. Qualche giorno fa, c’è arrivata la segnalazione di un’aggressione verbale avvenuta in pieno giorno in via Etnea che fortunatamente non è sfociata in violenza fisica. Noi da tempo chiediamo alle Istituzioni di poter entrare nelle scuole e parlare ai giovani, perché il cambiamento culturale può avvenire solo educando alla società civile partendo dai banchi di scuola”.

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