L’esplorazione interstellare è già cominciata, ma per arrivare davvero lontano serviranno navi spaziali radicalmente diverse da quelle attuali Oltre i confini del
Sistema Solare, verso stelle lontane come
Proxima Centauri o
Tau Ceti, non potremo contare su rifornimenti dalla Terra. Un viaggio del genere, anche alla velocità di una sonda come
Voyager 1, richiederebbe migliaia di anni. Gli scienziati, però, stanno già immaginando come potrebbero essere i primi
velivoli autosufficienti progettati per vivere e viaggiare nello spazio per
centinaia di anni, senza alcun contatto con il nostro pianeta.
Le astronavi generazionali: comunità spaziali in viaggio L’idea più affascinante — e allo stesso tempo più complessa — è quella delle
astronavi generazionali: vere e proprie
biosfere mobili, in cui un’intera comunità umana vive, lavora e si riproduce durante il viaggio. A bordo di questi colossi spaziali, progettati per durare secoli, la popolazione cambierebbe più volte prima di arrivare a destinazione. Ogni generazione contribuirebbe alla
manutenzione del sistema e alla
trasmissione del sapere. Le sfide sono immense: mantenere un
ecosistema chiuso, gestire le
risorse alimentari e idriche, prevenire
malattie genetiche e garantire una
coesione sociale in un ambiente isolato.
Propulsione: dai razzi a fusione al vento stellare Per coprire
distanze interstellari, i classici razzi chimici non bastano. Le ipotesi più promettenti riguardano motori a
fusione nucleare, come quelli ipotizzati nel
Progetto Daedalus e nel più recente
Progetto Icarus, che sfrutterebbero
reazioni di elio-3 o
deuterio per produrre un’enorme spinta a lungo termine. Altre idee più visionarie prevedono
vele solari o
vele fotoniche spinte dalla
luce laser generata da stazioni orbitanti attorno alla Terra. Questo approccio, teorizzato anche nel progetto
Breakthrough Starshot, ridurrebbe drasticamente la massa della navicella, anche se resta inattuabile con le tecnologie attuali.
Sistemi chiusi e autonomia biologica Un altro ambito centrale è la realizzazione di un
ambiente vitale autosufficiente, simile a una
serra spaziale. Esperimenti come
BIOS-3 in Russia e
Biosphere 2 negli Stati Uniti hanno mostrato quanto sia difficile ricreare un
ciclo biologico chiuso, anche su scala ridotta. La produzione di
ossigeno, la gestione dei
rifiuti, l’
agricoltura idroponica e la
rigenerazione dell’acqua sono ancora oggetto di ricerca. Senza un sistema del genere, non è pensabile sopravvivere in viaggio per
decenni o secoli.
Coscienza ibernata o intelligenza artificiale? Un’alternativa alle comunità viventi è quella di spedire
esseri umani ibernati o addirittura delegare l’intero viaggio a
intelligenze artificiali avanzate. L’ibernazione profonda, ancora lontana dall’essere sicura, potrebbe ridurre le esigenze biologiche. L’IA, invece, potrebbe prendere decisioni e apprendere durante il viaggio, portando avanti esperimenti o preparando il terreno per i futuri coloni.
Viaggi interstellari: Astronavi autosufficienti