Simonetta Musitano, la stand up comedian a TvBlog: “Propaganda Live cruciale per la mia carriera. Transfobia? Pochi episodi, per fortuna. A Sanremo vorrei fare la co-conduttrice come Geppi Cucciari o Teresa Mannino”

La giovane comica si racconta tra ospitate televisive, hater online e il sogno dell'Ariston.

Mar 30, 2025 - 16:25
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Simonetta Musitano, la stand up comedian a TvBlog: “Propaganda Live cruciale per la mia carriera. Transfobia? Pochi episodi, per fortuna. A Sanremo vorrei fare la co-conduttrice come Geppi Cucciari o Teresa Mannino”

Nonostante abbia iniziato la sua carriera solo tre anni fa, Simonetta Musitano rappresenta il volto emergente più interessante del panorama della stand up comedy italiana. 31 anni, calabrese ma da qualche anno residente a Roma, Musitano possiede un talento da narratrice più unico che raro. A Milano durante l’ultima edizione del Mix Festival (una rassegna di cinema LGBTQIA+) ha conquistato tutto il pubblico del Teatro Studio Melato e a distanza di mesi ancora si parla della sua strepitosa esibizione.

Nei suoi monologhi l’attrice, una donna transgender, affronta principalmente i temi dell’identità di genere e le difficoltà dei giovani nel mondo del lavoro. In televisione ha all’attivo due presenze a Propaganda Live e a Comedy Central Live. TvBlog l’ha intervistata.

Simonetta, quando hai deciso che la stand up comedy sarebbe stata la tua strada?

In realtà non l’ho propriamente deciso e ancora non so se lo sarà per sempre. Quello che sapevo fin da piccola è che volevo fare l’attrice comica. Mi piaceva stare sul palco, far ridere, fare voci personaggi. Ho iniziato teatro in maniera più “seria” già da piccola, ho seguito il mio primo vero laboratorio a 10 anni.  Per ora tutto questa mia propensione e urgenza artistica hanno la forma della stand up comedy, ed è quella a me più congeniale al momento perché mi permette di parlare di tutto con estrema libertà e comunicare in maniera diretta al pubblico e trasportarlo in un viaggio in cui ridiamo, lottiamo, sudiamo e dissacriamo insieme.

 Ho iniziato ufficialmente il 14 febbraio 2022, il giorno in cui ho partecipato al mio primo open mic e quello in cui ho iniziato la terapia ormonale, il mio primo pezzo da Simonetta, in cui parlavo di me come donna trans. Ed era appunto San Valentino, ho promesso vero amore a me stessa, sposata con: me stessa. Sicuramente però era un linguaggio che mi parlava e mi attirava già da anni, il mio primissimo tentativo fu nel 2019 e fu FALLIMENTARE, non feci ridere mai, non entrò nessuna battuta e andò tutto male con luci e audio, un disastro, rimasi traumatizzata.

Quel monologo lo feci in drag (facevo la drag queen da un annetto all’epoca). Riscrissi poi un monologo di 5 minuti a ottobre 2021 sempre in drag per una serata per cui lavoro da anni, cioè Latte Fresco, e quella volta feci clique. Allora poi mollai il drag, perché capii che volevo parlare di me come donna.

Perciò oggi è lei, ma mi sento di prendermi il diritto di poter cambiare un giorno o fare  simultaneamente anche altre cose come d’altronde sta succedendo adesso, nasco come attrice, sono formata in accademia, e non mi voglio risparmiare in nulla.

Alcuni nomi di stand up comedian su cui ti sei formata.

Tantissimi, prendo un po’ da tutti. Farsi influenzare e vedere cosa fanno gli altri e riadattarlo su di sé funziona se fatto con autoconsapevolezza, è formativo e accrescitivo soprattutto. Osservo tutti. Sicuramente i miei preferiti italiani al monento sono Stefano Rapone, Luca Ravenna, Laura Formenti (qui l’intervista), Sofia Gottardi, mi fanno genuinamente molto ridere. Americani al momento Matteo Lane e Jessica Kirson mi fanno scassare dalle risate più di tutti e adoro la loro presenza scenica, la loro velocità di pensiero, i loro tempi comici chirurgici, il modo totalmente libero di sovrastrutture. Sono autentici. Però a dire il vero i miei riferimenti comici escono fuori dai codici della stand up. Io sono figlia di Anna Marchesini, Troisi, Villaggio, Verdone ecc.. sono cresciuta a casa vendendoli continuamente, guardando anche la Gialappa, quindi la Ocone, la Cortellesi, sono dee per me.

Quante ore al giorno dedichi alla scrittura? Hai sviluppato un metodo?

Sarò onesta: non scrivo tutti i giorni. Sono pigra. Ma penso che nessun comedian lo faccia, se lo dicono mentono. E anche le ore dipende dall’urgenza artistica. Alcuni pezzi li ho scritti letteralmente in un’ora o due, altri li avevo in mente ma a strutturarli ci ho messo un po’, anche settimane.

Un metodo sicuramente efficace per me è avere bene in mente, in maniera chiara e lucida cosa si vuole dire e se quell’argomento davvero dice qualcosa di me e ha bisogno di uscire e che la gente lo sappia. Altrimenti il pubblico si accorgerà che stai mentendo e che non sei autentica.

La parola chiave è urgenza. Poi una volta compreso l’argomento e capito anche se quell’argomento è per te totalmente risolto e riesci a esserne distaccata e cinica allora sarà anche più facile strutturare delle battute. Poi un testo comico è come uno spartito. Si costruiscono ritmi, note variazioni, e le tecniche e i moduli comici sono letteralmente quei quattro o cinque che si ripetono. Oggi si usa molto la tecnica del ribaltamento delle aspettative nella stand up, perché ti coglie di sorpresa, e la comicità è soprattutto sorpresa e inaspettato.

Sul palco riveli subito al pubblico di essere una ragazza transgender: pensi che la comicità possa aiutare a combattere la transfobia dilagante, soprattutto in un momento storico in cui molta politica ha dichiarato guerra alla comunità?

Io penso che la comicità sia un’arma potentissima e molto temuta specie dai governi, i comici sono tra i primi a essere censurati in momenti in cui la democrazia inizia a vacillare o ad assumere caratteri totalitari.

E se una categoria come la mia, oggi perseguitata e inserita nelle agende politiche tra le azioni di odio mirato, ecco allora se si fa satira contro il potere, il cosiddetto “punching up”, abbiamo fatto bingo.

La comicità, specie la stand up comedy, è uno strumento che ribalta le dinamiche di potere, e se i temi sono quelli che tratto io il risultato è potente e l’effetto devastante. Alcuni mi ringraziano perché scoprono cose nuove che non sapevano, altri li vedo in uno stato di scomodità, ed è giusto che sia così, vuol dire che stanno facendo i conti con le loro sovrastrutture e tabù sull’argomento.

Simonetta Musitano a Propaganda Live

Ti sono mai capitati episodi di transfobia durante un tuo spettacolo?

Pochissimi, per fortuna. Ma qualcuno è capitato. Uno dopo lo show. Delle donne anche grandi di età, tra i 40 e i 50, mi hanno in poche parole bullizzata, andandomi a colpire su ogni fronte del mio aspetto e persino sul mio nome. Mi hanno fermata a fine serata iniziando facendomi i complimenti per poi colpirmi “ma è vero che hai una seconda di seno?” (E mi tiravano il reggiseno per vedere), “ma questi capelli sono tuoi” (e me li tiravano per vedere se fosse una parrucca) “ma questo naso è tuo? Dai dicci il nome del chirurgo” “dai amo un giorno vieni da me e ti faccio donna io” “Nicoletta sei simpatica? Ti chiami Simonetta? Ammazza, che brutto nome!” E ci provarono davanti a me col ragazzo con cui mi frequentavo quel periodo proprio per marcare il loro territorio di femmine TM.

È stato forte e un po’ umiliante. Ma le ragazze di C’è fig* mi aiutarono a trovare la forza di fare un video e denunciare la cosa.
La seconda fu a Tolfa, credo in provincia di Rieti, lì fu quasi divertente, era un festival culturale ma quel giorno c’era contestualmente anche la sagra del tartufo ed era pieno di famiglie con bimbi. La cosa ancora più grottesca e divertente è che le colleghe sempre di C’è fig* prima di me dissero le peggiori parolacce e imprecazioni al microfono e nessuno mosse un dito.

Salgo sul palco io per ultima, nemmeno il tempo di dire che fossi trans assolutamente senza nessuna volgarità (cosa che per la cronaca adoro sul palco) sento una madre che urla strappandosi le vesti “BASTA FATELA SCENDERE, CI SONO I BAMBINI!” e hanno dovuto farmi scendere talmente si sbracciava.

Come reagisci invece ai commenti online ai tuoi video, alcuni dei quali realizzati per Comedy Central?

Mi faccio quattro risate. Davvero. Non che non mi colpiscano o non facciano comunque male, ma grazie al cielo riesco sempre a razionalizzare e a contestualizzare. Alcuni sono talmente cattivi e gratuiti che fanno il giro e diventano grottescamente comici. Ad alcuni rispondo in maniera sarcastica, a tono, solo per vedere come si triggerano. E la frustrazione dei toni che hanno solitamente questi commenti dicono più di loro che di me e del mio valore, ovviamente. Spesso sono commenti di profili senza volto, con pochissimi follower, insomma dei grossi succosissimi troll. Inoltre non dimentichiamoci che at the end of the day, quella col microfono in mano che si esibisce su Comedy Central o a Propaganda sono io, non loro, quindi il “potere” ce l’ho io.

Nel 2021 ha fatto molto scalpore lo special su Netflix dello stand up comedian americano Dave Chappelle intitolato The Closer a causa di battute transfobiche. Negli Usa ci sono state tantissime proteste. Netflix stessa si era scusata, ma lo show è presente tuttora sulla piattaforma. Secondo te si può ridere delle persone trans?

Si può potenzialmente ridere di qualsiasi cosa e di qualsiasi categoria. Nessuno è intoccabile. Creare delle categorie intoccabili è pericoloso. Quello che chiediamo non è che non si parli di noi, almeno io non vorrei questo, ma che una routine comica su una categoria cosiddetta minoritaria fosse ben posizionata politicamente e con una consapevolezza storica nuova, che le battute non siano frutto di un immaginario vecchio, stereotipato, e che strizza l’occhio ai reazionari. Non mi sembra una richiesta così assurda per esempio che non mi si dia più dell’uomo “per scherzo” o si facciano continui riferimenti ai nostri genitali “per ridere”.

È degradante, perché è figlio di una cultura che ci odia e già ce lo ricorda tutti i giorni cosa siamo per loro e dove dovremmo stare. E invece è giusto che stiamo dappertutto anche nelle bocche altrui ma se dobbiamo esserlo allora che sia per scardinare delle convinzioni odiose e che ribaltino le dinamiche di potere. Se no mi sembra bullismo.

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Si possono trovare elementi nuovi e innovativi su cui giocare, ma non vedo interesse in nessuno su questo aspetto, è più facile ancora ipersessualizzarci e fare basse allusioni sui nostri corpi.

Ti abbiamo vista lo scorso anno a Propaganda Live. Che ricordo hai di quella esperienza?

Stupendo. Non posso che ricordarlo con nostalgia e affetto ed emozione. È stato tutto bellissimo, ed è stato cruciale per me e per la mia carriera, c’è un momento prePropaganda e post Propaganda nella mia storia artistica. Lo rifarei altre mille volte, anche perché sono stati tutti molto gentili e accoglienti con me, specie Makkox e Diego Bianchi, che la prima volta che sono stata là si preoccupava spesso di come stessi.
E da allora mi si sono aperte tantissime porte in più e la gente da allora ancora si ricorda di me e mi riconosce.

Andresti mai come ospite al Festival di Sanremo?

Ma ovvio che sì! Non vedo l’ora anzi. Io sogno di essere come minimo co-conduttrice o l’ospite comica della serata che arriva crea scompiglio casca dalle scale rompe le b*lle al conduttore maschio patriarcale, vorrei tanto vedere cosa farebbero se io facessi loro quello che Benigni faceva alla Carrà. Ovviamente non lo farei, se non come citazione anticomica. Anche perché Benigni non lo sopporto. Mi vedo molto come la Cucciari o la Mannino. Che sogno.

Qual è il sogno di Simonetta Musitano?

Essere la più grande attrice e comica riconosciuta a livello nazionale e perché no anche fuori dall’Italia. Fare grossi teatri, un programma TV tutto mio, film, serie tv. Ho grosse aspirazioni per me stessa. Ma nasco a teatro ed è lì che voglio morire.

PROSSIME DATE “UNA DONNA CON LE P*LLE”

30 MARZO – SIRACUSA

7 APRILE – SINALUNGA (SI)

8 APRILE – LUCIGNANO (AR)

12 APRILE – NAPOLI

18 APRILE – LECCE

19 APRILE – ANDRIA (BT)

26 APRILE – TORINO

22 MAGGIO – TOLENTINO (MC)

27 GIUGNO  – COSENZA