Dentro la “Stanza nove”: Gabriele racconta il suo rifugio interiore
“Stanza nove” di Gabriele è un singolo che esplora il tema della solitudine come rifugio interiore. In un mondo sempre connesso, il brano invita a trovare uno spazio sicuro lontano dal caos esterno, dove è possibile riflettere senza paura del giudizio. Con una melodia intima e una voce che trasmette vulnerabilità, Gabriele cattura la profondità […] The post Dentro la “Stanza nove”: Gabriele racconta il suo rifugio interiore appeared first on Indielife.it - Magazine indipendente dedicato agli artisti emergenti.

“Stanza nove” di Gabriele è un singolo che esplora il tema della solitudine come rifugio interiore. In un mondo sempre connesso, il brano invita a trovare uno spazio sicuro lontano dal caos esterno, dove è possibile riflettere senza paura del giudizio. Con una melodia intima e una voce che trasmette vulnerabilità, Gabriele cattura la profondità di questo momento di introspezione, offrendo un’emozionante occasione di riconnessione con se stessi. Un pezzo che colpisce per la sua sincerità e la sua capacità di toccare corde universali.
Il tuo nuovo singolo Stanza Nove nasce da un senso di incomprensione e dal bisogno di trovare un rifugio interiore. Come è nato questo brano e qual è stata la scintilla che ti ha portato a scriverlo?
È nato in un momento in cui sentivo il bisogno di isolarmi da tutto. Non per allontanarmi dagli altri, ma per ritrovare un equilibrio dentro di me. Mi sono reso conto che c’era questo “spazio mentale” in cui mi rifugiavo ogni volta che il mondo fuori diventava troppo caotico, e ho sentito l’esigenza di raccontarlo. La scintilla è stata proprio quella consapevolezza: capire che avevo bisogno di dare voce a quel luogo e a tutto quello che rappresentava per me.
Nel testo traspare un forte senso di isolamento ma anche di introspezione. Credi che la solitudine sia un elemento necessario per conoscersi meglio?
Sì, assolutamente. Credo che stare da soli, a volte, sia l’unico modo per capirsi davvero. È nei momenti di solitudine che riesci a mettere ordine nei pensieri, a sentire quello che provi senza interferenze. Per me è stata fondamentale, sia nella vita che nella musica. Poi è chiaro, l’isolamento prolungato può anche diventare un limite, ma se lo vivi nel modo giusto, può essere un’opportunità per conoscersi meglio.
Hai parlato del tuo percorso artistico come un puzzle, fatto di pezzi che si incastrano poco alla volta. In che modo Stanza Nove si inserisce in questo percorso?
È un tassello importante perché rappresenta un lato di me che non avevo mai mostrato così apertamente. Ogni brano che scrivo è come un pezzo di un quadro più grande, e Stanza Nove aggiunge una sfumatura più intima, più riflessiva. Credo che sia una delle canzoni più personali che ho scritto finora, e proprio per questo ha un posto speciale nel mio percorso.
Il videoclip di Stanza Nove, diretto da Dan Dannato, utilizza diversi simboli, come l’orologio a pendolo. Come hai lavorato alla realizzazione delle immagini e qual è il messaggio che volevi trasmettere?
Abbiamo ragionato molto sui simboli e sul modo in cui potevano amplificare il senso della canzone. L’orologio a pendolo rappresenta il tempo che scorre, ma anche la sensazione di essere bloccati in un loop mentale da cui non si riesce a uscire. La stanza stessa è un rifugio, ma anche una prigione. Volevo che le immagini trasmettessero questa doppia sensazione: da una parte la protezione, dall’altra il rischio di rimanere intrappolati nei propri pensieri. È un equilibrio sottile, ed è quello che ho cercato di raccontare nel brano e nel video.
Quali sono i tuoi prossimi passi? Hai già nuovi brani in lavorazione?
Sto scrivendo molto, quindi sì, ci sono nuovi brani in lavorazione. Ho voglia di esplorare altre sfumature del mio mondo musicale, magari con sonorità diverse, ma sempre mantenendo la mia identità. Non voglio forzare niente, mi piace che ogni pezzo arrivi nel momento giusto, un po’ come è successo con Stanza Nove. Vediamo dove mi porta questo viaggio.
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