Weekend in Val d’Ossola, fra le centrali elettriche, “cattedrali dell’energia”
Quando pensiamo alle centrali idroelettriche sparse nelle valli dell’intero arco alpino, abbiamo più o meno tutti in mente austere “fabbriche dell’energia”, mausolei di pietra e cemento privi di fascino e attrattiva. Ma la Val d’Ossola, in Piemonte, contraddice questo luogo comune. Lì, le officine che trasformano l’acqua dei ghiacciai e delle montagne in elettricità hanno L'articolo Weekend in Val d’Ossola, fra le centrali elettriche, “cattedrali dell’energia” sembra essere il primo su Dove Viaggi.

Quando pensiamo alle centrali idroelettriche sparse nelle valli dell’intero arco alpino, abbiamo più o meno tutti in mente austere “fabbriche dell’energia”, mausolei di pietra e cemento privi di fascino e attrattiva. Ma la Val d’Ossola, in Piemonte, contraddice questo luogo comune. Lì, le officine che trasformano l’acqua dei ghiacciai e delle montagne in elettricità hanno l’aspetto inatteso di castelli, torri, cattedrali, basiliche pagane. Luoghi dell’invenzione e della fantasia più che sedi industriali, autentici monumenti del XX secolo.
Le centrali elettriche di Piero Portaluppi
La valle, a due passi dal valico del Sempione, agli inizi del Novecento è stata infatti la “palestra” creativa di Piero Portaluppi (1888-1967).
L’architetto milanese, allora fresco di laurea, a partire dal 1912 disegnò e progettò per le Imprese Elettriche Conti, dell’industriale Ettore Conti di Verampio, alcuni edifici che sono oggi tesori di archeologia industriale, peraltro ancora perfettamente in funzione.
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La centrale di Crevoladossola
È l’occasione per un tour tra boschi e montagne, seguendo il corso del fiume Toce, che tocca Crevoladossola, Verampio, Crego e Cadarese. Ed è l’occasione per ritrovare un pezzo di storia industriale italiana, oggi in parte dimenticata, ma che ha lasciato tracce ancora oggi vive e vitali lungo tutta la valle. Luoghi al tempo stesso maestosi ed eleganti, parte integrante del paesaggio di questo pezzo di Piemonte alpino, che spesso sfuggono all’occhio del visitatore distratto.
Ciascuna di queste centrali ha un suo carattere, uno o più elementi che la rendono unica e la distinguono dalle altre, frutto anche dell’evoluzione dello stile di Portaluppi e del gusto estetico a lui contemporaneo. La prima che si incontra, superata Domodossola, è la centrale di Crevoladossola, edificata tra il 1923 e il 1924: un gioiello Art Deco che sembra un tempio contemporaneo con i suoi finestroni a rombi, il portale squadato e i capitelli realizzati con dei grandi isolatori verdi – elementi moderni che richiamano la classicità – ma che spicca soprattutto per la sua bizzarra torre-pagoda, che con un improvviso salto geografico proietta il visitatore in un remoto Oriente idealizzato.
La centrale di Verampio
Qualche chilometro oltre, ecco la centrale di Verampio, la prima in ordine di tempo progettata dall’architetto milanese (1912-17), che sembra la rivisitazione in chiave moderna di un castello medioevale, con le rampe d’accesso che fanno pensare a un ponte levatoio, l’ordinato giardino con fontana, il complesso degli edifici che ospitavano il direttore e le maestranze pensati come una corte.
Le centrali di Credo e di Caldarese
Da lì si prosegue per Crego dove la centrale idrolettrica assume le forme di una basilica, schiacciata tra il Toce e una parete di granito, per arrivare infine a Cadarese (1925-29) che oltre a un giardino con fontana ha anche dei finti balconi in legno ispirati alle architetture montane di una casa Walser.
È possibile visitare gli esterni, per lasciarsi sorprendere da queste imponenti opere e dai tanti dettagli che riconducono a un’Italia d’inizio secolo influenzata dalle atmosfere della Belle Époque. In particolare vale la pena indugiare nei giardini della centrale di Verampio, o sbirciare nella sala turbine delle centrali di Cadarese o di quella di Crevoladossola.
Da non perdere, “L’Amatore”, il bel film documentario sulla vita, le opere e la storia di Piero Portaluppi. Attraverso rari filmati d’epoca dello stesso Portaluppi e documenti d’archivio la pellicola di Maria Mauti restituisce l’affascinante ritratto di un uomo vitale, fortunato e gioioso e, al tempo stesso, di un’Italia passata, attraverso due guerre e il Ventennio fascista, dall’ottimismo e dalla fiducia nel futuro d’inizio secolo alla ricostruzione degli Anni 60.
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