Una possibile traccia del Pianeta Nove nei vecchi archivi spaziali Un
nuovo studio pubblicato su arXiv riaccende l’interesse per il
misterioso Pianeta Nove, una presenza ipotetica ai margini estremi del
Sistema Solare, che potrebbe trovarsi tra
500 e 700 unità astronomiche (UA) dal Sole. Il lavoro è il frutto di un’analisi meticolosa di dati astronomici raccolti
oltre 40 anni fa, provenienti dalle missioni
IRAS (Infrared Astronomical Satellite) e
AKARI, due importanti rilevamenti a infrarossi dell’intero cielo. I ricercatori, confrontando due mappe celesti separate da
23 anni, hanno cercato
oggetti a lento movimento – segnali coerenti con la velocità attesa di un pianeta tanto distante – e sono arrivati a
identificare un unico candidato promettente, che risponde alle caratteristiche previste per il
Pianeta Nove.
Il lungo cammino verso la scoperta del Pianeta Nove L’ipotesi dell’esistenza di questo corpo celeste ha origine nel
2016, quando gli astronomi
Mike Brown e
Konstantin Batygin, entrambi del
California Institute of Technology, evidenziarono che
sei oggetti della fascia di Kuiper mostrano un raggruppamento anomalo nelle loro orbite. Questo comportamento suggeriva la presenza di
una massa invisibile che li stava influenzando gravitazionalmente. Il Pianeta Nove, secondo le loro stime, dovrebbe avere
una massa tra le 5 e le 10 volte quella terrestre, orbitare in un’orbita fortemente ellittica e completare una rivoluzione in
migliaia di anni. La difficoltà nel rilevarlo deriva dal fatto che
non riflette sufficiente luce solare per essere osservato direttamente con i telescopi convenzionali.
Il metodo dell’indagine: infrarossi e pazienza Nel loro lavoro, il team ha adottato un approccio
innovativo e retrospettivo. Analizzando i dati di IRAS (1983) e AKARI (2006), hanno scandagliato il cielo alla ricerca di oggetti che si fossero
lievemente spostati nell’arco di due decenni, secondo le previsioni per un corpo così lontano. Tra
tredici potenziali candidati, uno in particolare ha attirato l’attenzione:
una coppia di segnali con una separazione angolare compresa tra
42 e 69,6 primi d’arco, coerente con un movimento lento ma continuo, come ci si aspetterebbe dal Pianeta Nove. Questo oggetto si distingue anche perché
non compare nelle osservazioni a sei mesi di distanza, suggerendo che
non si tratta di una fonte fissa o ripetitiva come una stella o una galassia lontana.
Un possibile pezzo del puzzle cosmico Secondo la
NASA, trovare il Pianeta Nove non servirebbe solo a risolvere alcuni misteri dinamici del nostro Sistema Solare, ma anche a renderlo
più simile ai sistemi planetari che osserviamo altrove nella galassia. Molti di questi ospitano
super-Terre, pianeti rocciosi più grandi della Terra ma più piccoli di Nettuno, una classe completamente assente attualmente nella nostra famiglia solare. Il Pianeta Nove potrebbe essere
l’anello mancante. Tuttavia, lo studio resta
non ancora sottoposto a revisione paritaria, e
ulteriori osservazioni saranno cruciali per determinare
se il candidato rilevato rappresenti effettivamente un nuovo pianeta, oppure se si tratti di un artefatto o di un oggetto celeste già noto ma finora male interpretato.
Il Pianeta Nove riemerge: un nuovo indizio dai dati infrarossi degli anni ’80