Assassin’s Creed Shadows più forte del review bombing
Nonostante alcuni avessero addirittura ventilato l’ipotesi di ulteriori ritardi e persino di un tragico aborto, l’Anticristo è infine giunto tra noi e pare tra l’altro godere di ottima salute. Noto anche col nome di Assassin’s Creed Shadows (qui la nostra recensione del gioco), l’infernale parto delle sulfuree fucine Ubisoft avrebbe infatti maturato cifre record sin […] L'articolo Assassin’s Creed Shadows più forte del review bombing proviene da Vgmag.it.


Nonostante alcuni avessero addirittura ventilato l’ipotesi di ulteriori ritardi e persino di un tragico aborto, l’Anticristo è infine giunto tra noi e pare tra l’altro godere di ottima salute. Noto anche col nome di Assassin’s Creed Shadows (qui la nostra recensione del gioco), l’infernale parto delle sulfuree fucine Ubisoft avrebbe infatti maturato cifre record sin dal debutto, riscuotendo una certa approvazione persino in ambito critico. Quest’imprevedibile (?) colpo di scena, ha logicamente mandato ai matti milioni di hater, i quali sono immediatamente scesi in piazza forcone alla mano, pronti a denunciare brogli elettorali e perseguitare qualsiasi civile che abbia avuto il coraggio di esprimere pareri positivi sul gioco. In parole povere, agli occhi degli squadristi, l’umanità si dividerebbe in due sole categorie: quelli che inquadrano Assassin’s Creed come la transustanziazione del Maligno in Terra e quelli che lo apprezzano solo perché traviati da Baal e Belzebù. Seguendo alla lettera i dettami di un triste copione, l’inquisizione popolare si è puntualmente convertita in un’ampia azione di sabotaggio incrociato volta a piegare la fragile democrazia diretta dei portali di meta-valutazione ai propri scopi: è capitato così che, in anticipo di giorni rispetto al lancio ufficiale, Metacritic e dintorni iniziassero a pullulare di zero preventivi e user review che pretendevano di bocciare al day one un prodotto la cui analisi avrebbe dovuto richiedere almeno sessanta ore di gioco.
Fin qui tutto relativamente normale. Per quanto faccia male riconoscerlo, si tratta di un fenomeno cui siamo oramai abituati. A rendere l’intera faccenda molto più squallida di quanto non fosse già, è tuttavia subentrato un trend supplementare che ha visto frotte di meschini dispregiatori seriali unirsi a quest’assurda crociata confidando nel fatto che un eventuale fallimento di Assassin’s Creed Shadows avrebbe condotto alla chiusura di Ubisoft. Ebbene, di fronte a questo grottesco sfoggio di idiozia trovo sia davvero difficile restare insensibili: pur volendo resistere al retorico impulso di specificare che la bancarotta di una compagnia di quest’entità avrebbe una ricaduta catastrofica sulle vite di migliaia di lavoratori, l’idea che un consumatore possa arrivare a detestare un brand al punto da desiderarne la scomparsa evidenzia i segni di un fanatismo tanto scriteriato quanto autolesionista. Benché molti paiano ritenere l’esatto contrario, le software house non sono difatti ideali politici per cui battersi, né squadre di calcio supportate da ultrà facinorosi. Ammesso e non concesso che, in qualunque aspetto della nostra vita, possa esserci spazio per impulsi che mirino alla distruzione dell’opposizione, va in tal senso ribadito che l’equilibrio del settore industriale sia basi sui princìpi di concorrenza e pluralità.
Ogni qualvolta un’azienda chiude i battenti, è pertanto l’intero sistema ad accusarne le conseguenze e non il solo “nemico” che si voleva abbattere… E questo è un concetto con cui sarebbe giunta l’ora di fare la pace. Che piaccia o meno a chi in queste puerili guerriglie tra fanboy ci sguazza di gusto, la legittimità del videogioco come patrimonio artistico e la stessa emancipazione culturale del medium, sono inesorabilmente legate a un deciso scatto di maturità da parte dell’utenza. Piuttosto che seguitare a rendersi ridicoli agli occhi del mondo, occorrerebbe dare una volta per tutte un taglio a capricci, pregiudizi e faide tra mocciosi, per diventare finalmente adulti consapevoli. Che sia chiaro: criticare un progetto è e rimane un diritto inalienabile, ma è imperativo cominciare a farlo con senso di responsabilità, cognizione di causa e, soprattutto, rispetto per il lavoro altrui. Solo così l’intera sfera dell’home entertainment inizierà a prendere sul serio l’intero movimento e smetterà di guardarci dall’alto in basso.
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