Intervista a Roby Facchinetti: “Ora Parsifal è più vicino alla dimensione umana”
Roby Facchinetti torna con un progetto speciale: "Parsifal – L'uomo delle stelle", un’opera prog che dà nuova vita al capolavoro del 1973 L'articolo Intervista a Roby Facchinetti: “Ora Parsifal è più vicino alla dimensione umana” proviene da imusicfun.

Intervista a Roby Facchinetti, che torna con un progetto ambizioso e speciale: Parsifal – L’uomo delle stelle, un’opera prog che dà nuova vita al capolavoro del 1973. Un lavoro monumentale, realizzato in collaborazione con Valerio Negrini e Stefano D’Orazio, che ha richiesto anni di dedizione e studio. Qui il link per l’acquisto di una copia fisica.
In questa intervista, Facchinetti racconta le emozioni dietro questa avventura, le sfide vocali e musicali, e il ruolo fondamentale di Negrini e D’Orazio nella visione artistica dell’opera. Inoltre, svela come l’orchestra e gli arrangiamenti abbiano dato forma a un Parsifal attuale, ma fedele allo spirito originale.
Intervista a Roby Facchinetti: il nuovo progetto “Parsifal”
Roby Facchinetti, Parsifal ha segnato la storia dei Pooh e anche quella del prog, non solo in Italia. Dal 1973 a oggi, tanti anni di lavoro per un nuovo progetto così speciale. Quali sono le sensazioni che provi ora che finalmente vede la luce?
Questa storia inizia nel 1973, quando feci ascoltare a Valerio questa mia composizione, che era formata da otto temi diversi. La musica prog è proprio questo, una contaminazione tra pop e musica classica. Valerio intuì subito che quella suite poteva raccontare la storia di Parsifal. Così è stato. Ha avuto un successo quasi inaspettato, tanto che quel “Parsifal” è stato inserito tra i 50 brani prog più importanti del Novecento. Questo ci rende molto felici.
Dopo aver studiato la storia di Parsifal, hai sempre avuto il desiderio di completare l’opera. Quando hai capito che era il momento giusto?
Ho sempre sentito il bisogno di realizzare una vera e propria opera prog. Dopo che i Pooh sono scesi dal palco nel 2016, dichiarando che quello sarebbe stato il loro ultimo tour, ho sentito che era il momento giusto, visto che avevo iniziato a lavorare con Valerio Negrini, poco prima della sua scomparsa. Così, insieme a Stefano, ho iniziato questo percorso nel gennaio 2017, senza sapere dove ci avrebbe portato. Dopo tre anni di lavoro ininterrotto, nel settembre 2020 l’opera era conclusa. Purtroppo, il 6 novembre dello stesso anno, Stefano ci ha lasciati. Oggi mi dispiace che né lui né Valerio siano qui, perché avrebbero meritato di vivere questo momento tanto atteso.
Dal punto di vista musicale, in cosa il “Parsifal” di oggi si differenzia da quello del 1973?
La sfida più grande è stata dare continuità al “Parsifal” del 1973, che è stato “spalmato” in tutta la nuova opera. Non dovevano esserci discontinuità, il mood prog doveva rimanere lo stesso. Ho cercato di mantenere quel mondo musicale e credo di esserci riuscito.
Valerio Negrini aveva già immaginato Parsifal nel 1973. Quali aspetti della sua visione originale sono rimasti intatti e in che modo è stata attualizzata con Stefano D’Orazio?
I concetti espressi nel 1973 sono rimasti intatti, perché la suite originale è la base di tutta l’opera. Rispetto a quella versione, Stefano ha introdotto alcuni cambiamenti per umanizzare il personaggio. Parsifal, nella versione originale, era forse troppo distante da noi. Nel nuovo racconto, si sposa e ha un figlio, diventando più vicino alla dimensione umana. Anche il concetto di Santo Graal è stato rielaborato: non è più un oggetto fisico, ma qualcosa di più spirituale, che rappresenta la parte migliore di ogni individuo.
Vocalmente, qual è stata la sfida più complicata da affrontare?
Tutti i brani sono mediamente impegnativi, alcuni più di altri, ma nessuno impossibile. La storia è importante e va raccontata con la giusta intensità e autenticità. Servono forza e potenza espressiva.
Il progetto ha coinvolto Danilo Ballo e Diego Basso. Com’è stato il lavoro con loro e come siete riusciti a trovare la giusta chiave musicale?
Danilo e Diego sono amici, oltre che grandi professionisti con cui collaboro da anni. Ci capiamo al volo, senza bisogno di troppe parole. Gli arrangiamenti dell’intera opera hanno richiesto un anno di lavoro, perché si tratta di 44 brani distribuiti su quattro CD. Anche la parte orchestrale è stata un impegno notevole: abbiamo lavorato con l’Orchestra Sinfonica di Budapest, una delle più importanti al mondo, e con una prestigiosa orchestra sinfonica italiana.
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