Thunderbolts*, dal cinema ai fumetti (con spoiler alla fine)
Seguiteci sempre anche su LaScimmiaPensa e iscrivetevi al nostro canale WhatsApp! Non dimentichiamo l’asterisco, perché è Thunderbolts*, non Thunderbolts. Si, è importante. È in sala dal 30 aprile il nuovo film dei Marvel Studios: diretto da Jake Schreier, basato sull’omonimo gruppo dei fumetti, è il 36° film dell’MCU (Marvel Cinematic Universe), ed è l’ultimo della Fase Cinque. Per […] L'articolo Thunderbolts*, dal cinema ai fumetti (con spoiler alla fine) proviene da LaScimmiaPensa.com.

Seguiteci sempre anche su LaScimmiaPensa e iscrivetevi al nostro canale WhatsApp!
Non dimentichiamo l’asterisco, perché è Thunderbolts*, non Thunderbolts.
Si, è importante.
È in sala dal 30 aprile il nuovo film dei Marvel Studios: diretto da Jake Schreier, basato sull’omonimo gruppo dei fumetti, è il 36° film dell’MCU (Marvel Cinematic Universe), ed è l’ultimo della Fase Cinque.
Per chi avesse vissuto su Saturno negli ultimi anni: l’MCU ha introdotto al cinema un concetto fondamentale dei fumetti Marvel, ovvero la continuità. Che cos’è?
Prima di cominciare…
La continuità è un concetto, ideato o piuttosto applicato da Stan Lee ai suoi supereroi e alle collane da lui ideate negli anni Sessanta per la Marvel Comics (vero e proprio pantheon moderno), secondo cui anche per questi personaggi immaginari il tempo scorre come nella vita reale: conseguentemente, ogni avvenimento si sedimenta nel passato e fa parte del background dell’eroe. Ma non solo: ogni collana è collegata all’altra: per cui, secondo l’esempio più classico, se Spider-Man mangia una banana e getta la buccia per terra, se ci passa Capitan America potrebbe scivolarci sopra.
Nel 2008, Iron–Man di Jon Favreau diede l’impulso a tutto: è da lì infatti che ha iniziato a dipanarsi una macrotrama che dura tutt’oggi, ovvero una sorta di storia collettiva che coinvolge decine e decine di personaggi, accadimenti, villain e storie, e che è composta da tante micro-narrazioni sviluppate nei singoli film e (da quando la Marvel è sbarcata su Disney Plus) serie tv.
Se allora la storia è unica e condivisa (da qui deriva anche il nome, Marvel Cinematic Universe, universo -condiviso- cinematografico della Marvel), la narrazione è divisa in fasi che compongono le diverse Saghe.
Le fasi uno, due e tre hanno formato la Saga dell’Infinito (da Iron Man del 2008 fino ad Avengers: Endgame del 2019); la quattro, la cinque e la sei sono invece la Saga del Multiverso (da Black Widow del 2021 fino ad oggi).
Thunderbolts* è allora l’ultimo film della Fase Cinque (composta da Ant-Man and the Wasp: Quantumania del 2023, Guardiani della Galassia Vol. 3 del 2023, The Marvels del 2023, Deadpool & Wolverine del 2024, Captain America: Brave New World del 2025), che sta preparando il terreno per l’ultima, esplosiva Fase della Saga Del Multiverso, di cui per ora si conoscono solo Fantastici Quattro – Gli inizi (che uscirà a luglio), (2026), Spider-Man: Brand New Day e il dittico Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars, diretti entrambi dai fratelli Russo con una pletora di attori e personaggi tra cui l’attesissimo ritorno di Robert Downey Jr come Victor Von Doom.
Risalire dal fondo
Per quanto la Marvel sia una casa editrice fortemente innovativa, animata da sempre da uno spirito rivoluzionario, e sempre anticipatrice o promotrice di temi fortemente sociali (le droghe al Campus negli anni ’70 con Amazing Spider-Man, l’omosessualità nel cast di Captain America negli anni ’80, il gender fluid in diverse testate come Thor, Captain America, Avengers, negli anni Dieci, e così via), il suo pantheon di eroi, che compone una vera e propria mitologia moderna, non si è più allargato dopo l’esplosione di creatività di Stan Lee agli albori, se non con sporadiche occasioni. Tipo Deadpool, nato negli anni ’90, o ancora lo Spider-Man afroamericano di Miles Morales (pur essendo un aggiornamento del concetto originale); ma l’ultimo supergruppo ad essere stato creato e ad avere un concept valido ancora oggi è proprio il gruppo dei Thunderbolts.
Era la fine dei turbolenti anni Novanta, epoca in cui nelle testate a fumetti della Marvel avevano furoreggiato gli (anti)eroi sporchi e cattivi. Il crossover annuale e periodico che riuniva eroi e testate era Onslaught, che terminava con un colpo di scena abbastanza epocale: il villain (Onslaught, appunto) uccideva Avengers e Fantastici Quattro, lasciando la Terra senza protettori.
In realtà, i due supergruppi erano stati rinchiusi in un “universo tascabile” creato dal figlio di Mister Fantastic, Franklyn Richards.
Erano gli anni in cui i creativi dietro le storie stavano prendendo il sopravvento sui personaggi: non più quindi “Spider-Man disegnato da Todd McFarlane”, ma “Todd McFarlane il disegnatore di Spider-Man”, per intenderci.
Jim Lee, Whilce Portacio, Rob Liefeld, erano le quattro superstar del tavolo da disegno che, transfughi dalla Marvel dove avevano raggiunto il successo, avevano fondato la Image Comics e stavano dando filo da torcere alle due major (Marvel Comics e DC Comics). Dal canto suo, la Marvel non se la passava bene: nel 1996, infatti, fu costretta a dichiarare bancarotta, e la crisi finanziaria in cui versava l’azienda fu risanata solo da Ike Perlmutter, che riuscì a prendere il controllo dell’azienda facendola risollevare e trasformandola pian piano nel colosso dell’intrattenimento che è oggi.
Tra il 1989 e il 1993 i comics avevano avuto un’espansione clamorosa grazie al collezionismo esasperato, spinto dalle copertine variant e le successive speculazioni. Ma era inevitabile che la bolla speculativa esplodesse, causando una tragica flessione delle vendite che portò prima al crossover Marvel VS DC delle due case editrici unite, poi ad uno sforzo produttivo della Marvel stessa che, per uscire dal pantano di vendite in cui ristagnavano la maggiorparte delle testate, affidò “in appalto” le sue quattro serie storiche a disegnatori esterni: Lee prese Fantastic Four, Portacio Iron Man, Liefeld Captain America e Avengers. L’operazione, denominata Heroes Reborn, ma fu però un disastro totale: le testate annaspavano, Liefeld e Lee lavorando “su commissione” scrissero storie che per reinventare la tradizione tradirono lo spirito originario e deragliarono completamente; le vendite barcollarono.
Erano poche, in quel periodo, le testate che tenevano alta la qualità in casa Marvel, oltretutto legate alla stretta continuità che aveva fatto la fortuna della casa editrice: tra queste, quella dei Thunderbolts, creati e scritti da Kurt Busiek e disegnati da Mark Bagley.
Thunderbolts: justice, like lightning!
Il concept alla base è semplice e geniale: tanto che da allora è diventato un vero e proprio topos classico.
Se sulla Terra non ci sono più gli eroi (Avengers e Fantastici Quattro apparentemente morti, come detto sopra), ecco arrivare un team nuovo di vigilanti, i Thunderbolts. Eroi nuovissimi e fiammeggianti, mascherati si, ma pieni di coraggio, pian piano prendono il posto nel cuore della gente -e del pubblico-, anche se nessuno conosce le loro vere identità. I lettori le scopriranno solo nell’ultima pagina del primo numero: i Thunderbolts, i nuovi eroi, sono in realtà i Signori del Male! Che approfittano dell’assenza dei veri eroi indossando maschere e fingendosi buoni, per i loschi piani del loro capo, ovvero il barone Zemo sotto le mentite spoglie di Citizen V.
La testata ha un successo incredibile: tanto che da allora, sono state cinque le iterazioni del gruppo, con altrettante serie e una marea di one-shot e speciali.
Come ormai ci hanno abituato i creativi dell’MCU agli ordini di Kevin Feige, le storie dei film targati Marvel Studios riprendono i concetti alla base dei fumetti e li adattano alle loro esigenze, in maniera spesso esaltante, sempre intelligente: se allora attualmente la Terra è senza Avengers (morti, dispersi o altro dal 2019, dopo il catastrofico Endgame), ecco che un altro gruppo prende il posto degli eroi.
Diversamente dai fumetti, questi Thunderbolts non sono però villain sotto mentite spoglie, ma ex antieroi votati al bene da una causa comune che li spinge ad unirsi. In questo caso, la perfida contessa Valentina Allegra De Fontaine (che nella carta stampata è l’ex amante del colonnello Nick Fury) e le sue mire oscure, che prevedono la creazione di un superumano il quale purtroppo sfugge al suo controllo e rischia di distruggere la vita come la conosciamo: Sentry.
Un eroe con la potenza di mille soli
Gli anni Duemila sono stati l’epoca della restaurazione, per la Marvel, dopo la quasi disfatta di fine Novanta (come visto sopra). E i Thundebolts sono stati un po’ una delle metafore più potenti e forse sottili, rappresentando un nuovo che in realtà è il vecchio ma che rimane un classico, quasi a voler rappresentare le idee di una volta che per tornare ad essere vincenti non devono cambiare ma solo vestirsi a nuovo in maniera intelligente.
In questo movimento narrativo si inserisce l’opera di ret-con (retro-continuity) per mano di scrittori dotati come Paul Jenkins, ad esempio, ovvero il prendere svolte e avvenimenti del passato e narrare cosa è successo nello spazio bianco tra due vignette: aggiustare il tiro, insomma, raccontare cose inedite inserite in avventure conosciute.
Capita allora che è proprio Jenkins a scrivere i cinque numeri della miniserie The Sentry, illustrata dal segno magico di Jae Lee: una storia a dir poco geniale, nella quale si racconta di un eroe che ha vissuto le proprie avventure sin dagli anni Sessanta al fianco dei Fantastici Quattro e dei Vendicatori, un eroe potentissimo (al pari di Superman, al quale infatti è palesemente inventato). Con un solo problema: il suo alter ego sembra essere il pavido Robert “Bob” Reynolds, un moderno Clark Kent che però soffre di gravissimi disturbi psicologici, oltre ad essere afflitto dall’alcolismo. La nemesi numero uno di Sentry è Void: un essere oscuro, letteralmente e non, che pare inafferrabile e imbattibile.
Perché nessuno dei lettori conosce Sentry, se è in circolazione dagli anni Sessanta accanto agli eroi più famosi? Semplice: perché Sentry è Void, Bob soffre di disturbo della personalità, e considerando che la potenza di Sentry è tale da rendere Void (appunto) invincibile, l’unica soluzione è quella di…. far dimenticare a tutti, lettori e Bob stesso compreso, l’esistenza di Sentry.
La miniserie di Jenkins e Lee è un tocco di genio meta-narrativo che mette in campo un supereroe che apparentemente è una copia sbiadita di Supes, ma in realtà è una riflessione potentissima sull’identità.
Sentry è però un personaggio fin troppo potente da restare in circolazione, ingestibile, e quindi dopo un’altra memorabile miniserie in otto numeri scritta sempre da Jenkins con il segno potentissimo di John Romita Jr, viene eliminato dai giochi e ucciso (da un dio, perché altrimenti realmente invicibile) nel crossover Assedio.
Thunderbolts* lo mette in campo in maniera abbastanza fedele, cambiando giusto le sue origini ma lasciando inalterate le sue caratteristiche fondamentali, come il disturbo della personalità di Reynolds e lo sdoppiamento tra Sentry stesso e Void, oltretutto reso visivamente in maniera eccellente.
Per l’esattezza: Sentry, nei fumetti, non ha mai fatto parte dei Thunderbolts. é stato però nel roaster dei Dark Avengers, in una storica e bellissima miniserie scritta da Warren Ellis e disegnata da Mike Deodato Jr, team oscurissimo che si avvicinava come tematiche proprio ai Thunderbolts dello stesso Ellis (nella run capolavoro Fiducia Nei Mostri, Thunderbolts #110/121 del 2007)
Thunderbolts*…e l’asterisco?
Da quando il progetto del film diretto da Schreier è stato reso noto, a destare la curiosità del pubblico e dei fan è stato più il misterioso asterisco alla fine del nome che altro. Una ridda di supposizioni è stata fatta da allora, ma solo la sequenza finalissima del film (e la seconda scena dopo i titoli di coda) svelano il mistero. Ed è uno dei colpi di scena più inaspettati e ben congegnati dell’MCU, degno dei suoi primissimi successi…
SPOILER ALERT
SPOILER ALERT
SPOILER ALERT
SPOILER ALERT
……
……
……
……
… dopo aver sconfitto Sentry/Void, Yelena, Red Guardian, Winter Soldier, U.S. Agent e Ghost, cadono in un tranello della De Fontaine e si ritrovano coinvolti in una conferenza stampa organizzata dalla mefistofelica contessa dove vengono annunciati nientepopodimeno come i Nuovi Avengers.
Appare il titolo del film, e l’asterisco si trasforma nel logo New Avengers.
Loro malgrado, adesso, sono a tutti gli effetti i nuovi eroi della Terra (proprio come nei fumetti…): li vediamo allora nell’Avengers Tower messa a nuovo quando suona un allarme. Una misteriosa navicella si avvicina a velocità sospetta verso il nostro mondo, porta solo una scritta sopra: 4.
L'articolo Thunderbolts*, dal cinema ai fumetti (con spoiler alla fine) proviene da LaScimmiaPensa.com.