The Cranberries chiudono per sempre: “Senza Dolores O’Riordan non siamo più una band”
I Cranberries pongono fine a ogni voce di reunion: “Non ci sarà un’altra cantante, Dolores era parte di noi, nessun futuro per la band senza di lei. Dopo l’album postumo “In the End”, cala il sipario su una delle formazioni più amate degli anni Novanta.

The Cranberries pongono fine a ogni voce di reunion: “Non ci sarà un’altra cantante, Dolores era parte di noi, nessun futuro per la band senza di lei. Dopo l’album postumo “In the End”, cala il sipario su una delle formazioni più amate degli anni Novanta.
Non è un mistero. Ci sono moltissime offerte da parte per riportare sul palco i The Cranberries, tentando magari con l’aiuto di quel materiale inedito che la band non ha mai nascosto di avere a disposizione, per riportare su un palco i Cranberries.
In una ipotetica graduatoria che elenca tutte le band di cui i fan sentono maggiormente la mancanza, la band irlandese è senza dubbio ai vertici. E paradossalmente questo senso di assenza è aumentato proprio dopo la morte di Dolores O’Riordan, stroncata da un malore improvviso nel gennaio 2018 a soli 46 anni.
A molti impresari farebbe molto comodo pensare a un’operazione simile a quella dei Linkin Park che dopo molti anni di stasi seguiti alla morte di Chester Bennington sarebbero prontissimi a produrre un ritorno in scena dei Cranberries. Ma la band sotto questo aspetto ha smentito qualsiasi interesse…
“Semplicemente perché senza Dolores non ci sono i Cranberries” – taglia corto Noel Hogan, chitarrista e cofondatore della band irlandese.
The Cranberries, punto di non ritorno
Dunque nessun ritorno, nessuna nuova voce, nessun tour. I Cranberries mettono la parola fine alla loro storia, e lo fanno con fermezza, rispetto e senza mezzi termini.
“Non siamo più i Cranberries senza Dolores – ha spiegato Noel Hogan – e non ha alcun senso anche solo pensare che questa sia una cosa possibile. Non lo è. La nostra band è finita con lei ed è finita per sempre. Non ci sono offerte che tengano, non ci sono ipotesi percorribili”.
È una frase che chiude ogni porta e che mette in luce un concetto semplice quanto potente: certe storie non possono continuare se manca l’anima che le ha rese indimenticabili.
Un addio annunciato, ma necessario
Da tempo, dopo la morte di Dolores O’Riordan, si rincorrevano ipotesi su possibili nuove collaborazioni, concerti-tributo o addirittura una ‘nuova era’. C’erano stati anche dei nomi: Skin, Florence, di Florence and the Machine, e molte altre ipotesi. Ma Noel Hogan, insieme a Mike Hogan e Fergal Lawler, ha ribadito una verità che forse andava detta con forza: “The Cranberries eravamo noi quattro. Non ci può essere nessun sostituto”.
L’annuncio definitivo arriva a distanza di anni da quel tragico 15 gennaio 2018, quando la voce di Dolores si è spenta per sempre in una stanza d’albergo a Londra. Un decesso improvviso, doloroso, che ha lasciato sgomenti fan, colleghi e la stessa band. L’autopsia ha parlato di annegamento accidentale, con un tasso alcolemico nel sangue molto elevato. Dolores, che si trovava nella capitale britannica per registrare nuove versioni di alcuni brani tra cui Zombie con i Bad Wolves, è morta nel silenzio, a 46 anni, nel pieno della sua maturità artistica.
Il dolore, da allora, è rimasto sottotraccia, ma la band non ha mai cercato scorciatoie. Ogni offerta di tornare anche solo per una celebrazione di Dolores è stata fermamente e orgogliosamente respinta.
In the End, l’ultimo regalo di Dolores ai Cranberries
Il disco In the End, uscito nell’aprile del 2019, è stato l’estremo saluto della band ai propri fan. Un album costruito a partire dalle registrazioni vocali lasciate da Dolores durante il 2017, completato in studio da Noel, Mike e Fergal con grande delicatezza e un lavoro di produzione che ha cercato di non tradire mai la voce originale.
Il risultato è toccante, a tratti straziante: l’ultimo singolo di grande successo della band è All Over Now. Che con il senno di poi sembra quasi uno struggente commiato. Come Wake Me When It’s Over, del resto. Poi The Pressure che come le altre canzoni racconta di una donna ferita ma ancora profondamente viva nella sua creatività. L’album ha ricevuto una nomination ai Grammy come miglior disco rock, ma più che i riconoscimenti ufficiali e ha colpito per la sua onestà emotiva.
“Non potevamo immaginare un altro modo per concludere questa storia – hanno spiegato i membri superstiti – e nel titolo parliamo di parola fine perché questa è la fine. Non volevamo che finisse con un silenzio improvviso, nessuno lo voleva. Ma le cose sono andate così: e dopo questo disco, non ci sarà più niente”.
L’esplosione mondiale: da Limerick a Zombie
La storia dei Cranberries nasce a Limerick, in Irlanda, all’inizio degli anni Novanta. In un paese che stava lentamente trasformandosi, quattro ragazzi creano una band dalle sonorità malinconiche e ribelli. Quando Dolores entra nel gruppo, è subito chiaro che la sua voce cambierà ogni cosa.
Con il debutto Everybody Else Is Doing It, So Why Can’t We? (1993), trainato da singoli come Linger e Dreams, la band conquista il pubblico americano. Ma è con il secondo disco, No Need to Argue (1994), che i Cranberries diventano un fenomeno globale. Il brano Zombie, scritto da Dolores dopo un attentato dell’IRA, è un pugno nello stomaco. Politico, rabbioso, coinvolgente: è la canzone che definisce un’epoca.
Cranberries, una band di enorme successo
Nei sette anni successivi, pubblicano altri tre album – To the Faithful Departed, Bury the Hatchet, Wake Up and Smell the Coffee – consolidando il loro successo con tour mondiali e milioni di dischi venduti. Poi, nel 2003, la pausa. Dolores va in sofferenza: si parla di anoressia, di problemi di salute mentale. Lei comincia a dosarsi, lavora, cresce i suoi figli, combatte alcune battaglie personali e private molto dure. Una donna di enorme successo che sceglie di non andare mai via dall’Irlanda nonostante il fisco si prenda una enormità dei suoi introiti: è una delle prime contribuenti del paese… “È normale, è il mio paese…” aveva detto in una sua intervista in Italia a chi le aveva chiesto perché non avesse scelto come altri di andarsene a godersi i soldi intuì un paradiso fiscale… Arrivano altri dischi e altri tour. Forse anche una certa pace che Dolores in qualche modo si impone: prima di una tragica fine.
Un’eredità intatta
Oggi i Cranberries non esistono più come band attiva, ma esistono come simbolo. La loro scelta di non andare avanti senza Dolores è un gesto raro nel panorama musicale. Non è nostalgia, non è romanticismo: è rispetto. E anche consapevolezza. Perché senza quella voce, senza quella personalità così intensa e fragile, i Cranberries perderebbero il loro senso.
“Non vogliamo diventare un esercizio nostalgico. Non vogliamo riscrivere una storia che è stata vera” ha detto Noel Hogan.
Nel frattempo il video di Zombie ha superato il miliardo di visualizzazioni su YouTube. Le playlist continuano a includere Linger, Ode to My Family, When You’re Gone. Dolores O’Riordan continua a cantare, nei ricordi, nei dischi, nelle stanze delle persone.
In Italia, i Cranberries
L’ultimo concerto dei Cranberries fu al Palladium di Londra, il 20 maggio 2017. In Italia non arrivavano dal 2012, anno di tre meravigliosi concerti l’ultimo dei quali li vide all’Auditorium di Roma. Un paio di passaggi a Sanremo, uno strepitoso bagno di folla a Rock in Roma nel 2010 e un evento davvero speciale, l’apertura per i Rolling Stones a San Siro nel 2003. Dieci canzoni e 50’ di set.
Nascosti in uno dei box dello stadio Mick Jagger e Charlie Watts che guardano tutto lo show, dall’inizio alla fine. Poi escono e si fanno scortare dai body guard fino agli spogliatoi del Meazza per incontrare Dolores e stringerle la mano: “Ai ragazzi sono piaciuta e me lo volevano esprimere” dirà qualche minuto dopo quasi schiva ai giornalisti che la incontrano nella sala Vip.