Contrattazione a ostacoli per villaggi e resort
Parlare oggi di contrattazione di camere in villaggi e resort per il tour operating italiano vuol dire fare la cronaca di una corsa a ostacoli. In molte aree del mare nostrum, dalla Grecia con Mykonos e Santorini alla Spagna con Tenerife – ha evidenziato Pier Ezhaya, presidente Astoi e direttore t.o. Alpitour World, nella nostra rubrica Voice of Leader – si registrano serie criticità come l’impossibilità di garantire stagionalità lunghe, poiché rispetto agli otto mesi del mercato tedesco, quello italiano ne opera in media solo quattro, oltre al repentino aumento dei costi post Covid e alla saturazione di certe mete che hanno reso limitate tariffe competitive e disponibilità di camere. Continue reading Contrattazione a ostacoli per villaggi e resort at L'Agenzia di Viaggi Magazine.


Parlare oggi di contrattazione di camere in villaggi e resort per il tour operating italiano vuol dire fare la cronaca di una corsa a ostacoli. In molte aree del mare nostrum, dalla Grecia con Mykonos e Santorini alla Spagna con Tenerife – ha evidenziato Pier Ezhaya, presidente Astoi e direttore t.o. Alpitour World, nella nostra rubrica Voice of Leader – si registrano serie criticità come l’impossibilità di garantire stagionalità lunghe, poiché rispetto agli otto mesi del mercato tedesco, quello italiano ne opera in media solo quattro, oltre al repentino aumento dei costi post Covid e alla saturazione di certe mete che hanno reso limitate tariffe competitive e disponibilità di camere.
Qualche esempio eclatante? «La Grecia ha cambiato fortemente il suo perimetro visto dall’angolazione di un t.o. Per quanto le isole siano tantissime e sarebbe bello poterle offrire tutte, oggi la partita si gioca solo su Rodi, Creta, Kos e Karpathos. Parliamo ancora di Baleari: area complicata dove solo Minorca è ancora una meta che può essere pianificata con una logica di mercato», scrive il top manager.
La contrattazione è problematica anche su mete di lungo raggio come Bali, Phuket o Polinesia dove l’arrivo di clienti dai mercati cinese, coreano e indiano ha reso molte location praticamente sold out con un anticipo di molti mesi rispetto alla programmazione che gli operatori italiani sono in grado di allestire. Fatta eccezione per Egitto e Tunisia, dove agli operatori italiani vengono ancora srotolati red carpet con trattative favorite dalla assoluta “fame” dei partner locali di riempire quanto possibile i loro villaggi, per il resto i player nostrani sono svantaggiati rispetto ad altri omologhi europei.
C’è poi il fattore decisivo della dinamica tariffaria sempre più legata all’andamento delle prenotazioni, che in certi casi genera una volatilità controproducente, rendendo complicata la trattativa per gli allotment. A tutto questo si aggiunge il potente (e pressante) presidio delle Ota, che di fatto ha reso il mercato schizofrenico con quotazioni che cambiano in tempo reale. Da ultimo, l’irruzione delle divisioni “holidays” delle compagnie aeree, in particolare le low cost, divenute a volte aggressivi concorrenti. Un’invasione di campo che insidia seriamente i t.o. in quanto i vettori, forti della possibilità di adattare un’adeguata offerta aerea, conquistano un maggiore potere contrattuale e diventano i veri decision maker delle destinazioni.
Da qui l’idea di offrire, grazie alla consulenza di alcuni manager attivi sul campo, una panoramica geografica e di concetto su uno tra i temi meno discussi e più complessi del turismo organizzato.
PREZZI INSOSTENIBILI
Partiamo dall’Africa con Alessandro Pettorossi, contracting manager Veratour: «Iniziamo da Zanzibar che negli ultimi 18 mesi ha visto uno sviluppo vivace. Storicamente meta “italiana”, l’isola attrae ora i mercati dell’Est – come Russia, Repubblica Ceca e Polonia – e di altre aree Ue ed extra Ue. Un boom che ha spinto le catene a investire in strutture orientate al lusso. Le nuove costruzioni, spesso grandi e raffinate, sono pensate per attrarre una clientela con elevate capacità di spesa. Qui il problema principale, soprattutto dal punto di vista di una contrattazione per esclusive o allotment importanti legati a pacchetti, è il livello dei prezzi richiesti, decisamente elevati per il mercato italiano. In media i nostri turisti hanno un potere d’acquisto inferiore rispetto a quelli del Nord e dell’Est Europa, cosa che rende difficile rivendere queste strutture a un prezzo adeguato. Noi, come Veratour, abbiamo per fortuna partner storici, il che ci consente di non dover forzare nuove contrattazioni. Più misurato, invece, l’andamento del Kenya: anch’esso “premium”, ha resistito all’aumento dei prezzi, mantenendo condizioni contrattuali più favorevoli per noi. Un equilibrio che ci permette di offrire soluzioni competitive».
Nell’area caraibica, invece, prosegue il manager, «le dinamiche sono influenzate soprattutto dalla forte concorrenza del mercato nordamericano, incluso il Canada. Le tariffe richieste per strutture in Messico o nella Repubblica Dominicana sono spesso troppo elevate. Non è facile neanche pensare a nuove proposte: gli italiani tendono a prediligere mete tradizionali e consolidate, le isole minori o meno conosciute come Aruba o Antigua, seppur interessanti, non sempre riescono ad attrarre il nostro pubblico. In più, in questi ultimi due casi, i costi di gestione sono alti a fronte di una qualità di servizi a volte debole. La concorrenza internazionale – con nuovi player da Paesi baltici, Bielorussia, Romania, Serbia – rende poi difficile per noi l’acquisizione di allotment di prestigio al giusto prezzo. E qui emerge, ancora una volta, come la capacità di spesa media degli italiani rappresenti un limite considerevole».
RELAZIONI DA RICOSTRUIRE
Passiamo all’Oceano indiano. Per mete come Seychelles e Mauritius è determinante la testimonianza di Maria Comito, product manager di Idee per Viaggiare, che osserva: «In queste due destinazioni abbiamo per lo più resort e hotel d’alta gamma, per cui il lavoro è frutto di relazioni pubbliche, oltreché rapporti commerciali con i sales manager delle varie catene o dei singoli alberghi. E proprio riguardo alle relazioni va detto che nel post Covid c’è stata una rivoluzione, dovuta a un ricambio generazionale importante tra tutti i nostri referenti. Abbiamo dovuto riallacciare rapporti con manager under 25 che spesso non conoscevano i trascorsi. Inoltre, per la contrattualistica in queste due destinazioni non abbiamo esclusive e le criticità sono legate alla forza degli altri mercati europei. Spesso dobbiamo impegnarci per far comprendere ai nostri interlocutori la mentalità italiana. I francesi e tedeschi prenotano con enorme anticipo rispetto a noi e questo crea a volte problemi di disponibilità, così come si perdono occasioni legate a un early booking a cui non riusciamo a stare dietro. In generale vale la regola che l’offerta va modulata e i contratti declinati secondo le esigenze del mercato italiano. Nel caso di IpV c’è poi un altro fattore che aggiunge complessità al tutto: il fatto che spesso i soggiorni sono legati ai tour e occorre trovare la quadra per una combo ottimale».
DI COSTA IN COSTA
Si sofferma sull’Italia Paola Coccarelli, chief product officer di Nicolaus Group, ricamando una sorta di mappa: «In Puglia, regione cresciuta esponenzialmente, si fatica a soddisfare la domanda. Le strutture, spesso di piccole dimensioni, riescono a vendersi da sole e per questo sono restie a collaborare con i t.o. In Sicilia siamo di fronte a un numero ridotto di villaggi/resort sul mare in relazione all’estensione dell’isola. In Calabria, meta che si è sviluppata molto negli ultimi anni, la situazione muta in base ai versanti: su quello ionico c’è alta disponibilità di grandi strutture e la contrattazione è relativamente facile. Sul Tirreno, dove c’è molta richiesta per Capo Vaticano e Tropea, le strutture sono piccole e spesso gestite direttamente dalla proprietà, dunque è difficile chiudere contratti. In Toscana ci sono pochissime location con servizi da resort posizionate sulla costa. In Sardegna è forte lo sviluppo della costa orientale – con località come Orosei e Budoni – e del sud, sempre più al centro dell’interesse del mercato italiano e straniero. Qui gli operatori nostrani ed esteri sono in forte competizione per aggiudicarsi gli spazi».
NODO ACCESSIBILITÀ
Sull’Italia interviene uno dei suoi cultori più schietti: Massimo Diana, direttore commerciale di Ota Viaggi. «Da noi il vero problema non è la concorrenza di t.o. esteri, bensì i conti che devono tornare agli albergatori o gestori di villaggi: l’equilibrio dei costi di gestione è sempre più acrobatico – afferma – Il prezzo richiesto dalle strutture è oggi influenzato dai costi di personale, energia e food, in forte rialzo. C’è poi il nodo logistica: pesa sulla finalizzazione dei contratti l’accessibilità delle strutture. In Sardegna e Sicilia i costi di trasporto incidono molto, mentre la Basilicata è difficilmente raggiungibile, ecco perché sostengo da tempo che sarebbe ottimale poter contare sull’operatività dell’aeroporto di Crotone. Nella scelta delle location mare può incidere anche il costo del treno: ormai un nucleo familiare di tre persone per raggiungere la Puglia può spendere anche oltre 500 euro. Voci, queste, che pesano sull’intero pacchetto».
«Non dimentichiamoci – conclude Diana – che lo stipendio medio degli italiani è fermo da 17 anni e gli operatori per mantenere i livelli di vendite di 10 anni fa devono aumentare molto il numero di passeggeri, chiudere molte più pratiche. Per non parlare poi della destagionalizzazione del mare Italia, complicata da attuare perché devi trovare innanzitutto i clienti. E il mercato domestico non basta. Ma se guardiamo all’estero c’è poco da stare allegri: la Germania è in crisi, la Francia pure, i consumi turistici Uk sono in calo. In sintesi, i bacini esteri sono in sofferenza e lo è pure l’Italia, dove l’unico “socio” che guadagna è lo Stato».
TRATTATIVE AD ALTO RISCHIO
Che gli scenari siano radicalmente cambiati lo conferma un manager di lungo corso come Alberto Cannavale, direttore prodotto Italia di Futura Vacanze: «Fino a un decennio fa gli accordi erano più semplici da raggiungere perché le strutture avevano forte bisogno di collaborare con i tour operator. I cataloghi rappresentavano infatti l’unico mezzo per raggiungere un vasto pubblico. Alternative non ce n’erano. Oggi la situazione è molto diversa: la ricerca dei fornitori passa spesso dagli strumenti digitali, anche se la passione resta invariata. Per mantenere lo stesso livello di disponibilità è necessario chiudere meno contratti, ma con caratteristiche diverse. Ad esempio, si richiede l’acquisizione totale delle disponibilità di camere e l’esclusiva dei servizi complementari come animazione, assistenza, trasporto e trasferimenti. Tuttavia, ciò comporta un aumento significativo del rischio imprenditoriale rispetto al passato».
«Di base – conclude Cannavale con un pizzico di amarezza – è in atto un cambiamento di paradigma: sono venuti a mancare i presupposti per stipulare questo tipo di accordi. I fornitori, inclusi quelli meno consolidati, sono ormai facilmente accessibili ai clienti finali, che hanno la possibilità di prenotare direttamente. Questo ha trasformato gli stessi fornitori da collaboratori a concorrenti. E i contratti in allotment, pur esistendo ancora, sono notevolmente ridotti rispetto a un tempo».