“Libertà Negli Occhi”, Niccolò Fabi: “Non sono un medico, ma il paziente del letto accanto” – L’INTERVISTA

In uscita venerdì 16 maggio per BMG, in occasione del suo 57° compleanno, Libertà Negli Occhi è il nuovo album di Niccolò Fabi, che torna con un disco che è un’avventura, una concessione al gioco, “a maggior ragione quando la vita adulta e la professione rischiano di seppellirlo sotto il senso di responsabilità“. Ed ecco […] L'articolo “Libertà Negli Occhi”, Niccolò Fabi: “Non sono un medico, ma il paziente del letto accanto” – L’INTERVISTA proviene da All Music Italia.

May 12, 2025 - 19:07
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“Libertà Negli Occhi”, Niccolò Fabi: “Non sono un medico, ma il paziente del letto accanto” – L’INTERVISTA

In uscita venerdì 16 maggio per BMG, in occasione del suo 57° compleanno, Libertà Negli Occhi è il nuovo album di Niccolò Fabi, che torna con un disco che è un’avventura, una concessione al gioco, “a maggior ragione quando la vita adulta e la professione rischiano di seppellirlo sotto il senso di responsabilità“.

Ed ecco che, più che un disco, Libertà Negli Occhi è forse una priorità, un modo di volgere lo sguardo, uno stato d’animo e, allo stesso tempo, un fatto accaduto.

Scrivere canzoni a cinquantasei anni è un po’ cercare di far entrare il mare in un bicchiere. La vita, negli anni, si è espansa in talmente tante direzioni diverse che tutte le angolazioni dalle quali cerco di osservarla fanno sempre più fatica ad entrare dentro un oggetto così minuscolo“, chiosa il cantautore romano, che ci consegna – ancora una volta – un disco necessario, che fa delle code strumentali un punto di forza.

Ed è proprio all’interno di questo flusso musicale che la voce di Niccolò talvolta si perde, trasformandosi in un’eco che non smette di praticare l’accanto.

Niccolò Fabi cover nuovo album Libertà Negli Occhi

Cliccate in basso su “continua” per leggere la nostra intervista a Niccolò Fabi in occasione dell’uscita del suo nuovo album Libertà Negli Occhi!

NICCOLò FABI PRESENTA IL NUOVO ALBUM “LIBERTÀ NEGLI OCCHI” – L’INTERVISTA

Bentrovato, come stai?

“Come stai?” è forse la domanda a cui, in generale, si risponde meno sinceramente. Però, diciamo che, tutto sommato, va bene. Se siamo qui a parlare di un disco, va tutto bene!

Libertà Negli Occhi è un disco pieno di mantra, che invita tutti a credere che “esiste un futuro” (L’Amore Capita), cavalcando la speranza alla ricerca di una luce, di una libertà, che tu vedi negli occhi delle persone…

Indubbiamente, la parola mantra mi risuona. La prima canzone, in particolar modo, nasce su un harmonium indiano, che è lo strumento principe con cui si medita e si cantano i mantra.

Quindi, senza entrare in una dimensione prettamente spirituale, diciamo che – per quanto riporti ad una serie di incertezze e fragilità – Libertà Negli Occhi non è un disco depresso, anzi… è pieno di vita, di interazioni e di energia corale.

Poi, indubbiamente, contiene anche una piccola fuga. D’altronde, è stato registrato in una baita lontana da tutto e da tutti, perché il mondo affatica… con il mondo si fa fatica ad interagire. Però, l’arte custodisce sempre una piccola speranza. È l’assenza di arte a condurre alla depressione.

E se un disco racconta la depressione, ci troviamo comunque davanti alla rappresentazione di una risposta positiva, attiva. La depressione totale è quella che non ti fa uscire di casa. Se un artista scrive un disco, per quanto possa essere depresso, non ci troviamo mai di fronte ad una fine, ma a un potenziale futuro.

Maestra di lentezza, gentilezza e solidarietà, la montagna cosa rappresenta per te? 

Le parole che hai usato sono le stesse che userei anch’io, perché chiunque vada in montagna sa che la velocità non è una buona soluzione, quando si fanno delle lunghe passeggiate. È un passo lento e ponderato che ti conduce alla vetta.

Poi c’è la solidarietà, che in montagna si respira molto, soprattutto quando si passeggia. Ecco, i saluti e gli sguardi che ci si scambiano in montagna mi hanno sempre restituito un’umanità diversa.

In alta quota c’è un’atmosfera molto più umana, forse proprio perché la montagna ridimensiona il potere dell’essere umano. D’altronde, è molto più forte, grande e alta di noi.

Inoltre, lì le condizioni metereologiche cambiano all’improvviso ed è proprio quando pensi di poter prevedere le sue mosse che lei “ti frega“, facendoti sentire minuscolo e conferendoti – di conseguenza – una dimensione più vera, più umana.

Nell’era dell’intelligenza artificiale, scegli un modo antico di fare musica, tornando a cercare l’ispirazione nelle cose più semplici, in mezzo alla natura. È forse questa, oggi, la vera rivoluzione? Non potendo più andare avanti, si torna indietro…

Dovrebbe, ma siamo davvero in grado di metterla in atto? È già da diverso tempo che ne parliamo, ma poi continuiamo ad andare avanti. Ancor prima dell’arrivo dell’intelligenza artificiale, ci ripetevamo che, andando avanti così, la tecnologia avrebbe presto preso il controllo sugli esseri umani. Poi, però, l’uomo continua a dirsi che la tecnologia è uno strumento e che ha tutto sotto controllo.

Io, sinceramente, devo ancora capire se lo fa per spirito di protagonismo o per reale ottimismo. Insomma, non so se arriveremo davvero a un punto in cui si potrà tornare indietro. Ho infatti come la sensazione che la velocità del progresso, così come l’eccitazione che esso provoca, continui ad aumentare.

Inoltre, il fatto che adesso possiamo fare mille cose contemporaneamente rappresenta per molti una comodità, ma a me non sembra che le persone siano più felici. Il progresso, piuttosto, esaspera la nostra ansia, la nostra soglia dell’attenzione.

Ed ecco che, se una cosa non funziona, oggi non sappiamo più come risolvere la situazione. Ci inquietiamo subito. Prima, invece, dovevamo per lo meno chiamare un tecnico e aspettare che arrivasse.

Quindi, sinceramente, temo sia un pochino tardi per invertire la rotta. Poi, ovviamente, da genitore non posso arrendermi. Sarebbe infatti del tutto innaturale pensare che io non ci debba nemmeno provare. Insomma, non ho scelta. Anche se non fossi convinto di riuscirsi, per lo meno devo provarci.

niccolò fabi, “LIBERTà NEGLI OCCHI”: LA MONTAGNA E LA FELICITà

Libertà Negli Occhi e la montagna hanno in comune un invito a rinunciare al superfluo per riscoprire l’essenziale. Qual è il più grande insegnamento che ti ha trasmesso la montagna nei dieci giorni di residenza artistica al Lago dei Caprioli?

I dieci giorni in baita con i miei amici mi hanno aiutato a comprendere quanto per me sia necessario continuare a collegare all’atto di suonare una componente di gioco, alleggerendo così la pesantezza e la responsabilità di dover scrivere per forza delle cose, di doverle pubblicare e di dovermi infine confrontare con il giudizio e le aspettative altrui.

Giocare insieme nella sala dove abbiamo registrato il disco, che era piena di giocattoli a forma di strumenti musicali, per me è un modo per continuare a ricordarmi della componente infantile, ludica, del fare musica.

Il GIOCO, la LIBERTÀ e il desiderio unico di fotografare un momento di FELICITÀ. Sei anni dopo l’uscita di Scotta, per te – oggi – la felicità è ancora un momento di distrazione?

Beh, sì! Qui entra in gioco la famosa distinzione tra felicità e contentezza, tra l’essere felice e l’essere contento, che sono due cose molto diverse tra loro.

La contentezza è parente dell’accontentarsi e rappresenta uno stato che può prolungarsi nel tempo, perché si basa sulla capacità di accontentarsi delle cose che si hanno. Si è contenti quando non si aspira ad avere altro, quando si sta bene così come si è.

La felicità, invece, è un momento, un apice, una scossa tellurica, durante la quale il dolore cessa di esistere. Quindi, sì, per me la felicità è ancora un momento di distrazione.

Messo a fuoco il desiderio, arriviamo alle canzoni, che sono un po’ frutto del tuo rapporto con il Niccolò dodicenne che suonava con la sua prima band. Oggi, da padre, cosa diresti a quel bambino?

Quello che gli vorrei dire l’ho scritto nelle canzoni, anche se credo che nulla di quello che gli potrei dire adesso possa modificare in qualche modo il suo percorso.

Me ne sono reso conto con mio figlio. Non è affatto semplice capire qual è il modo giusto per stare accanto a un dodicenne, quanto indirizzarlo e quanto lasciarlo libero. È una cosa davvero complessa.

Ecco, alla luce di tutto questo, forse non gli direi proprio nulla. Piuttosto, lo accompagnerei a fare una passeggiata in un bosco o a cavallo o a fare un giro col pattino in mezzo al mare.

Credo infatti che le esperienze fatte insieme possano essere più importanti di qualsiasi tipo di consiglio teorico su come vivere la propria vita. Di fatto, io della mia infanzia ricordo più esperienze vissute che parole ascoltate.

Niccolò Fabi intervista Libertà Negli Occhi Credit Arash Radpour

NICCOLò FABI: L’INCONTRO CON TERZANI E LE CANZONI “MEDICINA”

A proposito del disco hai dichiarato: “Scrivere canzoni a 56 anni è un po’ cercare di fare entrare il mare in un bicchiere. Anche se spero che la vita possa sempre sorprendermi, sento di non avere molto altro da aggiungere al mio percorso di cantautore“.

Leggendo queste tue parole, mi sono subito venute in mente quelle di un grande giornalista, Tiziano Terzani, che in Un Altro Giro di Giostra scrive: “La mia vita fino ad ora? Meravigliosa! Nessun rimpianto, niente di importantissimo ancora da fare“.

In comune avete forse questo senso di completezza, di pienezza…

No so… per quanto io abbia letto quasi tutto di Terzani e lo senta risuonare tanto dentro di me (probabilmente perché tratta tutta una serie di temi che mi toccano nel profondo), nel bene o nel male, non sono ancora passato attraverso l’esperienza di una malattia così violenta come quella che lui ha vissuto, che ha poi condizionato molto il suo pensiero degli ultimi anni.

La sensazione di contentezza di cui parla lui è figlia di un’esperienza di vita tanto forte.

Io la sua serenità, la sua calma e la sua pace – purtroppo o per fortuna – non l’ho ancora raggiunta, anche se mi rendo conto che stiamo percorrendo la stessa strada. Ma lui sta molto più avanti di me…

Il bicchiere fatica a contenere il mare, ma oggi abbiamo ancora bisogno di brani come Nessuna Battaglia: canzoni capaci di curare, di praticare l’accanto e di offrire nuovi (s)punti di vista…

Su questo non ho nulla da aggiungere. Accolgo tutto e lo custodisco. Ovviamente, mi fa molto piacere quello che dici, perché dà un senso a tutti i trambusti che sono alla base di questo tipo di canzoni.

Se le persone riconoscono a questi brani una certa forza, autenticità e verità è perché sono vissuti. E forse sono convincenti proprio perché le persone si rendono conto che il luogo da cui parlo non è un piedistallo, ma il letto accanto al loro.

Io non sono un medico. Sono un paziente che sta accanto a loro e che, magari, sta a letto da un po’ più di tempo. Questo, però, non vuol dire che sono guarito. Io sono come loro.

niccolò fabi, “libertà negli occhi”: LA PAUSA TRA CAPIRE E CAMBIARE

Dopo aver camminato a lungo e aver accumulato chilometri di esperienza, adesso ti trovi nella “pausa che c’è tra capire e cambiare” (Alba): una posizione scomoda che, più che a una pausa, allude a un grande movimento interiore…

Sì, è proprio così. Ad un certo punto ti rendi conto che la consapevolezza non è più sufficiente, che non basta per fare il primo passo verso il cambiamento.

La consapevolezza è un grande traguardo e anche una gratificazione delle proprie capacità investigative. Ma, per alzarsi dal letto, ci vuole una spinta, non ci vuole la consapevolezza. Ci vuole una mano che ti tira su. Però, attenzione: la consapevolezza serve. È solo che, spesso, non è abbastanza.

E, a proposito di cambiamento, in Casa di Gemma canti, quasi fosse un mantra: “Le cose cambiano, le case cambiano, l’unica cosa che ho è viverle“. La tua è rassegnazione o accettazione?

Le due cose coesistono, non sono due antipodi. L’accettazione delle cose, secondo me, contempla e contiene una porzione di rassegnazione. Non è una resa!

Se nell’accettazione non ci fosse un piccolo frammento di rassegnazione, sovrapporremmo i nostri sogni alla realtà. Ma questo è un modo per scappare e non innesca alcun cambiamento.

Rimanendo sul filone dell’accettazione, in Nessuna Battaglia canti: “Quello che cerco non è una guarigione, non si può guarire da se stessi. Non è una malattia, è solo una nuova evoluzione. Nessun nemico, nessuna battaglia“.

Si tratta, dunque, “semplicemente” di accettare quello che c’è dentro di noi, facendo pace con una sensibilità spesso scomoda…

Quelle che dici sono belle parole, che ci ripetiamo più o meno tutti e che, spesso, pronunciano anche terapeuti, medici illuminati e guaritori.

Ma, tra il capire e il cambiare, c’è di mezzo il mare. Di sicuro, nel caso remoto in cui dovesse partire il motore, è cosa buona avere la punta della barca rivolta nella giusta direzione. Perché, se il motore parte ma la punta non è rivolta nella giusta direzione, chi è a bordo va a sbattere.

Ecco, io magari non mi salvo. Però, se per caso si accende il moto, per lo meno vado nella direzione giusta. Questa è la mia consolazione.

Il brano non si chiude con l’assenza di una battaglia ma con l’evocazione della calma della verde campagna. Secondo te, stare a contatto con la natura può realmente essere terapeutico?

Assolutamente sì, ma non lo dico solo io. Quasi tutti i percorsi terapeutici includono il contatto con la natura. Chiunque, quando si trova di fronte al mare o fa una passeggiata in montagna, ha la percezione di stare meglio.

Di fatto, la natura è inevitabilmente consolante e confortante. Magari non è capace di risolvere un problema, ma è fondamentale nel processo di ridimensionamento, accoglienza e protezione.

NICCOLò FABI: LA RESPONSABILITà DI UNA VITA CHE va dove va il tuo sguardo

In Acqua Che Scorre (qui il testo del brano) affronti un tema drammaticamente attuale, che coinvolge la sfera della libertà così come quella della responsabilità: Tra come è nato il mondo e come può finire, il tema più attuale è se davvero lo si può salvare“. 

Al di là del pessimismo e della consapevolezza dell’irrimediabilità di certe cose, non credere più nella possibilità di salvarlo non è un opzione contemplata.

Di certo, in questo ultimo periodo c’è una delegittimazione continua di tutto: un modo per rendere sempre tutto non credibile, con un doppio fondo.

Insomma, c’è un desiderio quasi maniacale, perverso, di distruggere qualsiasi ideale, facendo sì che il cinismo e la rassegnazione siano in qualche modo delle doti riconosciute.

E questa visione delle cose, secondo me, è un bel peso per il futuro, perché l’uomo è fin troppo sedotto da questo tipo di ambizione.

A volte, pensiamo che solo un grande spavento possa salvarci. La pandemia sembrava potesse essere uno spavento sufficiente, ma non mi sembra che abbia funzionato. Non so, dunque, che tipo di spavento deve arrivare per farci capire veramente come stanno le cose.

Di fatto, la natura mi sembra stia dando dei segni inequivocabili, si sta agitando. Ma, evidentemente, non si è ancora agitata abbastanza da farci paura. O, per lo meno, non si è ancora agitata in Paesi determinanti dal punto di vista degli equilibri economici.

In Libertà Negli Occhi canti dell’importanza di abitare il vuoto, di vivere il niente, di focalizzarsi sul presente di una vita che “va dove va il tuo sguardo“. Oggi dove va lo sguardo di Niccolò Fabi?

Devo ammettere che non va tanto lontano!

Questa frase l’ho presa in prestito dagli insegnanti di motocicletta che, quando si è in curva, insegnano a volgere lo sguardo nella direzione in cui deve andare la motocicletta, perché la moto va dove guardi. È lo sguardo a indirizzare la moto.

Ecco, il mio orizzonte – in questo caso – è quello della curva. Andiamo al di là della curva… fatemi fare la curva.

Non ho delle grandi ambizioni, non voglio arrivare lontanissimo. Mi basterebbe concludere la curva, ovvero raggiungere degli obiettivi molto più limitati ed essenziali di quelli che stanno all’orizzonte.

Curva per curva, punto per punto – come dicono a tennis – perché altrimenti non le partite non si vincono.


Foto di copertina a cura di Arash Radpour

 

 

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