Un gigante dormiente alle porte di Napoli Il
Vesuvio, maestoso e inquietante al tempo stesso, domina il paesaggio della
Campania e dell’intera
area metropolitana di Napoli. È uno dei pochi vulcani attivi dell’
Europa continentale e tra i più pericolosi del pianeta, non solo per la sua potenza distruttiva, ma anche per l’elevatissima densità abitativa che lo circonda. La sua attività ha segnato profondamente la storia geologica e culturale del
bacino del Mediterraneo, rendendolo uno dei soggetti più studiati dalla vulcanologia moderna.
L’eruzione del 79 d.C. L’evento che ha cristallizzato il Vesuvio nell’immaginario collettivo mondiale è senza dubbio l’
eruzione del 79 d.C., narrata con drammatica precisione dallo scrittore romano
Plinio il Giovane. In quell’occasione, una colonna eruttiva alta oltre 30 chilometri si innalzò nel cielo, riversando su
Pompei,
Ercolano e
Stabiae una pioggia letale di cenere e lapilli, seguita da ondate piroclastiche incandescenti che cancellarono intere comunità. Questo evento ha dato origine al termine “
eruzione pliniana”, oggi usato in vulcanologia per descrivere eruzioni esplosive di simile intensità (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0377027308003290).
Attività eruttiva tra XVII e XX secolo Dopo un lungo periodo di quiescenza durato più di un millennio, il
Vesuvio si risvegliò nel 1631, dando vita a un’eruzione devastante che causò la morte di circa
4000 persone e la distruzione di numerosi centri abitati. Da quell’anno e fino al
1944, il vulcano ha vissuto una fase di
attività persistente, con eruzioni di intensità variabile quasi ogni decennio. L’
ultima eruzione risale al marzo 1944. In pieno
contesto bellico, mentre gli alleati erano presenti nella regione, il Vesuvio emise lava e ceneri che distrussero i paesi di
San Sebastiano,
Massa di Somma e
Cercola. Morirono
26 persone e diversi aerei dell’
aviazione americana furono danneggiati dalla caduta di materiale vulcanico sull’aeroporto di
Capodichino. Da allora, il Vesuvio è
entrato in uno stato di quiescenza che si protrae da oltre 80 anni: uno dei più lunghi nella sua storia documentata.
Monitoraggio e sorveglianza Il
Vesuvio è oggi uno dei vulcani più monitorati al mondo, grazie all’attività dell’
Osservatorio Vesuviano, fondato nel 1841 e attualmente parte dell’
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). La rete di sorveglianza utilizza una fitta maglia di strumenti che rilevano in tempo reale parametri geofisici e geochimici:
- Sismicità locale e profonda
- Deformazioni del suolo attraverso GPS e tiltmetri
- Flussi di gas (CO₂, SO₂) dalle fumarole
- Composizione chimica delle acque sotterranee
- Variazioni gravitazionali e magnetiche
Secondo i
bollettini periodici dell’INGV, il vulcano si trova in
livello di allerta base, con
attività sismica debole e sporadica,
assenza di deformazioni significative,
emissioni fumaroliche modeste e stabili, e
assenza di variazioni critiche nella geochimica dei fluidi (https://www.ov.ingv.it/ov/it/).
Lungo silenzio: segnale di pericolo? La letteratura scientifica è concorde nel considerare il lungo periodo di quiescenza come un possibile elemento di rischio. Secondo uno studio di
Cioni et al. (2008), pubblicato sul
Journal of Volcanology and Geothermal Research, il Vesuvio segue un ciclo di attività in cui lunghi intervalli di inattività possono precedere eruzioni particolarmente violente (https://doi.org/10.1016/j.jvolgeores.2008.11.015). Anche
Scandone et al. (2008), nello stesso journal, sottolineano come il silenzio vulcanico non vada interpretato come una garanzia di sicurezza, bensì come un accumulo potenziale di energia magmatica in profondità. Uno studio più avanzato condotto da
Mastrolorenzo et al. (2006) e pubblicato su
PNAS ha elaborato diversi scenari di eruzione, evidenziando la possibilità di
flussi piroclastici ad alta velocità che potrebbero raggiungere la
cintura urbana di Napoli in pochi minuti, con
conseguenze devastanti (https://www.pnas.org/doi/10.1073/pnas.0607477103).
La camera magmatica del Vesuvio L’
Università di Napoli Federico II e il
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) hanno individuato, mediante tecniche geofisiche, la probabile esistenza di una
camera magmatica tra
8 e 10 chilometri di profondità sotto il cratere. Analisi condotte attraverso
tomografia sismica e gravimetria suggeriscono un lento processo di
ricarica magmatica, che tuttavia non ha ancora raggiunto soglie allarmanti.
Segnali precursori da osservare I segnali che potrebbero anticipare una futura eruzione sono oggetto di studi costanti. Secondo
De Natale et al. (2006) su
Earth-Science Reviews, è possibile individuare una serie di fenomeni che, se osservati in simultanea o in rapida successione, potrebbero indicare un’imminente riattivazione del sistema eruttivo (https://doi.org/10.1016/j.earscirev.2006.05.002):
- Incremento del numero e dell’energia dei terremoti locali
- Sollevamento del suolo misurabile in centimetri o decimetri
- Modificazioni nella composizione dei gas emessi
- Aumento della temperatura delle acque termali
- Formazione di nuove fratture e fumarole
In particolare, le simulazioni dell’INGV indicano che un’eruzione sarà molto probabilmente
preceduta da settimane o mesi di attività anomala, rendendo potenzialmente possibile una
evacuazione preventiva della popolazione.
Piano nazionale di emergenza Il
Dipartimento della Protezione Civile, in collaborazione con le autorità locali, ha elaborato un
Piano Nazionale di Emergenza per il Vesuvio, aggiornato nel
2016. Questo prevede l’evacuazione della
zona rossa, un’area che comprende
25 comuni e ospita oltre
600.000 persone. La strategia si fonda sull’
evacuazione cautelativa: in presenza di segnali precursori, la popolazione sarà allontanata
prima dell’eruzione vera e propria. Ogni comune è stato gemellato con altre regioni italiane pronte ad accogliere i cittadini sfollati, e sono previste esercitazioni periodiche per testare i tempi e le modalità logistiche di evacuazione (https://rischi.protezionecivile.gov.it/it/vulcanico/vesuvio/piano-nazionale-emergenza/).
Contesto fragile Il
Vesuvio resta oggi
silenzioso, ma
non inattivo. Le sue fumarole, la lieve sismicità e il metabolismo geochimico delle sue acque rappresentano
una finestra sul profondo, dove la materia magmatica continua a muoversi lentamente. In un’area tra le più urbanizzate d’Europa, la sfida della
convivenza con il vulcano si gioca sull’
anticipazione scientifica, sulla
comunicazione del rischio e sull’
organizzazione civile.
Il Vesuvio: future eruzioni del “vulcano” tra i più cattivi al Mondo