2:22 – Il destino è già scritto: un thriller romantico sugli schemi del fato – Recensione

Quanto il destino ha veramente un peso su quello che ci capita? E quanto invece sono le nostre scelte a contare effettivamente sul domani che ci aspetta? Un film come 2:22 – Il destino è già scritto non è certo la proposta migliore per rispondere a queste domande, dato che il sottotitolo italiano mette già […]

Apr 23, 2025 - 08:03
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2:22 – Il destino è già scritto: un thriller romantico sugli schemi del fato – Recensione
2:22 – Il destino è già scritto

Quanto il destino ha veramente un peso su quello che ci capita? E quanto invece sono le nostre scelte a contare effettivamente sul domani che ci aspetta? Un film come 2:22 – Il destino è già scritto non è certo la proposta migliore per rispondere a queste domande, dato che il sottotitolo italiano mette già le cose in chiaro su quanto andremo ad assistere nel corso dell’ora e mezza, abbondante, di visione.

Al centro della storia troviamo il personaggio di Dylan, un pilota che lavora come controllore di volo e che ha ereditato dal padre una profonda passione per il cosmo. Un giorno incontra per puro caso a un evento esclusivo l’affascinante ex-ballerina Sarah, che ha dovuto appendere le scarpette al chiodo in seguito a un incidente. Tra i due scatta un colpo di fulmine reciproco, ma ben presto lui comincia a essere vittima di inquietanti predizioni che profetizzano un’imminente tragedia alla stazione dei treni cittadina, con la stessa Sarah che potrebbe trovarsi in una situazione di grave pericolo.

2:22 – A che ora è la fine del mondo? La recensione

Quella che inizialmente poteva sembrare una classica love-story tra “un pilota che ha paura di volare e una ballerina che non può danzare” si trasforma ben presto in un thriller dagli spunti fantascientifici, che strizza più di un occhio a produzioni più o meno cospirazioniste e fataliste quali Segnali dal futuro (2009), dove è per l’appunto il fato stesso, con un suo machiavellico piano, a prendere il controllo delle vite delle persone, protagonisti in primis.

Dylan – interpretato dall’onesto Michiel Huisman – comincia a essere ossessionato da un presunto pattern, uno schema ricorrente del quale riesce giorno dopo giorno a unire tutti i vari puntini, per arrivare ad un quadro generale giusto in tempo per il gran finale, dove la bella da salvare – la bionda Teresa Palmer – si prepara al suo ruolo con ancor poca consapevolezza.

Un epilogo da cambiare

Pur in grado di instillare nello spettatore un minimo di curiosità sugli eventi a venire e con una discreta tensione a far capolino nelle scene clou, la sceneggiatura appare a tratti sbilenca e pretenziosa, con la complessa trama tra passato e presente che ha bisogno di una notevole sospensione d’incredulità per essere presa sul serio e appassionare chi si trova davanti allo schermo. A questo si aggiungono diverse forzature nella gestione del triangolo romantico che si accende via via per inscenare la definitiva resa dei conti e gioco forza l’operazione perde di coerenza col procedere dei minuti.

I potenziali spunti insiti nella pur affascinante premessa cedono così il passo a diversi cliché e la sceneggiatura si sbilancia sempre di più sul versante sentimentale, affidando ad un paio di sbrigativi flashback il compito di espletare gli effettivi collegamenti che erano già in essere tra i personaggi principali. La regia di Paul Currie offre una decorosa messa in scena, con gli effetti speciali sobri a sfruttare con dovizia un budget non certo esorbitante, ma a 2:22 – Il destino è già scritto manca quel quid tale con cui potenzialmente rovesciare l’improbabile script con un’estetica carica di personalità, qui assente.

Conclusioni finali

Si parte da una premessa affascinante, che solleva interrogativi ipoteticamente interessanti sul libero arbitrio e sul peso del destino nelle nostre vite. Ma nel tentativo di fondere romanticismo, thriller e fantascienza, 2:22 – Il destino è già scritto finisce per perdersi in una trama troppo ambiziosa e poco coesa.

I personaggi faticano a uscire dagli stereotipi e il potenziale drammatico si diluisce in una narrazione che preferisce rincorrere suggestioni visive piuttosto che approfondire davvero i temi che accenna. Ciò che resta è la sensazione di un’occasione mancata, non del tutto immeritevole di visione ma nemmeno da consigliare.