
Nel cuore selvaggio dell’
Alaska Range, dove il gelo domina e il silenzio sembra eterno, il
Mount Spurr torna a far parlare di sé. Dopo decenni di quiete, questo stratovulcano alto
3.374 metri manifesta una nuova fase di attività, osservata con crescente attenzione dagli esperti dell’
Alaska Volcano Observatory (AVO). Negli ultimi mesi, si è registrato un numero medio di
60–80 terremoti settimanali, segnale di una pressurizzazione interna ancora attiva, anche se leggermente ridimensionata rispetto ai picchi sismici dell’inverno (avo.alaska.edu). Il versante sud-orientale del vulcano continua a
gonfiarsi: i sensori
GNSS hanno rilevato deformazioni di alcuni centimetri, suggerendo un movimento del magma verso la superficie. Le misurazioni effettuate durante i voli scientifici del mese di
marzo indicano un flusso di
anidride carbonica attorno a
1 000 tonnellate al giorno, un valore paragonabile a quello osservato prima dell’eruzione del
Redoubt nel
2009, ma che non implica necessariamente un’esplosione imminente (avo.alaska.edu).
Un vulcano che ha già scritto la storia Le eruzioni documentate del
1953 e del
1992 sono scolpite nella rappresentazione geologica e sociale dell’Alaska. In entrambi i casi, il
Mount Spurr ha generato colonne eruttive alte fino a
20 chilometri, paralizzando il traffico aereo e distribuendo
6 millimetri di cenere vulcanica sulla città di
Anchorage. Oggi, quella stessa città è un
hub logistico globale, crocevia del
5 % del traffico aereo internazionale: un evento simile avrebbe conseguenze ben più complesse (Alaska Public Media, AP News).
Impatti meteorologici in tempo reale L’attività vulcanica non si limita a plasmare la Terra, ma modifica anche il
tempo atmosferico. Appena il pennacchio eruttivo si innalza, a seconda della sua densità ed estensione globale, la sua ombra riduce l’apporto di radiazione solare al suolo, causando un calo della temperatura locale compreso tra
1 e 3 °C. Allo stesso tempo, l’attrito tra le particelle cariche nella nube vulcanica genera
temporali con fulmini, fenomeni ben noti anche durante l’eruzione del
Fuego in
Guatemala nel
2024 (Cowboy State Daily, USGS). La
cenere fine, con diametri inferiori ai
100 micrometri, si disperde facilmente nell’aria, riducendo drasticamente la qualità dell’aria e causando problemi respiratori, soprattutto nelle fasce più vulnerabili della popolazione. L’impatto è talmente rapido da indurre la
chiusura immediata di scuole e l’intasamento delle strutture sanitarie locali.
Dalla nube al clima globale Se l’eruzione del
Mount Spurr dovesse raggiungere la
stratosfera, le sue conseguenze si rifletterebbero sul clima globale. Le emissioni di
SO₂ si ossiderebbero in
aerosol solfatici, capaci di riflettere la luce solare e raffreddare l’atmosfera. Basterebbero
1–2 teragrammi (Tg) di anidride solforosa per ridurre la temperatura media dell’emisfero boreale di
0,1 °C per circa un anno (ScienceDirect, pubs.rsc.org). L’esempio più celebre resta l’eruzione del
Pinatubo nel
1991, che con i suoi
10 Tg di SO₂ abbassò la temperatura globale di quasi
0,5 °C per più di un anno (SpringerLink). Non tutte le eruzioni però causano raffreddamento: quella del
Hunga Tonga nel
2022, con
146 megatonnellate di vapore acqueo, sembra aver contribuito a un leggero riscaldamento e all’indebolimento del vortice polare australe (SpringerLink).
Turbolenze atmosferiche e conseguenze economiche Gli
aerosol vulcanici modificano i
gradienti di pressione, influenzando i venti globali. Secondo simulazioni numeriche, un’eruzione con l’intensità del
Tambora ridurrebbe del
9 % la disponibilità di
energia eolica per almeno due anni, causando perdite economiche nell’ordine dei miliardi di euro (The Guardian). Il getto polare, alterato, potrebbe slittare di latitudine, portando
piogge monsoniche ridotte e
ondate di freddo inaspettate in aree temperate (Phys.org, SpringerLink).
Simulazioni e tecnologie per la sorveglianza Le proiezioni del
National Weather Service tramite il modello
WRF-Chem indicano che, in caso di eruzione, le ceneri raggiungerebbero
Anchorage in circa
quattro ore, spinte da venti sud-occidentali. Anche un’eruzione di
media entità, con emissioni di
0,2 Tg di SO₂, produrrebbe un raffreddamento locale di
0,2 °C e ridurrebbe la produzione di energia solare del
5 % durante l’estate successiva. Per far fronte a questo potenziale scenario,
AVO,
USGS e
FEMA stanno preparando piani di evacuazione per
30 000 residenti, installando
reti in fibra ottica nel manto nevoso per rilevare micro-variazioni termiche e sviluppando
sensori laser in grado di distinguere tra vapore acqueo e gas vulcanici in tempo reale. I nuovi
super-computer NOAA integrano i dati di sismicità, deformazione e composizione chimica per passare dalla previsione
reattiva a quella
probabilistica.
La Terra scrive il suo diario: noi dobbiamo saperlo leggere Il
Mount Spurr ci ricorda che, in un clima sempre più vulnerabile, anche un vulcano apparentemente remoto può diventare un
catalizzatore globale. Ogni sua attività è un capitolo del grande diario naturale della Terra. Le implicazioni non si limitano al rischio geologico, ma si estendono a settori vitali come l’
energia, l’
agricoltura e le
infrastrutture. Come ha detto il vulcanologo
Haraldur Sigurdsson, «studiare i vulcani è come leggere il diario più sincero del pianeta» – e oggi, ogni pagina nuova che si apre può cambiare il nostro domani.
Il grande vulcano si è risvegliato