10 cose a cui ho pensato dopo aver rivisto la prima puntata di True Detective

ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SUL PRIMO EPISODIO DI TRUE DETECTIVE Rivedere True Detective dopo più di dieci anni dalla sua uscita è un’esperienza che richiede un certo grado di attenzione e di preparazione emotiva, esattamente come la prima volta. Così mi sono presa il mio tempo, ho inserito il dvd nel lettore e, dopo le… Leggi di più »10 cose a cui ho pensato dopo aver rivisto la prima puntata di True Detective The post 10 cose a cui ho pensato dopo aver rivisto la prima puntata di True Detective appeared first on Hall of Series.

Apr 20, 2025 - 18:38
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10 cose a cui ho pensato dopo aver rivisto la prima puntata di True Detective

ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SUL PRIMO EPISODIO DI TRUE DETECTIVE

Rivedere True Detective dopo più di dieci anni dalla sua uscita è un’esperienza che richiede un certo grado di attenzione e di preparazione emotiva, esattamente come la prima volta. Così mi sono presa il mio tempo, ho inserito il dvd nel lettore e, dopo le prime immagini, ho percepito immediatamente le stesse sensazioni sublimi di bellezza e malessere. Due aggettivi dal significato contrastante ma entrambi perfettamente adeguati nel descrivere questa serie tv. True Detective infatti è una riflessione sull’imperfezione umana, sulla disarmonia della vita, sulle sue atrocità senza perdono. È una torta che a un primo sguardo tutti vorremmo mangiare, ma che ci riserva il gusto amaro e avvelenato dato dal suo ripieno invisibile. È spiazzante, persino scioccante, sia per la trama sia per il temperamento dei protagonisti, in particolare quello di Rustin “Rust” Cohle.

Dalla prima sequenza della prima puntata fino all’ultima scena, ci si sente appesi a un filo scivoloso del quale non si vedono le estremità. A tastoni si cerca con le mani un appiglio, un barlume di speranza e di ottimismo dentro a quel contesto opprimente. Mentre i volti degli attori scorrono davanti ai miei occhi uno dopo l’altro, mi sento fisicamente a casa, sul mio divano, ma emotivamente sono tra le strade della Louisiana, seduta sul sedile posteriore della macchina di Marty. E poi sotto una grande quercia in mezzo al nulla. L’ultima pianta sopravvissuta tra i latifondi di canna da zucchero, dove la storia ha avuto inizio.

Sono totalmente terrorizzata ma anche interessata e ipnotizzata da tutti questi stimoli. Ecco quindi 10 cose a cui ho pensato dopo aver rivisto la prima puntata di True Detective.

1) Marty e Rust sono un disegno in bianco e nero

Rust e Marty
Credits: HBO

Nel primo episodio Marty e Rust ci vengono presentati in tutta la loro sincera trasparenza e nel loro indubbio talento nel condurre un’indagine di omicidio, seppur con metodi differenti. E sappiamo che uno dei punti di forza di True Detective è rappresentato proprio dalle personalità divergenti dei due protagonisti. La loro diversità però non coincide solamente con le predisposizioni comportamentali scritte nel loro codice genetico. Non è solo DNA ma è anche la somma delle esperienze e delle casualità che hanno incontrato durante la loro vita. Il risultato di questa miscela esclusiva fatta di geni e avvenimenti più o meno accidentali, viene ulteriormente accentuato dall’ambiente in cui sono inseriti i due uomini e dalle luci che modellano i loro volti.

Marty viene ripreso all’interno di stanze luminose, dai toni caldi e morbidi, insieme alla sua famiglia e all’allegria delle sue due bambine. Nonostante il lavoro di detective abbia come scopo quello di svelare situazioni orribili e raccapriccianti, questo personaggio ha sempre un nido accogliente e una routine rassicurante dove poter tornare. La figura di Rust, al contrario, si muove nel buio, spesso di notte o in location ombrose, cupe, spigolose, che non lasciano spazio al respiro. È un uomo solo, privo di radici e di appartenenza a un luogo. Un apolide. Persino il suo appartamento è asettico, vuoto e triste come il suo inquilino. I due investigatori sono il chiaroscuro della serie: quando il bianco sfuma subentra il nero e viceversa. Non c’è un confine netto tra le due parti, proprio come non esiste tra il giorno e la notte.

2) Ho provato paura già dalla sequenza iniziale

Il primo episodio
Credits: HBO

La primissima scena di True Detective è notturna. Ricordate? In lontananza scorgiamo un campo abbandonato che sta prendendo fuoco mentre in primo piano un individuo cammina avvolto dall’oscurità. Non vediamo il suo volto né alcun segno particolare che possa aiutarci a identificarlo. È l’assassino? Probabilmente sì, ma ancora non ci è dato saperlo. Giustamente penserete che colei che sta scrivendo sia piuttosto impressionabile, perché concretamente durante questi minuti non accade niente di spaventoso o di violento. Tuttavia, sono l’atmosfera in penombra e i rumori di fondo a giocare brutti scherzi ai nostri sensi.

Il fruscio dei passi, il verso di un uccello notturno, il vento, il crepitio delle fiamme introducono lo spettatore nel luogo che poi ritroveremo negli episodi successivi. E proprio nel momento in cui la nostra curiosità vorrebbe sapere di più, il contesto cambia improvvisamente e ci troviamo di fronte alla faccia famigliare e un po’ assorta di Marty, seduto a una scrivania della stazione di polizia in cui lavora. È il 2012, ci troviamo nel presente della storia. Di quella figura immersa nella campagna sconfinata, invece, non sapremo più niente per tutto il resto della puntata. In fondo è questa la chiave che apre la porta della paura: non sapere con chi o con che cosa si ha a che fare.

3) Il senso di oppressione non è solo ambientale ma anche concettuale

Il primo episodio
Credits: HBO

Si potrebbe pensare che le riprese dall’alto degli spazi infiniti e silenziosi della Louisiana siano un mezzo con cui trovare un po’ di distensione tra gli avvenimenti angoscianti correlati all’indagine di True Detective. E invece no. La scelta del regista di dare importanza all’ambiente rurale non fa che accentuare il senso di desolazione e di inquietudine che proviamo durante la visione della serie. Persino lungo le strade principali, al posto di alberi in fiore, campeggiano dei cartelloni con annunci di persone scomparse. Ma se questa oppressione data da una realtà chiusa e misteriosa fosse causata da un sentimento collettivo più profondo? La Louisiana è una terra complicata, dal passato segnato dallo schiavismo e da contaminazioni culturali difficilmente conciliabili.

I due protagonisti così si trovano costretti a relazionarsi con una comunità ottusa, ignorante e rigorosamente religiosa. Non c’è tolleranza per idee alternative a quelle dominanti, ma solo una visione spaventosamente bigotta dell’esistenza. Questi concetti emergono chiaramente da una conversazione avvenuta all’interno della caserma di polizia tra Marty, Rust, il capo della sezione omicidi e il cugino del governatore dello Stato, un uomo viscidamente convinto di essere dalla parte del giusto. Anzi, di essere dalla parte dell’unica fazione possibile e accettabile, voluta da Dio. Ovviamente, come potrete intuire, Rust non viene accolto benevolmente dalla cittadinanza, semplicemente perché non è un tipo che vuole sottostare alle sue regole. E meno male – mi viene da aggiungere – perché il disprezzo tra il detective e il boss locale è reciproco, e noi non possiamo che schierarci con il nostro (anti) eroe preferito.

4) La prima vittima evoca la macabra rappresentazione di una baccante

Il primo episodio
Credits: HBO

La donna dai lunghi capelli arancioni, completamente nuda, legata ai piedi di un albero e con due corna di cervo posate sulla testa mi ha ricordato una versione più macabra, iperrealistica e tridimensionale di alcuni affreschi di età romana. Il soggetto ricorrente in molte di queste opere arrivate fino a noi è quello dei Baccanali, inizialmente feste orgiastiche del culto orfico-dionisiaco. Successivamente alla loro introduzione però queste cerimonie degenerarono in azioni immorali, illegali e delittuose. I rituali previsti in un Baccanale si svolgevano in segreto di notte ed erano proprio le donne (baccanti) le partecipanti principali, esclusivamente matrone onorate dalla società del tempo. Tuttavia, con l’ammissione degli uomini avvenuta in un secondo momento, il culto virò verso nefandezze di ogni sorta ed è per questo che i miei ricordi di ex-studentessa di archeologia si sono risvegliati nel vedere la scena del primo delitto di True Detective.

Osservando la vittima sembra di percepire una rilevante pulsione sessuale dietro alle mosse dell’assassino, unita a un rituale sicuramente non cristiano evidenziato dai simboli che la donna porta sul corpo e sparsi tutt’intorno a lei. C’è qualcosa di selvaggio e primordiale nel modo in cui ha agito il killer, soprattutto nella messa in scena della posizione del cadavere, creata con lo scopo di essere trovata e guardata da qualcuno. Naturalmente sappiamo che la serie non si è ispirata alle celebrazioni legate al dio Bacco ma esiste una sottile somiglianza tra i culti esoterici della santeria americana e quelli romani, che vengono evocati per la prima volta durante l’episodio pilota.

5) Il verde è il colore ricorrente

Il verde
Credits: HBO

Nel primo episodio di True Detective è abbastanza semplice per i nostri occhi notare la presenza del colore verde in oggetti della vita quotidiana e in alcune ambientazioni. La tazza di caffè e la sedia dell’ufficio di Rust, i tappi di alcuni barattoli nella cucina di Marty e di sua moglie, i broccoli, le pareti di alcune case. E poi ancora il tavolo da biliardo, il mobilio della centrale di polizia, il manubrio di una bicicletta. Questo colore quindi ha attirato l’attenzione di noi spettatori non solamente per la sua dominanza nelle vaste piantagioni di canna da zucchero e negli umidi bayou (ecosistemi tipici del Mississippi costituiti da distese paludose sviluppate tra i diversi bracci del fiume).

Non sappiamo con precisione se ci sia un significato simbolico dietro la scelta di inserire questo colore in tante situazioni diverse. Possiamo però fare delle ipotesi dedotte dalla nostra immaginazione. Mi viene da pensare, ad esempio, che il verde in tutte le sue sfumature sia una tinta a metà tra gli azzurri e i gialli, quindi tra freddo e caldo. Inoltre, è il complementare del rosso che, senza troppa fantasia, è un tono che di solito associamo al sangue, alla passione, agli istinti carnali. Il verde sembra invece l’esatto contrario. Un qualcosa che ci trasmette calma, riflessione, equilibrio, poiché lo colleghiamo inconsciamente alla Natura e ai suoi elementi. Sinceramente la prima volta che vidi la serie non ci feci caso, e voi?

6) Il primo monologo esistenziale di Rust è pessimistico o realistico?

Rust e Marty
Credits: HBO

Ci troviamo nell’automobile di Marty mentre il detective è alla guida. Accanto a lui, Rust osserva in silenzio il paesaggio al di là del finestrino. È in questa circostanza che ascoltiamo il primo vero monologo filosofico di Rust intriso di pessimismo cosmico, come dichiara lui stesso. In effetti, definire il nostro pianeta una cloaca che fluttua nello spazio non è certamente incoraggiante. Io credo però che dietro alle parole crude dell’investigatore ci sia un fondo di verità, di realismo mascherato dalla forma con cui vengono spiegate le opinioni di Rust sul mondo. Per dirla più chiaramente: alcuni concetti sono realistici ma è il modo in cui vengono espressi a farli sembrare pessimistici.

Il protagonista di True Detective parla di coscienza umana come passo falso dell’evoluzione, perché la consapevolezza della nostra esistenza è qualcosa che va contro le leggi della natura. E questo è un errore che ha permesso alla nostra specie di credere di essere importante, quando in realtà siamo una piccola parte insignificante all’interno della lunghissima vita dell’Universo. Bè, penso che queste idee possano essere condivisibili almeno per coloro che, come me, non sono sostenitori di una visione antropocentrica del mondo. Ma al di là dei nostri pareri personali, tramite il monologo di Rust impariamo a conoscere le prime sfumature di questo personaggio unico nella sua sofferenza così esplicita, che vedremo ampiamente sviluppata negli episodi successivi della serie.

7) La vera colonna sonora è il silenzio

Rust
Credits: HBO

Quando fruiamo di una serie tv o di un film la colonna sonora è parte integrante dell’opera stessa, tanto da avere una propria categoria alla premiazione degli Oscar. Ci sono melodie o canzoni diventate iconiche con il passare del tempo, basti pensare a prodotti come Peaky Blinders o Twin Peaks, in cui un preciso motivo musicale può essere collegato a un determinato personaggio o a una situazione. Di True Detective, invece, non abbiamo un ricordo particolarmente incisivo della sua colonna sonora. O almeno, non esiste nulla di iconico durante la prima puntata della serie.

Ciò che si fa davvero sentire sono i silenzi. Lunghi, a volte. Sospesi e carichi di tensione, come tra Marty e Rust. Oppure isolati e alienanti, quando quest’ultimo si immerge nelle sue riflessioni o è impegnato a disegnare sul suo taccuino. Con il secondo rewatch ho pensato che l’idea di portare il silenzio a un livello più importante del sonoro sia stata perfetta. L’inserimento di suoni o brani musicali avrebbe rovinato l’atmosfera ovattata del luogo, della crudezza dei crimini commessi. Avrebbe persino stonato con l’indole taciturna di Rust. La melodia personale di questo detective è il silenzio in tutte le sue forme. Non poteva essere altro, perché anche l’assenza di rumori può comunicare un’emozione o un messaggio allo spettatore. Personalmente ho provato malinconia, concentrazione e paura, come se quel silenzio rappresentasse l’anticamera di un futuro impetuoso, violento e inevitabile.

8) Vorrei vedere ancora una volta Matthew McConaughey e Woody Harrelson nei panni di Rust e Marty

I protagonisti
Credits: HBO

Come saprete, le tre stagioni di True Detective seguite alla prima hanno come protagonisti altre ambientazioni e altri attori, da Colin Farrell a Jodie Foster. Nulla da dire sulla qualità e sulle performance di questi grandi artisti, però per quanto mi riguarda questa serie tv avrà sempre i volti di Matthew e Woody. Di Rust e Marty. La coppia merita un plauso per l’interpretazione e per lo strano cameratismo creatosi tra i loro personaggi, che viene delineandosi puntata dopo puntata. La simpatia tra i due uomini non è immediata, eppure l’alternanza tra tempo presente e flashback ci mostra che qualcosa è cambiato. Durante l’intervista nel primo episodio Marty protegge Rust, spende buone parole per le sue capacità professionali, prova rispetto.

Quest’ultimo a sua volta ha bisogno di una costante, di un punto di riferimento apparentemente fermo e immutabile. Il conservatorismo di Marty, il suo essere il borghese medio che non si pone domande e che ha come unico scopo la triade carriera, famiglia, religione, rappresenta tutto ciò che manca a Rust. Da un lato quindi abbiamo Matthew McConaughey, che abbandona il ruolo da sex symbol di alcuni film hollywoodiani per vestire i panni di un personaggio affascinante e indimenticabile. Dall’altro lato c’è Woody Harrelson, noto per aver recitato in pellicole d’autore come La sottile linea rossa di Terence Malick, e che nella serie riesce a interpretare un uomo comune tramite una prestazione attoriale non comune. Insomma, so che anche voi vorreste vederli ancora insieme.

9) La curiosità nello sbirciare tra le pagine del taccuino di Rust

Rust
Credits: HBO

Alcuni detective delle serie tv portano con sé degli oggetti di uso comune dai quali non si separano mai. Il taccuino da disegno di Rust rientra perfettamente in questa categoria e mentre assistevo agli eventi del primo episodio, la mia attenzione era tutta rivolta verso quel quaderno dalla copertina nera. Ogni volta che Rust lo teneva tra le mani, sfogliandolo con espressione assorta, mi sembrava di sbirciare all’interno di qualcosa che andava al di là del semplice tratto a penna. Quelle pagine racchiudevano indubbiamente i dettagli della scena dell’omicidio raffigurati abilmente dal detective, ma erano anche una proiezione cartacea della mente e dei suoi percorsi indecifrabili.

Il taccuino di Rust è un diario visivo del suo viaggio dentro le azioni paludose e distorte compiute dal killer. I disegni raffigurano gli indizi. Sono tracce d’inchiostro disseminate su dei fogli che messe insieme hanno una loro coerenza e creano un linguaggio che ha senso, se non altro per l’assassino. Il quaderno contiene anche alcuni appunti scritti a mano dal detective che però non vengono mai ripresi in primo piano. Ed ecco che la mia curiosità si accende ancor di più e le congetture diventano via via sempre più numerose. In questa prima puntata della serie possiamo solo affidarci alla nostra libera immaginazione, poiché non ci viene mostrato nient’altro. E questo è un bell’espediente registico che invoglia lo spettatore a proseguire nella visione, perennemente con il fiato in gola.

10) Una sigaretta, una birra, una pastiglia e poi un’altra sigaretta

Rust Cohle
Credits: HBO

Poco prima di recarsi a cena a casa di Marty, Rust si è ubriacato in un locale e si sente mortificato con il collega per aver ceduto alla tentazione. “Me ne stavo seduto lì e non ho trovato un motivo per non bere…di solito lo trovo”. Queste sono le parole con cui il detective prova a scusarsi mentre Marty gli offre una tazza di caffè per superare la sbornia. Nella scena successiva ritorniamo nel presente. È il 2012 e i due protagonisti vengono interrogati sul caso di omicidio sul quale avevano indagato anni prima. Rust è seduto a un tavolo, in una stanza separata rispetto a quella dove sta Marty. Fuma, chiede una birra, fuma di nuovo, beve da una fiaschetta contenente un superalcolico.

Tra gli innumerevoli spunti di riflessione che la scrittura di True Detective ha donato a noi spettatori c’è anche quello inerente alle dipendenze. Non solo Rust, ma anche Marty durante l’intervista prende una pastiglia che ingerisce insieme a un sorso di caffè. Dal suo monologo scopriamo con tristezza che i due uomini non si parlano da dieci anni e che, al di là delle parole, c’è qualcosa che è sfuggito al loro controllo.

Una sorta di trascuratezza, come se tutto fosse andato in malora e come se l’unica consolazione rimasta risiedesse in un pacchetto di sigarette o in una bottiglia di alcol. Se li si osserva attentamente lo si nota, nelle espressioni come nei gesti. Ma cos’è successo? Perché Rust sembra trovarsi in una condizione persino peggiore di quella di partenza? Le risposte naturalmente ci verranno date nelle sette puntate rimanenti, che non vedo l’ora di poter guardare ancora una volta.

True Detective – La persistenza della memoria

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