The Handmaid’s Tale 6×07 – Aspettavamo la svolta, ma la svolta non è arrivata

E anche per questa puntata la rivoluzione in The Handmaid’s Tale arriva nella prossima. L’attesa sta cominciando a farsi estenuante ma la stagione finale ci sta regalando anche momenti emozionanti e svolte narrative clamorose. Una delle più significative l’avevamo già intravista nella puntata precedente: la chiusura dei legami sentimentali di June, sia quello con Nick… Leggi di più »The Handmaid’s Tale 6×07 – Aspettavamo la svolta, ma la svolta non è arrivata The post The Handmaid’s Tale 6×07 – Aspettavamo la svolta, ma la svolta non è arrivata appeared first on Hall of Series.

May 6, 2025 - 19:28
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The Handmaid’s Tale 6×07 – Aspettavamo la svolta, ma la svolta non è arrivata

E anche per questa puntata la rivoluzione in The Handmaid’s Tale arriva nella prossima. L’attesa sta cominciando a farsi estenuante ma la stagione finale ci sta regalando anche momenti emozionanti e svolte narrative clamorose.

Una delle più significative l’avevamo già intravista nella puntata precedente: la chiusura dei legami sentimentali di June, sia quello con Nick che con suo marito Luke. Fa male, eppure è giusto così. June ormai ha solo una missione: distruggere Gilead e “tutti i maledetti bastardi”, come ribadisce nell’infuocata preghiera che rivolge a Dio negli ultimi istanti della puntata. Non ha più bisogno di altri legami che non siano quelli della sorellanza: con Moira, innanzitutto, sempre dalla sua parte, con cui riesce persino a scherzare nel momento più nero, con Janine, con le ancelle scelte per portare morte e distruzione a Gilead, con sua figlia.

Nick e June hanno un rabbioso confronto: dopo la parentesi emotiva della scorsa puntata, in cui il giovane comandante sragionava di portarla a Parigi, di fuggire con lei come fossero due adolescenti, rivediamo il Nick cinico, scaltro, calcolatore. Il Nick che non guarda in faccia nessuno, a cui non importa niente di fare la cosa giusta, se non può avere ciò che vuole (cioè June). Un uomo adulto ma ancora bloccato nella fase dell’adolescenza in cui sono centrali solo i propri bisogni, in cui se non può avere ciò che vuole, tanto vale che muoia Sansone con tutti i filistei.

Non è facile per June lasciare andare Nick, così come non è facile il confronto che ha con Luke. Ma questo è il tempo della chiarezza, non c’è più spazio per le illusioni. 

June e Nick hanno finalmente la forza di ammettere di essere rimasti insieme solo perché spinti dalla comune speranza di rivedere la figlia. Una speranza che continua ad affievolirsi, così come la loro intesa. Luke ha superato da tempo la fase in cui sentirsi dispiaciuto per la moglie, in cui ingoiare la rabbia e la frustrazione di vederla struggersi per Nick, e questo intruglio di sentimenti hanno dato il colpo di grazia a un rapporto già incrinato dalla distanza, dal tempo e dall’amore per un altro.

Il tempo della rivoluzione è impietoso ed esige chiarezza: è struggente vedere June perdere gli ultimi appigli che la tenevano ancorata alla speranza di poter ricostruire la sua famiglia, ma chi non ha niente da perdere è capace di tutto. Ed è ciò che aspettiamo da sei stagioni, e che vedremo concretizzarsi nella prossima puntata di The Handmaid’s Tale (si spera: questa lunga attesa sta diventando più straziante di vedere June rompere con gli uomini della sua vita nel giro di un episodio).

La sorellanza, dunque, è il legame che tiene June ancorata ancora alla speranza di potersi rendere utile, di poter dare un senso alla sua vita e alla sua missione, come le ricorda un impietoso Lawrence, sempre molto abile nel manipolare la donna gettando benzina sul fuoco.

Janine è ancora viva. Salvata solo per essere condannata a un destino peggiore della morte. Ma se anche solo una delle ancelle e delle donne a cui Gilead ha distrutto la vita è rimasta viva, vale la pena lottare. E né June né Moira se lo fanno ripetere. Ad aiutarle, e questo è il grande colpo di scena di questa puntata, una Zia che lavora per la resistenza al centro rosso.

Una figura che (ATTENZIONE: SPOILER DE “I TESTAMENTI”) ingloba la Lydia di questa ultima stagione, un personaggio in transizione verso quello che conosceremo nel seguito di The Handmaid’s Tale. Uno stratagemma narrativo necessario, anche perché non abbiamo mai visto una Zia Lydia più in difficoltà di così. Continuamente strattonata, manipolata, ridotta a un essere piccolo piccolo, buttata giù dal suo piedistallo dal quale incuteva terrore a tutti e tutte a Gilead. Un personaggio che, al momento, è ancora troppo lontano da quello che conosceremo nei Testamenti. Sembra che gli sceneggiatori abbiano voluto mostrarci un’anticipazione della Lydia che sarà attraverso questa Zia che lavora per la resistenza. La speranza è che questo personaggio, insieme a quello di Janine, siano il motore per la rivoluzione ideologica che la spingerà a diventare il motore attivo della resistenza dall’interno (FINE SPOILER). 

Janine si riconferma la figura più tragica in assoluto di The Handmaid’s Tale.

Un personaggio che non vede più alcuna possibilità di salvezza e che desidererebbe solo morire. Eppure, ogni volta che sembra che per lei sia arrivata la fine, che non possa andare peggio di così, qualcosa la trascina ancora più in basso. Le mani sudicie del comandante Bell e di sua moglie, quelle untuose e falsamente premurose di Zia Lydia, quelle ormai impotenti di Lawrence. La speranza che possa partecipare al piano del Mayday è debole, ma darebbe un senso al suo trascinarsi, ormai senza speranza, verso una fine che per lei sarebbe solo una liberazione. Perché se il suo scopo è ormai solo essere la leva motivazionale di altri (June, Moira, Lawrence, Zia Lydia), tanto vale far morire Sansone con tutti i filistei.

Il momento della rivoluzione esige chiarezza e onestà: e Serena continua, dalla sua torre d’avorio la cui cima le appare sempre più vicina, a raccontarsi favole. Fiabe in cui regnerà su Gilead, in cui a Nuova Betlemme sorgerà una biblioteca con il suo nome e quello del marito scritto sopra, in cui le sua voce sarà ascoltata perché lei è Serena Joy, e non perché lei sta per diventare Serena Joy Wharton. La gentilezza del suo futuro marito è una trappola non meno letale della brutalità di Fred, così come la maschera di diplomazia delle mogli, ed entrambe hanno un solo scopo: rimetterla al suo posto, l’unico posto che le donne potranno mai avere a Gilead: dietro a un uomo. E in silenzio. 

Il suo afflato riformista è talmente ingenuo da sembrare quasi commovente: “E voi cosa pensate?”, chiede alla schiera di donne vestite di verde, ormai disabituate all’idea di avere un cervello popolato di parole. Serena è sempre stata un’idealista, anche nei suoi momenti più bui: ma gli ideali sono come il sole d’estate al tramonto, ti accecano impedendoti di vedere l’orizzonte. E l’orizzonte è la rivoluzione, che non ti racconta le storie ma ti dà pugni in faccia, che si staglia impietoso davanti a te e sembra non farsi mai raggiungere. Ma non ti mente, non ti racconta le storie e non ti abbaglia. 

Nell’orizzonte di The Handmaid’s Tale c’è un sole che tramonta sugli ideali, bello come quello che Serena guarda sognante dalla sua casa a Nuova Betlemme. Un sole che sorgerà su un matrimonio di sangue, trasmesso in diretta come il più cinico dei telegiornali. E noi non vediamo l’ora di accomodarci e goderci il sorgere della rivoluzione: che, come l’orizzonte, questa serie sta continuando a spostare sempre più in là, giocando con la nostra pazienza, ma sappiamo che c’è. E che prima o poi ci arriveremo. 

The Handmaid’s Tale 6×06 – Sta per arrivare il (vero) momento della rivoluzione

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