Marco Mengoni: “Sto lavorando per essere pronto, anche emotivamente. Sanremo? Forse nel 2033”
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Marco Mengoni si racconta in un’intervista a Vanity Fair, in un momento delicato della sua vita privata e di grandi progetti artistici. Dopo un lungo percorso di trasformazione personale, segnato dalla perdita della madre, l’artista si prepara a tornare in scena. E forse, anche a Sanremo.
«Sto lavorando per essere pronto, pure emotivamente. Non è facile, perché l’emotività è il mio pregio e insieme il mio difetto, fatico a frenarla», confessa Mengoni. L’emozione, per lui, è motore e ostacolo. «Cerco di concentrarmi su quello che accadrà negli stadi. Ho scelto di misurarmi con un progetto “audace”». Il tour in partenza non è solo un impegno musicale, ma una dichiarazione d’intenti: «Mi prendo la responsabilità di ogni scelta, dal numero di luci sul palco al materiale dei vestiti dei performer. Ho in testa un’idea precisa: far tuffare il pop – sono un cantante popolare e ne vado fiero – nell’opera».
Un nuovo inizio, dunque, che per Mengoni passa anche per l’Europa. Dopo gli stadi italiani, lo attende un tour internazionale. «Esibirmi all’estero mi pare normale: non credo nei confini, nelle dogane che bloccano. L’Italia è in Europa e io sono un italiano europeo, un ipereuropeo». Ed è proprio nel contesto europeo che Marco ha compiuto uno dei suoi gesti più simbolici: all’Eurovision 2023 ha nascosto la bandiera arcobaleno dell’inclusività all’interno del Tricolore italiano, in segno di protesta contro le limitazioni imposte. «Sono felice e orgoglioso del mio gesto: non devono essere ammessi limiti all’amore, alle emozioni, ai diritti umani».
Nel presente di Mengoni, però, si fa sentire anche il peso della perdita: la scomparsa della madre, figura centrale nella sua vita. Un dolore ancora vivo, che si intreccia con la necessità di ritrovare equilibrio e senso. «È stato un processo di decostruzione per ricostruire, come del resto capita alla società. Scavare, levare le macerie, riassestare ciò che resta e partire di nuovo».
E poi c’è Sanremo. Dopo le vittorie del 2013 e del 2023, Mengoni riflette sulla possibilità di tornare. «Se mantenessi l’abitudine di ripetere l’esperienza ogni dieci anni, rivedrei l’Ariston nel 2033», scherza. Anche se un segno, forse, è già arrivato: «Di recente si è staccata la targhetta del premio del 2013: vorrà dire qualcosa? Sì, continuo a tenerlo in bagno: mi piace lì».
Il legame con il Festival non è solo artistico, ma anche etico. Nel 2023 ha dedicato la vittoria alle «donne meravigliose in gara» che non erano sul podio, una dinamica che si è ripetuta nel 2024. «Non che ci dovessero essere tipo delle quote rosa: io ero convinto che quello di Madame, per esempio, fosse un pezzo della Madonna», dice, puntando il dito sul sistema di voto del Festival. «Vorrei proporre un’aggiunta: accanto a sala stampa, radio e televoto, l’Academy. Come succede per i David di Donatello. Chiunque sale sul podio, ma anche chi vince i premi della critica, esprime le sue preferenze. Musicisti che, edizione dopo edizione, votano musicisti».
Marco Mengoni è pronto, forse più di quanto creda. Tra stadi, riflessioni sociali, ricordi familiari e nuove proposte per cambiare Sanremo, il suo ritorno sembra inevitabile. Magari non nel 2033, ma molto prima.
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