Intervista a Jany McPherson: “La musica è li fuori, intorno a noi, nell’ universo”
Il 19 aprile la pianista, cantante e compositrice cubana JANY McPHERSON si esibirà per la prima volta in un doppio set al Blue Note di Milano L'articolo Intervista a Jany McPherson: “La musica è li fuori, intorno a noi, nell’ universo” proviene da imusicfun.

Il 19 aprile la pianista, cantante e compositrice cubana JANY McPHERSON si esibirà per la prima volta in un doppio set, alle ore 20.30 e alle ore 23.00, al Blue Note di Milano (via Pietro Borsieri, 37).
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L’artista cubana suonerà dal vivo i brani del suo nuovo album “A Long Way“ (Glider Media Group Ltd. – https://bfan.link/a-long-way), oltre a pezzi tratti dal precedente “Solo Piano!“ (Glider Media Group Ltd.), nominato al Cubadisco International 2024 e proporrà alcune rivisitazioni personali di grandi standard internazionali. Ad accompagnarla sul palco, Luca Bulgarelli al contrabbasso e Amedeo Ariano alla batteria. Biglietti disponibili sul sito ufficiale del Blue Note (Set delle ore 20.30: www.bluenotemilano.com/evento/concerto-jany-mcpherson-trio-19-aprile-2025-milano/; Set delle ore 23.00: www.bluenotemilano.com/evento/concerto-jany-mcpherson-trio-19-aprile-2025-milano-2-set/).
Jany McPherson si sta rapidamente imponendo sulla scena jazz internazionale, al punto da collaborare con artisti del calibro di John McLaughlin che, nell’estate del 2022 l’ha invitata come “Special Guest” in alcune prestigiose manifestazioni come Festival come North Sea Jazz e Montreux Jazz. Colpito dal suo talento, McLaughlin l’ha poi voluta in pianta stabile nel John McLaughlin Quintet, come pianista e cantante, per tutti i concerti del suo “The Liberation Tour” (https://www.youtube.com/watch?v=y29ZarFamfM), e ha suonato in “Tú y yo”, una traccia dell’ultimo album dell’artista cubana.
L’innato senso ritmico derivato dalla sua terra natia, la profonda e toccante intensità interpretativa delle sue ballad, l’aspetto melodico sempre in primo piano, la capacità di rendere ogni brano facilmente memorabile, gli inaspettati cambi di atmosfera e le travolgenti progressioni armoniche e melodiche della sua musica, ricca di sfumature e di una gamma cromatica unica, insieme all’originalità del fraseggio e del linguaggio improvvisativo, definiscono l’unicità e la riconoscibilità del suo stile pianistico e compositivo, capace di catturare l’essenza delle sue origini senza mai cadere in cliché o stereotipi.
Intervista a Jany McPherson
Il Blue Note è un luogo iconico per il jazz. Che emozione provi nel suonare qui per la prima volta con il tuo progetto?
Al Blue Note di Milano qualche tempo fa ho assistito a un concerto di Kurt Elling, che ammiro molto da sempre. Tornarci e salire sullo stesso palco per presentare la mia musica mi rende davvero molto felice.
Il 19 aprile ti esibirai in un doppio set. Come hai costruito la scaletta e cosa possono aspettarsi gli spettatori da questa serata?
Proporrò brani originali del mio nuovo album “A Long Way”, del mio precedente “Solo Piano!” e alcune rivisitazioni personali dei grandi standard del songbook internazionale. Chi viene ad un mio concerto non deve aspettarsi di ascoltare salsa o musica tradizionale cubana. Sono cubana è vero e nella mia musica Cuba è spesso presente, ma non è rappresentata dal solito cliché. La mia musica è piena di influenze jazz, ritmi dell’America Latina e musica classica europea. Questo mix mi ha sempre accompagnato e continua a nutrire le mie radici cubane.
Suonerai dal vivo il tuo ultimo album “A Long Way”. Quale brano senti più vicino al tuo percorso attuale e perché?
È difficile indicarti un solo brano. Questo nuovo disco ha cambiato definitivamente il mio percorso musicale e mi sento molto legata ad ogni mia composizione. Ognuno di questi brani è unico e racconta una storia tutta sua. Ma se devo proprio indicartelo direi che è “Fire In My Hands”: riassume molto bene l’essenza di tutto il disco e l’ispirazione che ho provato durante il processo creativo. Ha anche il merito di avermi fatto scoprire il potenziale compositivo che era in me e di cui fino a poco tempo fa non ero molto consapevole.
Sarai accompagnata da Luca Bulgarelli al contrabbasso e Amedeo Ariano alla batteria. Com’è nata questa collaborazione e cosa apprezzi di più nel suonare con loro?
MI sono stati suggeriti dal mio produttore Gianluca di Furia, storico produttore anche di Sergio Cammariere. Per lui, a suo tempo, mise in piedi una band inserendo proprio Luca ed Amedeo, che ancora oggi sono la ritmica di Sergio. Grazie alla loro vasta esperienza e sensibilità, oggi collaborano anche con molti artisti italiani e internazionali. Mi piace la disponibilità che mostrano verso il mio repertorio al quale ognuno di loro apporta la propria musicalità e il proprio modo di interpretare ogni brano.
Il jazz è spesso una musica di connessione e improvvisazione. Quanto spazio lasci all’improvvisazione nei tuoi concerti?
Sebbene la mia musica sia scritta e i brani abbiano una struttura chiara e precisa, in ognuno di loro c’è spazio per l’improvvisazione, anche se intesa sempre al servizio del tema, della melodia. Quindi nei miei concerti l’improvvisazione è sempre presente, ma è più contenuta, quasi in secondo piano, senza però perdere la sua importanza.
Il tuo stile è un mix unico di influenze cubane e jazz internazionale. Come descriveresti l’essenza della tua musica?
In poche parole è “Musica dell’anima, per l’anima”. Vedi, la musica è li fuori, intorno a noi, nell’universo. Quando mi siedo al piano io divento solo un tramite tra lei e chi poi la ascolterà, sia su disco che dal vivo. Io non faccio altro che filtrarla con la mia sensibilità.
Il tuo album “Solo Piano!” è stato nominato al “Cubadisco International 2024”. Quanto è importante per te questo riconoscimento?
I riconoscimenti sono sempre importanti, ma se viene dal tuo paese, Cuba, ha un sapore speciale. Anche perché “Solo Piano!” è stata per me una vera sfida. Questo disco segna una nuova fase nella mia vita artistica. Così come l’incontro con il mio produttore e manager Gianluca di Furia. Lui ha voluto fortemente che il primo disco della nostra collaborazione fosse un album originale di piano solo, per focalizzare l’attenzione sul mio pianismo e sull’aspetto compositivo. Una grande responsabilità per me. Questa è stata la terza nomination al Cubadisco, preceduta da due nomination consecutive nel 2013-2014 con i dischi “Tres Almas” e “Blues Side Live”.
In passato hai collaborato con Buena Vista Social Club, Omara Portuondo, Alain Pérez e molti altri. C’è un artista che ha segnato particolarmente il tuo percorso?
Sono stati molti gli artisti che mi hanno influenzato in tutti questi anni. Tra questi mi ha insegnato molto Alaín Pérez, con il quale ho avuto la fortuna di suonare quando eravamo entrambi studenti della Scuola Nazionale d’Arte dell’Avana. A quel tempo ero la pianista del suo gruppo e quella è stata per me una grande scuola che vive ancora in me.
John McLaughlin ti ha voluta nel suo quintetto per il “Liberation Tour”. Com’è stata l’esperienza di lavorare con lui?
Lavorare con John è un dono della Provvidenza, quindi l’esperienza si avvicina molto alla sensazione di essere in paradiso. Prima del “Liberation Tour”, John mi aveva già invitato come sua “special guest” nel suo tour estivo del 2022. Quella è stata la prima volta e ho ricordi straordinari, tra tutti il concerto al Montreux Jazz Festival. È stato spettacolare per l’intensità e l’atmosfera che si è creata sul palco e con il pubblico. È molto probabile che presto vedremo l’uscita di un disco live di quel concerto. Poi è arrivata la registrazione di “A Long Way” ed è stato naturale invitare John nel mio territorio musicale. Ha interpretato una delle mie composizioni “Tú y Yo”, un tema a cui sono particolarmente affezionata. Nel “Liberation Tour” ero già parte integrante della formazione ed è molto emozionante e stimolante realizzare che sei sul palco con John McLaughlin e che i tuoi compagni di viaggio sono Etienne Mbappé, Gary Husband e Rangit Barot. Sei su un altro livello e ti dico che, per momenti come quelli, è valsa la pena nascere artista.
Quali sono le sfide e le soddisfazioni di essere una pianista jazz e compositrice nel panorama musicale di oggi?
Nel mio caso sono più le soddisfazioni che le sfide. Il jazz è stato ed è tuttora un genere musicale prevalentemente maschile, quindi il fatto di poter portare la mia musica in tutto il mondo essendo donna contribuisce all’apertura di questo spazio per le donne. Non mi considero una pianista jazz. Sono una pianista, cantante e compositrice che ha avuto la fortuna di essere influenzata dal jazz fin dalla più tenera età. Ma nel mio stile pianistico, nelle mie composizioni, nel mio modo di cantare, c’è una vasta gamma di sfumature, di cui il jazz colora una buona parte.
Dopo Milano, hai in programma altri concerti o nuovi progetti discografici in arrivo?
Sì, c’è una stagione estiva piena di festival importanti. A maggio invece farò un concerto a Montecarlo con John McLaughlin e poi sarò nel cartellone del Summer Festival alla Casa del Jazz di Roma, tornerò all’ Auditorium Parco della Musica. Per un nuovo album bisognerà aspettare.
Nel tuo repertorio proponi anche rivisitazioni di standard internazionali. C’è un brano che ami reinterpretare e che non manca mai nei tuoi live?
Adoro rivisitare i classici. Questi brani hanno un fascino senza tempo e mi piace molto l’idea di mettermi al servizio di questa musica. Uno di questi brani è “Maybe You’ll be There” di Rube Bloom e Sammy Gallop.
Il jazz è una musica in continua evoluzione. Secondo te, dove sta andando il jazz contemporaneo e come ti vedi in questo scenario?
È difficile dirti dove si stia dirigendo il jazz contemporaneo in questo momento. Come hai detto bene, questa musica è in continua evoluzione e non possiamo prevederne il futuro. Ma continuano ad arrivare musicisti che con il loro talento nutrono il panorama del jazz contemporaneo. È il caso di Tigran Hamasyan, Kamasi Washington, Nubya Garcia o ancora Esperanza Spalding. Il mio percorso musicale è un mix di molti stili, quindi di solito non mi colloco in un panorama jazz contemporaneo se parliamo di jazz contemporaneo come genere musicale. Continuerò a comporre musica lasciandomi sempre guidare dall’ispirazione. Chissà, forse alla fine sarà un intero repertorio di jazz contemporaneo.
Hai suonato in festival e teatri in tutto il mondo. C’è un luogo o un pubblico che ti ha colpito particolarmente?
Ho quasi sempre avuto la fortuna di incontrare un pubblico che apprezza il mio repertorio. Tra i ricordi particolari di profonda emozione e connessione con il pubblico, c’è stato l’Auditorium del Museo di Grenoble (Francia) in occasione del Grenoble Jazz Festival nell’ottobre 2024, e i due concerti alla Casa del Jazz di Roma lo scorso febbraio.
Infine, per chi si avvicina per la prima volta alla tua musica, quale brano consiglieresti per iniziare a conoscerti?
Se è la prima volta che si avvicina alla mia musica, gli suggerisco di ascoltare “Fire in my Hands”: il brano più adatto per capire la mia musica e avere voglia di continuare a scoprirla e ascoltarla.
L'articolo Intervista a Jany McPherson: “La musica è li fuori, intorno a noi, nell’ universo” proviene da imusicfun.