Alpinismo “plaisir” sulla Nord del Camicia? La lezione di Domenico Totani e Pierluigi Carducci
La parete più severa del Gran Sasso, soprattutto in condizioni invernali, è da sempre avvolta da un’aura di mistero e minaccia. I due alpinisti dell’Aquila, l’8 e il 9 aprile, l’hanno salita serenamente. Aprendo una variante “patagonica” di 300 metri L'articolo Alpinismo “plaisir” sulla Nord del Camicia? La lezione di Domenico Totani e Pierluigi Carducci proviene da Montagna.TV.


Trentasette anni fa, una cordata di alpinisti ascolani si avventura sulla parete Nord del Camicia, il “piccolo Eiger” dell’Appennino abruzzese. Quattordici anni prima, negli ultimi giorni del 1974, la prima invernale della muraglia si è conclusa in maniera dolorosa. Piergiorgio De Paulis è precipitato dalla parete, Domenico “Mimì” Alessandri è uscito da solo, Carlo Leone, ferito, è stato salvato da un elicottero.
Nell’inverno del 1988, la seconda invernale di Tiziano Cantalamessa e Franchino Franceschi si svolge senza problemi. Tiziano ha alle spalle molte imprese sul ghiaccio e sul misto del Paretone del Corno Grande, il suo compagno di cordata impara in fretta. Una splendida foto scattata da Franchino mostra l’amico sull’aerea traversata che consente di uscire dalla parte inferiore della Nord. La neve è quasi verticale, ma Cantalamessa ha l’aria del padrone di casa.
L’8 aprile scorso, martedì, le condizioni sono molto diverse. Il sole della primavera ha pulito la parte bassa della parete, delle nevicate copiose hanno “caricato” i canali di uscita e creato delle cornici minacciose. Quando Pierluigi Carducci, “Serpentello” per gli amici, si avventura sulla grande traversata incontra un misto insidioso, ma passa rapidamente e senza problemi. “Sei bravissimo!” gli grida Domenico Totani, che lo assicura da un’aerea forcella. “Questo è il traverso del grande Tiziano” continua.
Totani, 36 anni, guida alpina e medico, è uno degli alpinisti più qualificati dell’Abruzzo, e ha alle spalle una salita del Cerro Torre. Carducci, che di anni ne ha 25, è un “bocia” di assoluto talento. Nel raccontare la sua salita dei giorni scorsi, Domenico cita più volte per nome gli alpinisti che prima di lui si sono cimentati sulla Nord incrostata di neve e di ghiaccio.
Se il traverso è certamente “di Tiziano”, la crestina di uscita è “di Mimì”, perché da lì è passato Alessandri, cinquant’anni fa, nella sua drammatica uscita solitaria dalla parete, con in mano soltanto una piccozza tradizionale e un pugnale da ghiaccio. Più volte, nel suo racconto, Domenico racconta di aver seguito “le tracce di Andrea”. Parla di Di Donato, un altro forte alpinista abruzzese, che nel 2008 ha compiuto la prima invernale solitaria della Nord.
“Nel 2008 avevo iniziato ad arrampicare da poco, ho capito solo qualche anno più tardi l’importanza di ciò che aveva fatto Andrea quel giorno. Poi ho fatto un sopralluogo invernale, ma mi sono fermato lì. Certo, l’idea di salire il Camicia in queste condizioni mi affascinava”, racconta Domenico Totani una settimana dopo la sua salita.
“Lunedì 7 aprile sono andato con sci e pelli di foca sul Monte Cristo, sul versante aquilano del Gran Sasso. Ho trovato neve ghiacciata, ho pensato che a nord sarebbe stata ancora migliore. Avevo due giorni liberi, ho chiamato Pierluigi e la mattina dopo siamo andati. Partendo con calma, con la luce, per vedere dove ci stavamo andando a cacciare”.
Dal Fondo della Salsa, l’imbuto ai piedi della Nord del Camicia, i due alpinisti aquilani attaccano slegati, superando con piccozze e ramponi i “prati verticali” della parte inferiore della parete, dove sarebbe comunque impossibile assicurarsi. Più in alto si legano in cordata, e continuano superando dei passaggi più ripidi e tecnici.
Secondo Totani qui “la via è più logica di quel che si sente e si legge”, e “qualche chiodo e un vecchissimo spit confermano di essere sulla via giusta”. Qua e là, come ai piedi di un diedro di roccia marcia, dove spicca un altro chiodo, le condizioni invernali consentono di passare più a sinistra, con più sicurezza, su neve e ghiaccio”. Poi, da un evidente forcellino, Pierluigi supera da primo e in bello stile il celebre “traverso di Tiziano”.
Al termine della traversata la Nord del Camicia si corica, e forma una serie di canali separati da spigoli di roccia migliore. Totani e Carducci si slegano, proseguono a tutta birra verso l’alto, poi la neve dura che regge perfettamente i ramponi lascia il posto a una crosta dove si inizia a sfondare. La nebbia va e viene, ma guardando verso l’alto si intuiscono degli ammassi potenzialmente pericolosi.
“Avevo sottovalutato l’uscita, e quando arrivi in quel punto ti senti in una specie di trappolone”, racconta con un sorriso Domenico. “Siamo andati a destra per una rigola che più in alto si è persa, abbiamo continuato con pendenze e difficoltà via via più sostenute, in condizioni patagoniche. Speravamo ancora di uscire in giornata, ma su un diedro marcissimo, al buio, ho preferito ridiscendere alla sosta e bivaccare”.
Carducci e Totani non hanno né sacchi a pelo né un fornello, ma il bivacco passa senza troppi problemi. I due si sistemano su un terrazzino scavato nel pendio, si tolgono i ramponi, si avvolgono ognuno in un telo “spaziale” e in una mantellina leggera. Le notti d’aprile, per fortuna, sono meno gelide e più brevi di quelle del cuore dell’inverno.
Quando il sole raggiunge la Nord del Camicia dal mare, i due alpinisti si preparano e riprendono la loro arrampicata. Trovano tiri di ghiaccio e di misto impegnativi, e la mancanza di una sosta li costringe a scalare per un tratto di conserva.
Nelle didascalie delle foto di Domenico, e negli audio dei suoi video, la parola “Patagonia!” risuona come un mantra. Dopo meno di quattro ore di salita dal bivacco, i due amici si abbracciano sulla cresta sommitale del Camicia. La discesa per un facile canalone non ha storia.
Quando Domenico Totani mi racconta la sua avventura, sei giorni dopo essere tornato all’Aquila, alcuni dettagli devono essere messi a posto. “La nostra è una variante di circa 300 metri, non abbiamo deciso se darle un nome ma penso che lo faremo”, racconta. “Le difficoltà sono intorno al IV su ghiaccio e fino all’M5 su misto nella parte bassa, e di IV+ e M4 nella nuova uscita. Ma dobbiamo sentirci e confrontare le nostre impressioni”.
L’esperienza invernale sulla Nord, per la guida aquilana (Pierluigi Carducci sta iniziando l’iter per diventare aspirante), è magnifica e anche un’occasione per volgere lo sguardo verso possibili nuove linee da salire. “Stavolta due cascate non erano formate, ma a destra della via classica, magari in pieno inverno, si potrebbe formare una linea di almeno 400 metri di Alpine Ice. Vedremo”.
Più volte nel suo racconto, Domenico Totani usa parole ben diverse da quelle usate normalmente per il Camicia. “Abbiamo affrontato la parete con allegria e spirito giocoso”. “Abbiamo trovato dei tiri magnifici e un’arrampicata piacevole, ci siamo superdivertiti”.
L’ultima domanda è inevitabile e noiosa. Vi dispiace di non essere saliti d’inverno? Così, formalmente, la vostra non è stata la quarta salita invernale della Nord. “Assolutamente no” è la risposta di Totani. “Volevamo salire in stile moderno, ci interessavano le condizioni della parete. E le abbiamo trovate”.
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