Bella Ciao, tra storia, mito e polemiche: il significato di un canto simbolo del 25 aprile

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Apr 24, 2025 - 22:53
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Bella Ciao, tra storia, mito e polemiche: il significato di un canto simbolo del 25 aprile

“Bella Ciao” è uno dei canti più iconici della cultura italiana e simbolo riconosciuto della Resistenza antifascista. Tuttavia, la sua storia è più complessa di quanto molti immaginino. Contrariamente alla credenza popolare, questa canzone non fu realmente l’inno più cantato dai partigiani durante la Seconda guerra mondiale. La sua diffusione come simbolo della lotta contro il nazifascismo avvenne solo molti anni dopo la Liberazione.

Il testo di “Bella Ciao” racconta in forma poetica il sacrificio del partigiano che, al risveglio, trova “l’invasor” e chiede di essere portato via per combattere. Un inno alla libertà e alla resistenza contro l’oppressione, che tuttavia trova le sue origini nella tradizione popolare italiana e non in un preciso evento bellico.

Le sue radici risalgono infatti a canti ottocenteschi come Fior di Tomba, diffuso nel nord Italia, o a melodie delle mondine. C’è chi ha persino rintracciato influenze yiddish nella struttura musicale, simile a una canzone intonata da Mishka Ziganoff nel 1919 a New York.

La versione che conosciamo oggi venne consacrata nel 1964 al Festival di Spoleto grazie al Nuovo Canzoniere Italiano, che la presentò come canto partigiano, anche se non vi sono prove certe che fosse realmente usata in quel contesto storico.

Secondo l’ANPI, Bella Ciao divenne un inno della Resistenza “vent’anni dopo la fine della guerra”. Storici come Giorgio Bocca e Carlo Pestelli sottolineano come il brano sia diventato un simbolo popolare della lotta antifascista solo nel dopoguerra, mentre canzoni come Fischia il vento, sull’aria russa di Katjuša, erano in realtà più rappresentative delle formazioni partigiane, soprattutto quelle comuniste.

Il successo postumo di “Bella Ciao” è legato alla sua capacità di parlare a tutte le anime della Resistenza, senza riferimenti politici o religiosi espliciti. E forse proprio in questa “neutralità ideologica” risiede la sua forza: un canto universale di libertà, adottato in decine di lingue e contesti diversi, dalle proteste a Istanbul fino ai Fridays for Future.

L’utilizzo di Bella Ciao nella celebre serie spagnola La casa di carta (La casa de papel) ha avuto un ruolo fondamentale nella riscoperta e diffusione globale del brano. All’interno della trama, la canzone diventa un simbolo di resistenza, ribellione e libertà, elementi che accomunano i protagonisti – il Professore e la sua banda – ai partigiani italiani.

In particolare, la canzone viene intonata in due momenti chiave: durante i flashback che raccontano l’infanzia del Professore con il padre, e in una scena di forte impatto emotivo tra lui e Berlino, personaggio carismatico della banda. In entrambi i casi, Bella Ciao non è solo un ricordo o una tradizione, ma una dichiarazione d’intenti, un inno all’insubordinazione contro un sistema percepito come ingiusto.

Grazie alla serie, il brano è tornato prepotentemente alla ribalta, diventando una hit virale tra le nuove generazioni, suonata e cantata in tutto il mondo, anche fuori dal suo originario contesto storico. Un esempio di come la cultura pop possa riportare in vita – e dare nuovi significati – a simboli del passato.

Ogni 25 aprile, “Bella Ciao” torna nelle piazze italiane – e non solo – evocando una memoria condivisa, ma anche alimentando polemiche. C’è chi la considera divisiva, chi la vorrebbe inno ufficiale della Liberazione, e chi la celebra semplicemente come patrimonio culturale. Comunque la si pensi, la sua eco continua a risuonare nel tempo, ricordandoci che la libertà, anche quando cantata, non è mai un fatto scontato.

Foto su licenza Depositphotos

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