Anavatos, il misterioso villaggio dove il tempo sembra essersi fermato
Anavatos, il villaggio greco sospeso nel tempo, tra rovine bizantine, silenzio e paesaggi mozzafiato che raccontano un passato leggendario.

C’è un luogo sull’isola di Chio che non si visita soltanto: si attraversa come si varca una soglia nel tempo. È Anavatos, un villaggio fantasma sospeso tra cielo e terra, aggrappato al ciglio di una rupe scoscesa, dove le pietre raccontano storie dimenticate e il silenzio custodisce memorie di gloria e tragedia.
Una roccaforte di pietra tra le nuvole
Chi giunge ad Anavatos lo fa salendo lungo l’unico versante accessibile, quello settentrionale. Tutto il resto (il sud e l’ovest) sono baratri verticali, fenditure nella roccia di granito che sembrano difendere con fierezza l’orgoglioso villaggio dalla modernità. Il suo stesso nome, “Anavatos”, deriva dal verbo greco anaveno, ovvero “scalare”: un’indicazione chiara non solo della posizione geografica, ma anche della fatica necessaria per raggiungerlo.
Lo sguardo, una volta in cima, si perde tra case che si ergono come torri, costruite le une addossate alle altre in una forma che richiama un antico anfiteatro. Non vi sono voci a risuonare oggi tra le strade ciottolate, ma la presenza umana sembra ancora aleggiare tra gli archi e i muri sgretolati.
Leggende e origini tra storia e tradizione
La fondazione di Anavatos è avvolta da un alone di leggenda. Le cronache locali raccontano di un gruppo di tagliatori di legna, giunti sull’isola per contribuire alla costruzione del monastero di Nea Moni su ordine dell’imperatore Costantino IX Monomaco. Come ricompensa per il loro impegno, ricevettero terre in dono, su cui fondarono il villaggio. Si tratta di una storia che unisce fede, fatica e riconoscenza e che ancora oggi viene raccontata con orgoglio dagli abitanti di Chio.
Ma non fu una vita facile, quella ad Anavatos. I suoi fondatori e i loro discendenti dovettero affrontare numerose incursioni di pirati, e ogni volta, con resilienza quasi epica, ricostruirono il villaggio dalle sue ceneri. La posizione inaccessibile divenne un baluardo difensivo, un punto di osservazione strategico per dominare la costa occidentale dell’isola in tempi di pericolo.
Il destino cambiò tragicamente nel 1822, durante la guerra d’indipendenza greca. I turchi, in risposta alla rivolta dell’isola di Chio, attaccarono con feroce brutalità. Il massacro che ne seguì segnò un punto di non ritorno per il villaggio. Molti degli abitanti furono uccisi o costretti a fuggire, e il villaggio si spense, tra mura vuote e strade deserte.
La fine definitiva arrivò nel 1881, quando un terremoto devastante colpì l’isola, abbattendo ciò che la violenza umana non aveva già distrutto. Da allora, Anavatos è rimasto in silenzio.
Un patrimonio pietrificato: la chiesa e la costruzione a tre piani

Passeggiando tra le rovine, è impossibile non notare la Chiesa di Taxiarchis, dedicata all’Arcangelo Michele. Si erge solitaria sulla cresta dell’acropoli e la sua presenza, visibile già da lontano, guida verso il cuore spirituale del villaggio, in un’atmosfera sospesa tra il mistico e il malinconico.
Non lontano dall’antica porta d’accesso, si staglia ancora una monumentale struttura conosciuta come la “costruzione a tre piani”: un tempo ospitava un frantoio, una scuola, una cisterna e persino una seconda chiesa, dedicata alla Vergine Maria.
Camminare per Anavatos significa addentrarsi in un’atmosfera irreale, dove il confine tra realtà e suggestione si fa labile. Le case, dai volumi snelli e dalle forme che sfidano la gravità, sembrano nate da un sogno architettonico bizantino. Gli archi, le viuzze strette e i ciottoli consumati dal tempo compongono un mosaico di memorie che si intrecciano sotto ogni passo.
Siamo di fronte a un’opera d’arte scavata nella pietra, un monumento al coraggio e alla resistenza.
Il mare di Elinda: l’altra faccia del silenzio
Chi lascia le alture di Anavatos e scende verso la costa incontra Elinda, una baia che appare disegnata su di una cartolina dimenticata. La spiaggia è ancora intatta, selvaggia, dominata solo dal fruscio del vento e dallo sciabordio delle onde.
Elinda è un rifugio, un’oasi di bellezza pura, dove il presente torna a respirare ma il tempo sembra rallentare, in sintonia con il battito antico di Anavatos.