Steel Seed Recensione: l’action-stealth che non ti aspetti
Storm in Teacup, il celeberrimo studio di sviluppo dietro il successo di Close of the Sun, torna dopo qualche anno con una nuova proprietà intellettuale, Steel Seed, un’avventura in terza persona con elementi stealth e d’azione che ha la grande ambizione di diventare un nuovo esponente del genere. È un’impresa non semplice, considerando l’esistenza di […] L'articolo Steel Seed Recensione: l’action-stealth che non ti aspetti proviene da Vgmag.it.


Storm in Teacup, il celeberrimo studio di sviluppo dietro il successo di Close of the Sun, torna dopo qualche anno con una nuova proprietà intellettuale, Steel Seed, un’avventura in terza persona con elementi stealth e d’azione che ha la grande ambizione di diventare un nuovo esponente del genere. È un’impresa non semplice, considerando l’esistenza di opere certamente più blasonate, a loro volta legate a una struttura di gioco che è sempre complesso proporre a un pubblico che conosce bene un genere di successo come quell’adventure.
Steel Seed, in tal senso, prende a piene mani da tanti videogiochi ma riesce, nel complesso compito, a trovare una sua identità, mostrando sia le conoscenze di Storm in Teacup che la sua esperienza. In quindici ore di gioco, il tempo necessario che abbiamo impiegato per raggiungere i titoli di coda, Steel Seed è stato un videogioco con un’intenzione chiara. Le idee, se ben integrate e sfruttate, nonché spiegate a dovere nel grande ordine delle cose, sono ottime. La realizzazione, però, pecca su alcuni punti ma riesce comunque a convincere con quello che la produzione intende trasmettere.
No, non stiamo parlando di un game design che s’inventa qualcosa di nuovo. Steel Seed è in realtà un videogioco che persegue un obiettivo semplicissimo e lo porta a compimento con grande passione. È la passione che smuove Storm in Teacup e lo si nota soprattutto dall’inizio alla fine dell’esperienza. Intanto, è bene sappiate che non si tratta di un’esperienza che s’inventa qualcosa di nuovo. Steel Seed è un action che sa cosa vuole trasmettere e il modo in cui vuole parlare con il giocatore. Ed è per questo che è bene iniziare dal gameplay di gioco, prima di approfondire a dovere la storia, piacevole e lucida nel raccontare le vicende di Zoe, la protagonista delle vicende che… beh, si scoprirà nuovamente umana. Ma è bene procedere con ordine.
Steel Seed: saltare, combattere, usare un amico robot
Come accennato in apertura, Steel Seed è un action in terza persona con elementi stealth. La telecamera è posta alle spalle della ragazza, che può sfuggire ai nemici attraverso lo stealth. Steel Seed è, per l’appunto, costruito per perseguire un approccio di questo tenore. Le fasi in cui è bene nascondersi e colpire nell’ombra sono ben costruite, amalgamate a dovere all’interno della produzione, e spingono sovente a cambiare genere di approccio. Viene automatico pensare allo stealth invece che al combattimento corpo a corpo. Comunque, la furtività ruota attorno a momenti in cui è possibile nascondersi in un fascio di energia che è sprigionato dal terreno. Da esso, Zoe è in grado di prendere alla sprovvista gli avversari e assassinarli improvvisamente.
È un sistema in realtà alquanto classico e già visto altrove; dunque, non si tratta di una novità assoluta nel game design della produzione. A difficoltà intermedia, i nemici sanno come colpire e pure in che modo farsi sentire. È un’intelligenza artificiale non particolarmente efficace, ma ciò non inficia l’approccio che ognuno può seguire. Zoe, inoltre, può attirare l’attenzione di un nemico in un’area alternativa rispetto a quella in cui deve procedere. La costruzione attorno a questa scelta evoca la possibilità di non uccidere forzatamente chi si ha davanti (anche se alcune missioni lo richiederanno, per avanzare nella storia principale).
Un elemento di game design ottimamente inserito è quello di Koby, un robot volante che potrebbe ricordare a qualcuno il drone di NieR: Automata o Grimoire Weiss di NieR (2010) e NieR Replicant (il medesimo capitolo uscito in Giappone, ma pubblicato nel 2021 anche in Europa e America). Ecco, dimenticate di poter sparare con Koby colpi innumerevoli addosso ai nemici; ha una sua riserva limitata e non può usufruirne più di quanto abbia in saccoccia. Tornando comunque allo stealth, Koby può dare una grande mano a Zoe quando si tratta di attirare le attenzioni dei nemici; a volte basta un colpo ben assestato lontano da un’area, così da attirarlo… o, in alternativa, colpirlo e dopodiché andargli addosso. Lo stealth è ben costruito, eretto inoltre da sistemi di gioco che sanno amalgamarsi piuttosto bene nel corso dell’avventura.
Il sistema di combattimento, corpo a corpo, è composto da un attacco leggero e da uno pesante. Quest’ultimo è in grado di spezzare la guardia dei nemici, mentre il primo ha la capacità di concatenare diverse tipologie di offensive. Non si tratta di combo eccessivamente elaborate, e sottolineiamo di nuovo che l’obiettivo di Steel Seed è offrire un’esperienza stealth.
Però, alla lunga il sistema di combattimento risulta essere la parte meno riuscita dell’esperienza di gioco. No, non si tratta di problemi tecnici nel sistema di combattimento, di hitbox messe a casaccio o elementi di questo genere. Stiamo parlando di una struttura di combattimento piuttosto lineare, comunque espandibile attraverso l’acquisizione dei tre rami d’abilità disponibili, posti nei luoghi di salvataggio in cui Zoe può riposare per salvare la partita o progredire. Talvolta, nei combattimenti più complessi ci veniva voglia di scatenare un parry. La sua assenza pesa molto nel sistema di combattimento e avremmo gradito la sua presenza. Resta comunque un combat system che fa il suo, senza regalare particolari emozioni o colpendo nel segno.
Salto e fuga nelle ispirazioni migliori
A colpire molto nel segno, invece, sono le tante fasi platform all’interno dell’avventura. Inizialmente, Zoe non potrà coprire lunghe distanze. L’avventura permette di acquisire degli oggetti man mano che si avanza, come un utilissimo jetpack che permette di arrivare a luoghi complessi da raggiungere. Le azioni platform sono frenetiche e divertenti, con MOLTISSIME situazioni diverse in cui serve ragionare molto sul da farsi. E, sempre avanzando nell’esperienza, la gradita presenza di Koby è fondamentale: l’amico robotico può sbloccare porte, aree impossibili da raggiungere e sì, può anche essere teleguidato da Zoe. Storm in Teacup ha messo tante castagne al fuoco e ha saputo cuocerle a dovere e con attenzione.
I livelli si differenziano sia nei biomi che nei luoghi da visitare. Non è un level design da far venire il mal di testa e la strada, a meno che non si decida di tornare indietro (alla conclusione dell’avventura principale sarà garantita la possibilità di tornare indietro per raccogliere i collezionabili e tanti codex dedicate al lore) per progredire nelle abilità. Le stesse sono tante, dedicate al combattimento, alla fruizione di Koby e al miglioramento dello stealth. In sintesi, il game design di Steel Seed è semplice ed efficace, più che sufficiente e di buona caratura, anche se si poteva compiere un passo maggiore nel delineare un combat-system più affinato.
Le fasi platform intrattengono e vedono, in certe occasioni, la telecamera cambiare per seguire da diverse angolazioni le corse di Zoe. È una trovata che abbiamo apprezzato perché s’ispira molto a quanto visto in NieR: Automata e in Stellar Blade, entrambe opere da cui Storm in Teacup ha preso il meglio. Ciò si comprende anche quando si torna nella grande biblioteca in cui dimora S4VI, un personaggio fondamentale per l’intera esperienza di gioco e per la trama. Inoltre, è possibile suonare la composizione musicale del gioco in un pianoforte (in un sistema molto simile a quello visto in The Last of Us con la chitarra che Ellie suona), come quella di Close of the Sun, ma è anche possibile imitarne ulteriori come nel nostro caso – seppur con pessimi risultati (a causa del nostro poco talento).
Una storia che travolge ed emoziona
La trama principale racconta di Zoe, una giovane che si ritrova in un corpo del tutto nuovo, meccanizzato, in un mondo in cui le IA hanno preso il sopravvento – un po’ come il nostro, ma come se ChatGPT avesse fatto fuori la coscienza umana. Non facendo rischiosi spoiler, la ragazza si ritrova a dover raccogliere quattro frammenti di memoria del padre, in modo tale che Zoe possa riportarlo indietro.
La missione si focalizza essenzialmente su questo obiettivo, attorniato comunque da ottimi colpi di scena e da un tenore di scrittura alto, piacevole, di grande impatto. La sceneggiatura è precisa, scritta e dettagliata ottimamente. Ogni caratteristica di trama viene prontamente affrontata e contestualizzata. Le emozioni sono ben dosate e spalmate in modo intelligente, con una storia intensa che esplora le insicurezze di una giovane e le sue fragilità. Nel creare un rapporto autentico, Storm in Teacup ha sottolineato l’importanza del legame uomo e macchina, esplorando un concetto già espresso in passato da Yoko Taro. Il risultato è, quindi, pregevole e autentico.
Una grande prova di art direction e densità d’immagini
La direzione artistica è buonissima, con ampi complessi all’orizzonte che dipingono un quadro sci-fi assolutamente intrigante e coinvolgente. Gli spazi sono ben riempiti e pensati per creare una densità ambientale tale da offrire luoghi bellissimi da studiare e notare. Viene un po’ meno, purtroppo, il lato tecnico. A volte, il gioco soffre di cali di frame rate, con un’ottimizzazione non sempre precisissima. Resta comunque un bel vedere, e possiamo rassicurarvi sul fatto che non abbiamo mai effettivamente avuto problemi di crash di alcun genere, se non di clipping sul lungo andare. Sono problemi risolvibili con una patch correttiva, che può solo fare del bene a un videogioco che ha tantissimo potenziale e che può essere un ottimo punto di partenza per il futuro del team.
La produzione, giocata su PC, ci ha concesso di testare il titolo a ultra. Come già esplicato, i problemi riguardano l’ottimizzazione, che è comunque discreta e non ha creato difficoltà di alcun tipo nella prosecuzione dell’avventura. Il PC ha tenuto botta in modo ottimale il titolo e possiamo assicurare, dall’alto della nostra 3080, che può essere giocato in modo del tutto tranquillo. Certo, è un videogioco che, a meno non si abbia 16gb di RAM, potrebbe pesare sulla CPU. Niente di brutto, sia chiaro, per chi ha una macchina inferiore. Steel Seed è un videogioco che fa incontro a chiunque e non richiede un PC ultraperformante per essere apprezzato.
Steel Seed è un buon action game stealth che riesce nel suo obiettivo. Non propone una storia indimenticabile ma riesce in egual misura a ritagliarsi un bel racconto grazie a una protagonista ben integrata nel racconto in tutte le sue sfumature. Viene meno un po’ il sistema di combattimento, non particolarmente coinvolgente ma comunque di discreta fattura. La presenza di un sistema stealth studiato, funzionale anche alle abilità di Koby, offre diversi spunti di approccio. Un buon titolo che si aggiunge alla libreria di Storm in Teacup.
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