Patrick Berhault, così diverso da tutti. E così tanto amato

Il 28 aprile 2004 una cornice di neve tradiva il formidabile alpinista francese. Fu probabilmente il miglior interprete del ritorno dell’arrampicata libera dopo la “sbornia” dell’artificiale. Il sodalizio con Edlinger L'articolo Patrick Berhault, così diverso da tutti. E così tanto amato proviene da Montagna.TV.

Apr 28, 2025 - 18:32
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Patrick Berhault, così diverso da tutti. E così tanto amato

Perché arrampico? Per sentirmi in armonia con me stesso, perché vivo l’istante, perché è una forma di espressione etica ed estetica per la quale io posso realizzarmi, perché ricerco la libertà totale del corpo e dello spirito. E perché mi piace.

Patrick Berhault

Patrick Berhault nasce il 19 luglio del 1957 a Thiers, un piccolo comune nel cuore della Francia, fra le dolci ondulazioni della regione dell’Alvernia, ben lontano dal mare e dalle grandi vette, dimensioni che segneranno poi tutta la sua vita.

Da giovanissimo si trasferisce con la famiglia nei pressi di Nizza, dove presto scopre la passione per il nuoto e l’apnea che divengono per lui il modo più naturale per dare sfogo alla sua innata passione per l’avventura ed entrare in contatto con la natura mediterranea che lo circonda.

A ridosso della costa, però, si elevano le alture delle Alpi Marittime e, nel 1971, all’età di 14 anni, Patrick sale con un amico il Monte Gelàs. Per lui è una vera e propria folgorazione: da quel momento in avanti le montagne diverranno il suo mondo. È un amore totalizzante quello che lo coglie, al quale da lì in avanti lui dedicherà tutto il suo tempo, arrampicando praticamente ogni giorno.

Nell’ambiente alpinistico quella è un’epoca di grande cambiamento e trasformazione. Le falesie calcaree nei dintorni di Nizza, che fino ad allora erano state vissute solo come “palestre” per prepararsi alle grandi ascensioni alpine, un poco alla volta divengono un laboratorio dove si sperimentano nuove idee e nuovi modi per vivere la scalata. Dopo gli anni del trionfo dell’artificiale, in tutta Europa comincia a diffondersi il verbo del ritorno all’arrampicata libera e della ricerca del piacere del gesto verticale per se stesso, dell’estetica e della difficoltà dell’itinerario, vissuti come valori e obiettivi a sé stanti, indipendenti dal raggiungimento di una vetta.

Le pareti di bassa quota sono il luogo ideale dove mettere in pratica questi nuovi ideali, ripercorrendo i vecchi itinerari in ottica nuova, cercando di salire senza utilizzare i chiodi per la progressione ma solo come punti di assicurazione. È una scalata leggera, veloce, libera dal peso dei vecchi miti e di tanti orpelli tecnologici, che offre la possibilità di un rapporto più diretto e leale con la roccia e l’ambiente naturale. Il giovane Patrick è affascinato da questa dimensione e, grazie alle sue eccezionali doti atletiche, presto si afferma come uno dei capofila del nuovo approccio.

Ciò che sperimenta fra le falesie di casa, Berhault lo porta anche fra le cime delle Alpi Marittime e del Monte Bianco, salendo in arrampicata libera e spesso in giornata, a volte anche in solitaria e con tempi da record, itinerari classici ed estremi che, sino ad allora erano stati percorsi con ampio ricorso all’artificiale e con lunghi bivacchi in parete. Il nome del ragazzino venuto dal mare comincia a circolare nell’ambiente, affiancandosi a quello di Jean Marc Boivin, di Patrik Gabarrou e dei pochi altri che, dalla metà degli Anni 70 in avanti, rivoluzionano nelle Alpi Occidentali il concetto stesso dell’alpinismo e dei suoi orizzonti e limiti, sia su roccia che su ghiaccio.

Ma il cuore di Berhault è diviso fra la passione per le grandi montagne e quella per il puro gesto estetico e atletico dell’arrampicata, quello che si esprime al meglio sulle pareti di bassa quota, dove le condizioni ambientali consentono di concentrarsi esclusivamente sul superamento delle difficoltà offerte dalla roccia più levigata, compatta o strapiombante.

In Francia la mecca di questa nuova tendenza sono le gole del Verdon. Qui, già sul finire degli Anni 60, i pionieri avevano spinto in avanti i limiti della scalata libera, sempre però salendo lungo le linee naturali segnate dai diedri e dalle fessure. Il giardino di roccia delle Gorges, però, offre anche il richiamo irresistibile di grandi placche di roccia disegnate solo da rare tacche e buchi. Gli scalatori cominciano a spingersi anche lì, grazie all’adozione dei primi “spit”, chiodi a espansione che consentono di fissare punti di assicurazione anche dove la roccia non offre fenditure adatte ad accogliere i chiodi normali.

Il sodalizio con Edlinger

Berhault è in prima linea anche nell’esplorazione di questo nuovo orizzonte. Nel 1976 conosce Patrick Edlinger con cui stringe un sodalizio che, per oltre tre anni, li vedrà formare una cordata inseparabile e affiatatissima. Assieme si dedicano ad un allenamento sistematico e quotidiano. La leggenda parla di centinaia di trazioni al giorno, tutti i giorni, senza deroghe, neppure quando ritornano sfiancati da qualche grande salita…

I risultati non si fanno attendere e i due Patrick spingono la libera oltre orizzonti fino a pochi anni prima neppure immaginabili. Questa vertiginosa evoluzione trova anche una quantificazione numerica: un poco alla volta, proprio in Francia, prende forma la nuova scala dei gradi in arrampicata libera destinata a diffondersi a livello mondiale. Si comincia a parlare di 7a, di 7b e oltre… e le vie liberate da Berhault ed Edlinger diventano i punti di riferimento. Non sono gli unici protagonisti di questo rinnovamento: un po’ ovunque nel mondo, dalle pareti granitiche della valle di Yosemite, alle scogliere inglesi, fino alle torri del Frankenjura in Germania, gli scalatori più talentuosi e all’avanguardia annusano il vento della novità e lo cavalcano a vele spiegate. Le notizie delle nuove performance si diffondono di bocca in bocca, le visite nei diversi laboratori del gesto sono per ciascuno di loro occasione di confronto e di nuovo stimolo. Ma i due climber francesi sono probabilmente i più sensibili alla divulgazione e alla comunicazione di ciò che stanno facendo e si affermano fra il popolo degli appassionati come i simboli stessi della nuova arrampicata. Non a caso, nel corso degli Anni 80, saranno proprio loro i rispettivi protagonisti di film come “Opera vertical” e “Metamorphosis”, destinati a far sognare generazioni di climber.

È proprio all’alba degli Anni 80 che il mondo della scalata vive un’ulteriore trasformazione: la libera diviene sempre più sportiva. Al gusto per l’esplorazione del gesto si affianca e in parte si sostituisce quello per la pura performance. La ricerca del grado, del sempre più difficile, diviene l’obiettivo principale.

Probabilmente Berhault non si ritrova pienamente in questa prospettiva. Per lui la scalata ha a che fare con l’estetica prima che con la prestazione sportiva. È infatti uno degli inventori e dei cultori dalla “dance escalade”, una disciplina che concepisce il gesto verticale come performance artistica.

Nel momento in cui l’arrampicata sportiva comincia ad affermarsi a livello globale Patrick fa un passo indietro. Si allontana dalla ribalta e dai templi della scalata. Con la compagna e i figli torna a vivere in Alvernia, nei luoghi della sua prima infanzia, dove si dedica alla sua fattoria.

Le Toit d’Auguste, a La Turbie, fu il suo capolavoro

Non è certo un ritiro totale dalle scene. Berhault continua a fare grandi salite in montagna. Sperimenta anche l’altissima quota, salendo lo Shisha Pangma. E continua a scalare su roccia a livelli eccelsi, tanto che, nel 1986, realizza il suo capolavoro: Le Toit d’Auguste a La Turbie.

Su questo enorme strapiombo mette in campo tutto il suo talento e la sua particolare abilità nel volteggiare sotto ai tetti più impensabili. Sa di aver fatto qualcosa di estremo, ma volutamente non dà un grado alla realizzazione. Sarà l’astro nascente Fred Nicole, pochi anni dopo, a ripetere la via e a proporre un grado: 8b+, uno dei primi al mondo all’epoca della prima salita!

Un altro episodio di questi anni aiuta a comprendere la distanza di Berhault dalla dimensione puramente sportiva dell’arrampicata. Nel 1985, alla Parete dei Militi in Valle Stretta, si svolgono le prime gare internazionali di arrampicata. Per l’occasione 19 fra i pionieri che avevano dato vita al movimento della libera sottoscrivono un manifesto in cui si dichiarano contrari alle gare e all’agonismo. Negli anni successivi tutti si ricrederanno, prendendo parte alle competizioni. Solo Berhault resterà fedele alle posizioni espresse nel manifesto.

Gli Anni 90 segnano per lui un ritorno in grande stile alla montagna. Si dedica pienamente all’attività di guida alpina e comincia a progettare e realizzare grandi concatenamenti, che sembrano esprimere la sua volontà di vivere più pienamente la dimensione dell’alta quota.

La traversata delle Alpi effettuata salando le cime più classiche dell’alpinismo

Già nel 1991 Berhault porta a termine una traversata completa del Monte Bianco, concatenando diversi fra gli itinerari più impegnativi, ma è fra l’agosto del 2000 e il febbraio del 2001 che, assieme a diversi compagni (primi fra tutti Edlinger e Philippe Magnin) realizza il suo progetto più visionario: la traversata completa della Alpi, dalle Giulie alle Marittime, per tornare infine a quel Mar Mediterraneo che era stato il suo primo amore, sulle spiagge di Mentone. Sono in tutto 167 giorni e quasi 142 mila metri di dislivello, percorsi spostandosi esclusivamente a piedi, in bicicletta o sugli sci e salendo le vie più iconiche della storia dell’alpinismo.

Tre anni dopo un altro grande sogno lo avvince: il concatenamento di tutti gli 82 Quattromila della Alpi, realizzato ancora una volta senza l’ausilio di mezzi a motore per gli spostamenti. È proprio nel corso di questa nuova impresa che Patrick scompare tragicamente il 28 aprile del 2004, tradito dal crollo di una cornice che lo fa precipitare senza scampo dalla cresta Täschhorn, nel massiccio vallesano del Mischabel.

Libri

  • Berhault, Michel Bricola e Dominique Potard, CDA&Vivalda, 2009
  • Legato ma libero – La traversata delle Alpi, Patrick Berhault, CDA&Vivalda, 2002

Film

  • Metamorfosi, Bruno Soldini, 1987, 27’
  • Patrick Berhault: les voies de l’equilibre, Pierre Ostian, 1992, 26′
  • Sur le fil des 4000, Gilles Chappaz, 2004, 51′
  • Berhault, Raphaël Lassablière e Gilles Chappaz, 2008 69′

“La liberazione dello spirito generò la liberazione del gesto. E nacque il free climbing”

Patrick Berhault

Articolo aggiornato dalla redazione di Montagna.tv il 24 aprile 2025

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