Intervista ai Les Votives: “Window è una finestra aperta al dialogo, all’accoglienza del diverso senza paura”

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Apr 6, 2025 - 19:37
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Intervista ai Les Votives: “Window è una finestra aperta al dialogo, all’accoglienza del diverso senza paura”

Intervista ai Les Votives, che, ad alcuni mesi dalla partecipazione a X Factor, hanno pubblicato WINDOW (Warner Music Italy), il loro EP di debutto.

Anticipato dal singolo FEEL ALRIGHT e accompagnato da un videoclip ufficiale, il progetto è una vera e propria finestra aperta sull’universo della giovane band milanese. Riccardo Lardinelli (voce e chitarra), Angelo Randazzo (batteria) e Tommaso Venturi (basso) raccontano la loro visione del mondo attraverso brani che uniscono eleganza e ribellione, con sonorità che spaziano dal rock classico alle influenze più contemporanee.

WINDOW si presenta come un invito a guardare oltre le apparenze, esplorando ciò che è diverso e sconosciuto con curiosità e apertura. A completare l’immaginario visivo dell’EP, la copertina firmata dal fotografo Francis Delacroix, un’opera che cattura alla perfezione lo spirito eclettico e visionario del trio.

Intervista ai Les Votives, il nuovo Ep “Window”

Les Votives, Window è il vostro EP di debutto. Cosa rappresenta nel vostro percorso artistico?

È un po’ la nostra consacrazione. Visto che ci sono ben 7 inediti avrebbe potuto diventare un album, però poi abbiamo deciso di procedere per step, un po’ come nei live. Avremmo potuto subito puntare a palchi più grandi, ma abbiamo preferito suonare in locali più intimi come la Santeria a Milano o Largo Venue a Roma, per goderci ogni serata e crescere gradualmente. Abbiamo scelto di toccare club storici come il Lokomotiv e l’Hiroshima, perché crediamo nell’idea di fare tutto passo dopo passo.

Il titolo stesso del disco suggerisce l’idea di una “finestra” sul mondo. È questo il messaggio che volete trasmettere?

Esattamente! Window è una finestra aperta al dialogo, all’accoglienza del diverso senza paura, anzi, con la volontà di viverlo. Oggi ci sembra che il dialogo si sia un po’ perso. Spesso è solo mediatico e manca quella sensazione di voler condividere davvero il tempo con gli altri. Fortunatamente, i concerti sono ancora uno spazio di reale unione, dove persone sconosciute si ritrovano e si connettono attraverso la musica.

Siete reduci da X Factor. Quanto è stato difficile mantenere la vostra identità artistica all’interno di un format televisivo?

Non è stato così difficile dal punto di vista della produzione, perché a X Factor c’è una certa libertà. Nessuno ti obbliga a fare qualcosa contro la tua volontà. La sfida più grande è stata rimanere coerenti con il nostro sound rispetto alle assegnazioni di Achille Lauro, che ci ha spesso spinto su territori lontani dalla nostra estetica musicale. Paradossalmente, questo ci ha aiutato a crescere: ci siamo trovati ad affrontare brani molto distanti dal nostro mondo sonoro e dai nostri ascolti abituali, ma questa esperienza ci ha permesso di espanderci artisticamente.

Il vostro sound mescola influenze che spaziano dagli anni ‘60 ai 2000. Qual è stata la sfida più stimolante nella ricerca della vostra identità musicale?

Sicuramente interpretare brani fuori dalla nostra comfort zone. Ad esempio, “Crazy” è stata una prova impegnativa, così come “Real Size” e “Gli uomini non cambiano” di Mia Martini. Sono pezzi che ci hanno spinto oltre i nostri limiti e ci hanno permesso di sperimentare.

Parliamo di “Priscilla”, un brano nostalgico sulla giovinezza perduta. Come è nato?

“Priscilla” racconta la storia di una donna che fatica ad accettare il passare del tempo e si rifugia nei ricordi, lasciandosi andare. Un dettaglio curioso è che, pur essendo il disco in inglese, nel ritornello abbiamo mantenuto la pronuncia italiana del nome. Ci piace giocare con le lingue e creare contrasti: siamo italiani, cantiamo in inglese e abbiamo un nome francese. Un bel mix!

“Feel Alright” ha un sound potente e liberatorio. Come avete tradotto questo concetto nella musica?

Volevamo un brano immediato, diretto. Abbiamo scelto una struttura armonica molto semplice, quasi essenziale, per trasmettere al meglio l’energia del pezzo. A volte, la chiarezza e la semplicità rendono un messaggio ancora più forte.

“Falafel” usa il ballo come metafora di rinascita. Che legame c’è tra la vostra musica e il concetto di movimento?

Per noi la musica è anche un modo per staccare la spina, per perdersi nel ritmo e lasciarsi andare, fosse anche solo per un istante. Il ballo è un’espressione di libertà, proprio come la nostra musica.

Avete lavorato con Antonio Filippelli, conosciuto a X Factor. Che ruolo ha avuto nel vostro processo creativo?

Il produttore è fondamentale per un artista, perché ti offre uno sguardo esterno, più distaccato. Quando sei immerso nella scrittura, rischi di perdere lucidità e di non vedere i punti di forza o di debolezza di un brano. Antonio ci ha aiutato molto a prendere decisioni più consapevoli. Inoltre, è anche il nostro manager, quindi conosce bene il nostro percorso e le nostre esigenze artistiche.

Come nasce un brano dei Les Votives oggi?

Siamo sempre partiti da jam session in saletta, improvvisando e registrando memo vocali sul telefono. Ultimamente, per mancanza di tempo, abbiamo portato questo processo direttamente in studio. Abbiamo scritto tantissime canzoni e, tra tutte, abbiamo selezionato le migliori per l’EP.

“Pretty” è un inno alla scoperta di sé. Qual è il segreto per essere autentici in musica?

Essere fedeli ai propri sogni senza farsi influenzare troppo dalle opinioni altrui. Certo, i consigli costruttivi sono importanti, ma bisogna sempre seguire la propria visione artistica.

Il vostro stile è stato definito “Chic Rock”. Cosa significa per voi oggi?

Per noi è l’unione di elementi grezzi e raffinati. È un mix che ci appartiene e che, per ora, rimane il nostro marchio di fabbrica.

Il rapporto con i fan è fondamentale. Quanto sono importanti i social per voi?

I social oggi sono indispensabili per raggiungere il pubblico, anche se noi non siamo super attivi. Però ci affascina vedere come le persone che ci seguono online poi vengano ai nostri concerti. Dopo X Factor, quando abbiamo riacceso i telefoni, ci siamo trovati un pubblico affezionato che ci aspettava. Abbiamo persino fatto delle videochiamate randomiche con le fanpage più attive, per ringraziarle personalmente!

Avete mai pensato di scrivere in italiano?

Non escludiamo nulla, ma per ora ci sentiamo più a nostro agio con l’inglese. Durante la scrittura dell’EP non abbiamo sperimentato in italiano, anche se privatamente ci capita di scrivere nella nostra lingua.

Se ci rivedessimo tra un anno, quale traguardo vorreste aver raggiunto?

Suonare su qualche palco all’estero! Ci piacerebbe fare questa stessa intervista fuori dall’Italia, senza però abbandonare il nostro percorso qui.

Sanremo potrebbe essere nel vostro futuro?

Dipende tutto dalla canzone. Non faremo mai un brano “pensato” per Sanremo, ma se un giorno scrivessimo un pezzo che ci sembrasse perfetto per quel palco, perché no?

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