Il rifugio Benevolo, storica mecca degli scialpinisti in Valle d’Aosta

Collocato a 2285 metri di quota in Valle di Rhêmes, il rifugio è meta amatissima dagli skialper da quasi un secolo. Perché qui si sta bene e le possibilità di gratificanti escursioni sono infinite L'articolo Il rifugio Benevolo, storica mecca degli scialpinisti in Valle d’Aosta proviene da Montagna.TV.

Mar 24, 2025 - 14:28
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Il rifugio Benevolo, storica mecca degli scialpinisti in Valle d’Aosta

È del febbraio 1929 il primo documento nel quale la sezione di Torino del Club Alpino Italiano informa di voler erigere un rifugio alla testata della Valle di Rhêmes e di dedicarlo alla memoria di Gian Federico Benevolo, giovane alpinista torinese scomparso sul Monte Bianco nell’agosto del 1927 assieme a due compagni di cordata, Arturo Colacevich e Gino Walluschnig, della sezione CAI di Fiume. Per raccogliere i fondi necessari venne aperta una sottoscrizione pubblica, a cui la famiglia di Benevolo e il Rotary Club di Torino versarono per primi l’importante somma di 5000 lire ciascuno.

La Val di Rhêmes, fino a quel momento poco frequentata, avrebbe finalmente avuto un punto d’appoggio in quota. I lavori si conclusero dopo un anno, con l’aiuto dei militari del IV° Reggimento degli Alpini e la struttura subito accolse i primi alpinisti ed escursionisti. L’anno seguente, il 25 luglio 1931 si tenne una sorta di inaugurazione ufficiale in occasione della “settimana alpinistica” del CAI di Torino dopo una traversata di rifugio in rifugio con partenza da Courmayeur.

Punto di partenza per grandi escursioni scialpinistiche

Il Benevolo si trova su un ampio terrazzamento a quota 2285 metri nei pressi della confluenza tra diversi corsi d’acqua che più a valle vanno a formare la Dora di Rhêmes, fonti di preziosa energia idroelettrica per il suo funzionamento. Un suggestivo anfiteatro di cime tra ai 3000 e i 3400 metri di quota lo circonda da ovest est: alcuni dei nomi sono Granta Parei, Punta Tsanteleina, Punta Calabre, Roc de Bassagne, Punta Galisia Cime di Nivoletta, Gran Vaudala, Punta Paletta, formazioni rocciose che alternano zone di dolomia a conglomerati e gneis. Sono tutte mete scialpinistiche molto gettonate e diverse si trovano sul confine con la Francia e il Parc National de La Vanoise.

Oltre che in estate, il rifugio cominciò ad essere frequentato fin dai primi anni Trenta anche a primavera avanzata, durante le vacanze di Pasqua, da scialpinisti. Questo perché gode di una posizione comoda  e panoramica, è di semplice, anche se non brevissimo, accesso dal fondovalle e offre diversi itinerari gratificanti e di media difficoltà: “Sciisticamente”, riporta un articolo dei primi anni Trenta, “questa valle è senz’altro la più favorevole tra le convalli di quella principale d’Aosta, perché rivolta a Nord, di accesso facile, sebbene lungo, e possibile quasi in ogni tempo, con varietà tale di gite da offrirne in qualunque stagione sempre almeno qualcuna”. Anche Marcel Kurz, il precursore dello scialpinismo in Svizzera, aveva infatti adocchiato la Val di Rhêmes fin dal 1924 come possibile tappa di una haute route sciistica occidentale dal Moncenisio a Courmayeur, in particolare per portarsi da Tignes, in Val d’Isere, a Valgrisenche.

Il Benevolo è un ottimo punto di partenza e sosta per spettacolari gite di scialpinismo. Per questo la gestione ne garantisce già dagli anni Ottanta l’apertura fin dall’inizio di marzo. Anche in anni di scarso innevamento invernale, rispetto ad altre zone dal Benevolo si può star certi che si trova più di una gita da fare: ogni anno dormono al rifugio tra i 1200 e i 1500 scialpinisti.

Tanti ospiti illustri

Il rifugio è stato gestito per diversi decenni da famiglie della valle, prima dai coniugi Zemoz dell’Albergo Grande Rousse di Chanavey che si occupavano anche del servizio di custodia in quota; poi da Edi Berthod, dagli anni Sessanta da Renato Ferrod di Rhêmes Saint Georges, e poi e da Vittorio Berthod, discendente di Edi. Negli anni Sessanta fu, durante l’estate, anche meta di alcuni membri del cenacolo letterario dell’editore Giulio Einaudi, che radunava in un albergo di Rhême-Notre Dame nomi quali Italo Calvino, Elio Vittorini, Noberto Bobbio, Franco Basaglia effettuando con loro anche passeggiate salutari in quota. In quel periodo lo ha custodito per un anno, nel 1967, anche il “pastore di stambecchi” Louis Oreiller, classe 1934, diventato noto al pubblico della montagna con il libro di Irene Borgna: “Einaudi? certo che me lo ricordo! – ci ha detto il lucido nonagenario al telefono – Bello, il Benevolo, ma come guardiacaccia partivo all’alba e tornavo con il buio, potevo gestirlo solo di sera”.

Negli anni Ottanta uscì sulla rivista Capital un lungo articolo del giornalista Giorgio Bocca dedicato al Rifugio Benevolo e ai suoi gestori, che allora erano la guida alpina Mario Ogliengo e la moglie Luisa Dusi. Bocca dedicò a questo rifugio un vero e proprio omaggio da innamorato della vallata, di cui vale la pena riportare alcuni stralci: “Il mio rifugio è il Benevolo”, questo l’incipit dell’articolo, “di nome e di fatto. Forse il solo benevolo della Valle d’Aosta, da arrivarci senza arrampicare, senza corde fisse, senza alcuna vertigine. È il mio rifugio perché ci vado quando voglio, all’ora che voglio […].”; “La strada per il Benevolo”,  prosegue Bocca, “ha la sua porta orrida, come ogni luogo magico della valle: il declivio lento è interrotto da un aspro dirupo dentro cui il torrente a cascata tuona e scroscia”. E ancora: “Mi piace salire al mio rifugio perché è benevola anche la specie umana che lo frequenta. Il Benevolo è un rifugio di ritorno: ci sei passato una volta in gioventù, te ne è rimasta dentro la benevolenza e ci torni. Il Benevolo comunque non è di quelli che stanno su rocche impervie in modo da farvi tirar l’anima proprio sulla linea di arrivo: lo vedete all’improvviso con quella sua aria modesta di casetta da casellante, una di quelle casine fatate abitate da persone angeliche”.

Quell’aspetto essenziale e raccolto di “casetta da casellante”, come affettuosamente riporta Bocca, è rimasto quasi immutato anche se il rifugio è stato oggetto nel 2013 di notevoli migliorie grazie alla nuova proprietà con il rifacimento del tetto e della cucina, con la realizzazione di docce a gettone e con il nuovo impianto che ha portato l’energia fornita da 5 kw a 25 kw e una sempre maggiore attenzione all’impiego di energie rinnovabili. In futuro si prospetta un ingrandimento da 48 a 70-80 posti letto.

Le ultime tre gestioni hanno avuto sempre guide alpine come conduttori: Ogliengo lo ha gestito per diciassette anni fino al 1999; anche il suo successore Luca Bulgarelli, che lo ha tenuto fino al 2012, è guida alpina. E infine Mathieu Vallet, guida e architetto, del rifugio è diventato anche proprietario assieme alla moglie Micol Bovi, nipote del fu Luigi Lanier, proprietario dei terreni di tutta l’alta valle. La conduzione di Mathieu si avvale di un team di collaboratori affiatati e gentili come il giovane Benoit, altro valligiano, e in cucina c’è Orlandina, che essendo abruzzese aggiunge un tocco speciale e variato alle pietanze. Il rifugio è frequentatissimo da sciatori anche durante la settimana, soprattutto da svizzeri, francesi e tedeschi: “Sì,- ci dice Mathieu – loro vengono e si fermano due/ tre notti per fare le gite all’etoile (ovvero muovendosi “a stella” dal rifugio, in funzione delle condizioni della neve, ndr). Fino al 25 aprile siamo quasi sold out”.

Una piccola nota: nello stesso anno di costruzione del Rifugio Benevolo valdostano venne intitolato allo stesso alpinista, e ai due compagni di cordata di Fiume scomparsi con lui, un rifugio sul Monte Nevoso (Monte Snežnik), nell’attuale Slovenia, oggi completamente trasformato, anche nel nome.

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