Escursionisti in fila per liberare il rifugio Pellarini dalla neve

All’appello del gestore della ormai ultracentenaria struttura delle Alpi Giulie hanno risposto 40 persone in poche ore. E c’è ancora tempo per aggiungersi al gruppo dei “volonterosi” L'articolo Escursionisti in fila per liberare il rifugio Pellarini dalla neve proviene da Montagna.TV.

Mar 26, 2025 - 10:25
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Escursionisti in fila per liberare il rifugio Pellarini dalla neve

“Liberiamo il Rifugio Pellarini dalla neve”. Il singolare appello è arrivato dal gestore della struttura collocata in uno dei luoghi più suggestivi delle Alpi Giulie, ai piedi dei versanti settentrionali del Jôf Fuart. Con sorpresa, e molto piacere, e nel giro di nemmeno mezza giornata è stato travolto dalle candidature. “Tra messaggi, telefonate ed email mi hanno cercato una quarantina di persone e il 70% per cento sono donne”, ci ha detto entusiasta al telefono.

Giorgio Da Rin, originario di Vigo di Cadore, classe 1963, ha in gestione il Rifugio Pellarini dalla Società Alpina delle Giulie di Trieste da nove anni, e aveva già intrapreso una simile iniziativa nel 2021, subito dopo la seconda chiusura per Covid, annata di nevicate eccezionali, con ottimi risultati: “Anche allora arrivarono tante adesioni, molte di più dei badili di cui disponevo: comunque ci sono voluti due giorni interi per spalare via tutto. È stato un lavoro condiviso con gioia e con quello spirito di mutuo soccorso che è andato un po’ scomparendo in montagna”.
Lo scopo dell’iniziativa è riuscire a liberare il rifugio dalla neve, ricollegare le tubature per l’acqua (staccate e stivate durante l’inverno) alla sorgente di rifornimento e riaprire in tempo per Pasqua: il weekend dei lavori di spalatura annunciati è quello del 12-13 aprile: “Ci sarà circa un metro di neve lassù”.
Il Pellarini è uno dei  pochi rifugi della regione non servito da una strada: i rifornimenti arrivano con la teleferica ma per raggiungerla bisogna comunque aprirla, la strada, con la ruspa. L’energia elettrica è alimentata dai pannelli fotovoltaici installati quattro anni fa: sette chilowatt non sono moltissimi ma bastano se si gestisce con attenzione. “In rifugio uso il meno possibile elettrodomestici – dice Da Rin – non c’è lavastoviglie, se ho intenzione di preparare la pasta con l’impastatrice cerco di farlo quando c’è il sole.  Certo, quando ci sono due giornate di brutto tempo di fila sono costretto ad usare il generatore, ma lo faccio con parsimonia, perché è rumoroso e puzza”.
La gestione ha cercato di seguire un indirizzo sempre più rispettoso dell’ambiente, rimanendo un rifugio “come una volta”. Non si servono piatti gourmet ma le classiche pietanze di montagna. La plastica è bandita da anni e i piatti sono costituiti da foglie di palma secca, pressata a 120° senza agenti chimici, questo per evitare di sprecare acqua, che è poca, e detersivi, che inquinano, a lavarli, per poi essere bruciati nella stufa. Non viene servita acqua in bottiglia, ma se occorre acqua da bere c’è quella della sorgente oppure le borracce del rifugio. I risultati di questa politica si vedono con l’arrivo di frequentatori che amano veramente la montagna e con il successo di iniziative come quella promossa adesso.

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