Il Pesce e tutto il resto. La Marmolada protagonista al Festival di Trento

Koller, Gogna, Manolo, Giordani, Larcher, Della Bordella, Mingolla. Sono stati i protagonisti a raccontare la storia alpinistica della “Parete d’argento” delle Dolomiti. Semplici e commoventi le parole di Vitus Auer in ricordo del fratello Hansjörg L'articolo Il Pesce e tutto il resto. La Marmolada protagonista al Festival di Trento proviene da Montagna.TV.

May 3, 2025 - 05:31
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Il Pesce e tutto il resto. La Marmolada protagonista al Festival di Trento

La Sud della Marmolada, la “Parete d’argento”, ha dimensioni gigantesche e una storia ancora più grande. Nei 124 anni trascorsi dalla sua prima salita nel 1901, gli spigoli, le rare fessure e le placche della muraglia che domina il rifugio Falier hanno visto aprire circa 200 vie, quasi tutte di difficoltà estrema. 

La sera di giovedì 1° maggio, l’evento alpinistico top del Festival di Trento 2025 ha raccontato questa storia nei dettagli, attraverso la voce dei protagonisti. E’ stato un incontro interminabile (tre ore!), a momenti barocco, ricchissimo, dove il racconto delle imprese in parete ha sempre conservato un tono semplice e umano. 

Di questo, oltre che per quel che hanno fatto lassù, va reso merito ai protagonisti che si sono alternati al microfono, alla conduttrice della serata Tatiana Bertera e al suo ideatore Luca Calvi. Un applauso va anche al pubblico del Teatro Sociale, che ha ascoltato con passione e pazienza gli interventi. 

Gli applausi, oltre che per i momenti più “alti” dal punto di vista tecnico, sono stati per i passaggi più commoventi del racconto, a iniziare dal capolavoro in solitaria e poi dalla tragica scomparsa di Hansjörg Auer, autore nel 2007 della prima in free solo del Pesce, raccontata con sobrietà e commozione dal fratello Vitus. 

Pochi ma gustosi i momenti che hanno regalato un sorriso, come l’ordine di un colonnello ad Alessandro Gogna e compagni di dedicare la loro via del 1971 alla FISI. Semplici e umane le parole di Dante Del Bon, storico gestore del Falier, che ha raccontato le sveglie alle tre e mezzo del mattino per preparare la colazione agli alpinisti in partenza per la Sud, e alle lunghe ore passate al binocolo per tener d’occhio quei ragazzi, persi nell’immensità della Sud, che sentiva un po’ figli suoi. 

In bilico tra dramma e leggerezza, come sempre, l’intervento di Maurizio Zanolla, il celebre Manolo, che si è presentato come uno capitato sul palco di Trento per caso (“sono l’unico qui a non aver aperto una via sulla Sud!”).

E poi ha affascinato il pubblico con il racconto del primo tentativo di ripetizione del Pesce, con Heinz Mariacher, Luisa Jovane e Bruno Pederiva, in cui sé è dovuto far calare per venti metri, ormai al buio, da un cliff, un gancio ancorato a un buco nella roccia, verso i compagni che per vederci avevano acceso una candela. Alla fine, giustamente, la sala è venuta giù dagli applausi.   

Negli anni, il vero “padrone” della Marmolada è stato Maurizio Giordani, che negli anni ha messo insieme 50 vie nuove e un bel numero di prime invernali e solitarie. Prima di parlare delle sue realizzazioni più importanti, è toccato a lui, com’era giusto, il compito di raccontare i primi decenni di storia della Sud, dalla via tracciata nel 1901 dall’inglese Beatrice Tomasson e dalle sue guide di Primiero fino agli anni di Armando Aste e degli altri campioni della “scuola di Rovereto”. 

Molto spazio è stato dedicato da Giordani agli anni tra le due guerre mondiali, con il racconto delle vie tracciate sulla Sud da Luigi Micheluzzi, Gino Soldà, Hans Vinatzer e altri, e gustosi pettegolezzi sulla competizione e i difficili rapporti tra i campioni dell’arrampicata dolomitica di quegli anni.           

Ovviamente centrali nel racconto dell’alpinismo sulla Sud le parole di Igor Koller, che ha raccontato in un italiano quasi perfetto la “molto grande avventura” che ha portato lui e il diciassettenne Jindŕich Šustr, arrivati dalla Cecoslovacchia socialista, a compiere la prima salita del Pesce, entrando così nella storia dell’arrampicata sulle Dolomiti. 

Fermarsi ai momenti mitici, però, fa rischiare allo storico e al cronista di non essere aggiornato sul presente. Sono stati preziosi, in questo senso, i racconti dell’asso trentino Rolando Larcher, autore di sette vie nuove e di estrema difficoltà sulla Sud, e della piemontese Federica Mingolla che nel 2016 ha salito in libera e a vista il Pesce, mito e pietra di paragone per i grandi alpinisti che frequentano le Dolomiti. I toni sbarazzini di Mingolla, e il dettaglio della ricerca di un compagno di Facebook hanno arricchito una storia straordinaria dal punto di vista alpinistico. 

A chiudere nel modo migliore la serata ha provveduto Matteo Della Bordella, prima con il racconto della ripetizione del Pesce compiuta anni fa insieme al padre (“è stato il momento di svolta della mia vita”), e poi con quello dell’apertura di Madre roccia, una via-capolavoro completata nel 2023 da Matteo e dall’intramontabile Maurizio Giordani insieme a Iris Bielli e Massimo Faletti.


I protagonisti della serata, foto Stefano Ardito

 

Ha reso scorrevole la serata dedicata alla Sud la scelta di parlare solo raramente di gradi (sempre altissimi, ovviamente). E’ stato giusto e importante aver ricordato il ruolo delle alpiniste nell’esplorazione della Sud. Prima di Mingolla e di Bielli c’erano state Silvia Jovane e Rosanna Manfrini, compagne rispettivamente di Mariacher e Giordani. 

Ad avviare la storia della parete, d’altronde, è stata la britannica Beatrice Tomasson, che una foto d’epoca ha mostrato ai piedi della Sud con in testa un vezzoso cappellino del tempo. 

Prima della conclusione, in un sipario molto applaudito, l’APT del Primiero, le Aquile di San Martino di Castrozza (lo storico gruppo alpinistico locale) e gli organizzatori del Piolet d’Or hanno confermato che, nel prossimo autunno, la manifestazione si terrà nuovamente ai piedi delle Pale. Bene così, perché il grande alpinismo sulle Dolomiti è di casa.    

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