Adriana Pannitteri, intervista alla giornalista di Tg2 Storie: “Non mi interessa la tv delle polemiche. Il cambiamento è una sfida”
Adriana Pannitteri si è raccontata ai microfoni di TvBlog, svelando le tappe della sua carriera e i suoi recenti progetti.

Giornalista e scrittrice, Adriana Pannitteri ha condotto – per più di 20 anni – il Tg1, diventando anche vice-caporedattore di Tg1 Special. Poi ha cambiato rotta e, dal 2024, è al timone di Tg2 Storie, una rubrica del Tg2 che si occupa di intervistare personaggi del mondo dello spettacolo ma anche di raccontare storie inerenti fatti di cronaca e attualità. Pannitteri si è raccontata alle pagine di TvBlog, mettendo a disposizione tutto il suo percorso che l’ha portata ad essere tra i volti più di impatto del palinsesto Rai.
Quali sono stati i momenti più significativi della sua carriera e i lavori che l’hanno maggiormente segnata, sia dal punto di vista professionale che personale?
Ci sono stati tanti momenti epocali. Io ho iniziato con piccoli articoli in diverse redazioni, ho lavorato nell’ufficio stampa del comune di Roma per poi arrivare in Rai. All’inizio avevo un sogno, che era quello di diventare una giornalista televisiva, e ho tenacemente percorso quella strada. Sono entrata in televisione da precaria, e nel 1990 ho avuto il mio primo contratto a Unomattina. Si sono poi susseguiti diversi contratti – sempre da precaria – e nel 1997 sono stata finalmente assunta. Quello è stato sicuramente un anello importantissimo della catena di tante cose che ho fatto nel mio lavoro. Sono stata tenace ma ho fatto anche molti sacrifici. Ricordo inoltre una forte emozione provata tanti anni fa, prima ancora di entrare in Rai, quando avevo una mia rubrica che trattava tematiche sociali per Porta Portese, che era all’epoca un giornale di annunci. Ricevetti il mio primo assegno, e quella è stata una cosa bellissima. Posso ricordare anche il primo giorno della mia conduzione al Tg1, il 1 gennaio 2001. Riguardando indietro, posso dire di avercela fatta.
Nel corso degli anni ha seguito importanti casi di cronaca per il Tg1, ma si è anche occupata di politica e attualità. Quali ambiti del giornalismo sente più affini? E come vive il cambiamento nel suo mestiere: come un ostacolo o come una nuova sfida?
Io amo la cronaca, entrare nella carne viva dei fatti ma senza essere una “sanguinaria“. Quello che mi interessa è sentire quello che accade nella vita delle persone e capire il perché di certi fatti. Nel 2006 sono entrata per la prima volta nell’Ospedale Psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, dove erano ricoverate le mamme che avevano ucciso i loro figli. Lo scopo iniziale era quello di approfondire il delitto di Cogne, ma in realtà a me interessava soprattutto capire il perché di certi eventi e cosa succede davvero nella mente delle persone. Questo è un obiettivo che io ho tenacemente inseguito.
Quando sono stata assunta in Rai, mi proposero all’inizio di occuparmi anche di politica, ma io ho preferito parlare di cronaca. Ritengo che questa scelta sia stata anche molto difficile, perché quando si entra nella vita delle persone si paga anche un prezzo psicologico. Allo stesso tempo, mi ha dato tanto. Il cambiamento è per me una sfida. L’anno scorso ho lasciato il Tg1 per venire al Tg2, e ho sempre pensato che cambiare rappresenti un elemento sfidante per le persone. Io mi sento continuamente in prova, non sento di aver ottenuto qualcosa che sia per sempre e ritengo che sia importante mettersi sempre alla prova.
Nei suoi libri affronta spesso tematiche sociali, con particolare attenzione al fenomeno del femminicidio. Qual è la sua lettura attuale della situazione?
Sono stata in tantissime scuole per presentare i miei libri e ho incontrato moltissimi giovani. I fatti che ogni giorno siamo costretti a raccontare ci fanno pensare che abbiamo ancora tanta strada da fare, ma credo che dobbiamo continuare a insistere. Molti femminicidi riguardano soprattutto persone giovani e portano alla luce una fragilità della condizione umana. C’è un grande lavoro da fare, soprattutto in questo momento di debolezza dei giovani, che io avverto sempre di più. Le donne hanno raggiunto un livello di messa in comune delle problematiche, ma manca una sensibilizzazione più forte rispetto all’uomo, ed è per questo che io amo andare nelle scuole. Le domande che gli alunni mi pongono mi hanno fatto spesso capire quanto abbiano in realtà bisogno di parlare. I ragazzi non parlano, e alimentano dentro sé stessi delle dinamiche che sono pericolose. C’è quindi bisogno di comprendere cosa succede dentro la testa di questi giovani.
Ha scritto un libro dedicato a Raffaella Carrà, figura iconica della televisione italiana. Cosa le ha lasciato la sua storia? Oggi vede nel panorama televisivo femminile qualcuno che incarna una personalità artistica simile alla sua?
Mi viene da rispondere con le parole che ha scritto Vincenzo Mollica sul retro del mio libro: “Imitare Raffaella Carrà è un esercizio triste, perché nessuno ci può riuscire”. Per me incarna quella donna che, attraverso la tenacia, la fatica e zero compromessi, riesce ad arrivare ad un risultato. Lei è una figura completa, e nel panorama televisivo non riesco a trovare una persona come lei.
Ci sono sicuramente delle figure interessanti come Francesca Fagnani, per cui c’è recentemente una grande attenzione, ma parliamo comunque di una giornalista che fa un programma interessante. La Carrà riusciva però ad essere ballerina, cantante e anche giornalista, dato che nell’ultimo periodo – durante il Covid – fu al timone di un programma di interviste. Al momento non esiste una donna come lei.
È alla guida di Tg2 Storie. I racconti della settimana, un programma che sta ricevendo ampi consensi. Qual è, secondo lei, il punto di forza di questo format?
Questo programma va a cercare storie di vita quotidiana, appartenenti a persone comuni ma che fanno cose straordinarie. Nelle mie interviste in studio, vado a cercare un personaggio famosissimo senza focalizzarmi sul gossip o sulla sua vita privata. Non chiederò mai a una persona che sta male di andare oltre quello che si sente di dire. Non mi interessa una televisione delle polemiche, e questo rende tutto estremamente più difficile. Purtroppo gli ascolti si fanno molto spesso in questo modo. La chiave del successo di questo programma è inoltre il rapporto con il mondo dei social, che mi stanno dando tanto e che mi stanno facendo conoscere al grande pubblico.
Futuri progetti?
Il futuro è vedere cosa succede con il palinsesto; spero di riprendere la rubrica a settembre. Sto lavorando inoltre ad altri libri ma non posso al momento dire nulla.