Gino Cecchettin ai trapper: “Frasi sess*ste e donna oggetto concetti da sradicare”
Il padre di Giulia Cecchettin invita il mondo della musica, in particolare quella rap, a riflettere di più sui testi delle canzoni: “Mi sono immaginato che tra il pubblico di quei concerti ci fosse Giulia, o altre ragazze come lei” Parla Gino Cecchettin, padre della scomparsa Giulia, uccisa come ricordiamo da Filippo Turetta in un […] L'articolo Gino Cecchettin ai trapper: “Frasi sess*ste e donna oggetto concetti da sradicare” proviene da LaScimmiaPensa.com.

Il padre di Giulia Cecchettin invita il mondo della musica, in particolare quella rap, a riflettere di più sui testi delle canzoni: “Mi sono immaginato che tra il pubblico di quei concerti ci fosse Giulia, o altre ragazze come lei”
Parla Gino Cecchettin, padre della scomparsa Giulia, uccisa come ricordiamo da Filippo Turetta in un caso tragico che ha sconvolto l’Italia. Il padre della ragazza riflette sull’ascendente dei testi di certe canzoni e di un certo tipo di musica e su che messaggio ne filtra rispetto a quello che è successo a sua figlia.
In una lettera aperta a rapper e trapper, dice: “Ci sono testi che contengono frasi sessiste, che rendono la donna un oggetto. Concetti da sradicare. Mi piacerebbe un confronto vero. Chiederei loro di avere il coraggio di essere rivoluzionari dicendo le cose in un altro modo”. La polemica sui contenuti espliciti e controversi nei brani rap non è, come sappiamo, una cosa nuova.
“Abbiamo ricevuto l’invito a partecipare come charity partner all’Aperishow di Padova, una manifestazione molto frequentata e discussa, che negli anni ha visto la partecipazione di artisti di alto livello. Tra loro, anche chi cantava testi discutibili, sessisti. In Fondazione ci siamo chiesti: vale la pena partecipare? C’era chi diceva di sì e chi invece era contrario”, prosegue Cecchettin.
“Alla fine ho deciso io. Per me è giusto parlare e fare arrivare il messaggio a tutti. A maggior ragione se i fruitori sono giovani che esaltano alcuni stereotipi maschili. Ho detto: facciamoci sentire, magari qualcuno ascolta. Mi sono immaginato che tra il pubblico di quei concerti ci fosse Giulia, o altre ragazze come lei”.
“Ho immaginato mia figlia lì, che ascolta certi versi, e ho cercato di dare un messaggio da papà: le parole possono fare la differenza tra la Giulia che oggi non c’è più e le donne che domani potrebbero non esserci perché qualcuno decide di prendersi la loro libertà. Da qui è nata l’idea di una lettera aperta, che ho scritto di mio pugno”, sostiene Cecchettin.
Sulla sua posizione nei riguardi degli artisti, dice: “Ho cercato di empatizzare con loro. Devono essere liberi, ma li ho esortati a esprimere gli stessi concetti con altre parole, nel modo giusto, senza frenare la loro arte. Abbiamo fatto delle ricerche, e ci sono stati artisti, trapper, che hanno proposto testi opinabili, discutibili, con frasi sessiste”.
I testi incriminati, secondo Cecchettin: “Li avevo letti in passato. In generale mi hanno colpito tutti quei testi che oggettificano la donna, come fosse una cosa di proprietà: tu sei mia, faccio quello che voglio. È questo il concetto da sradicare. Bisogna eliminare tutto ciò che incita all’odio, al razzismo, alla violenza“.
“Mi piacerebbe sapere perché si arriva a spingersi fino a un certo punto. Forse per vendere, per fare clamore, far parlare di sè… Mi piacerebbe un confronto vero, reale, senza riflettori, entrare nell’intimità dell’artista. Magari succederà…” argomenta, auspicando un incontro e un confronto diretto con gli artisti in questione.
Alla domanda su cosa direbbe loro, risponde: “Di dire le cose in un altro modo. Che può scegliere di cavalcare l’onda del ribelle pur di far notizia, cercando l’esaltazione di modelli sbagliati, oppure può avere il coraggio di essere controcorrente, di sfruttare di più l’arte vera, quella che ti fa piangere, sognare, pensare”.
“Anche questo è rivoluzionario: nel momento in cui tutti sbraitano, si può scegliere di essere artisti che parlano di cose sensate. Si può fare trap senza volgarità. Il mio è un invito alla riflessione, non è censura, gli artisti sono liberi di fare quello che vogliono. La libertà è uno dei valori che condivido in pieno. Esortare non è censurare”.
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Fonte: La Repubblica
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