Havoc: le vie della vendetta in un action violento e disilluso – Recensione

A Natale sono tutti più buoni, o almeno dovrebbero. Una regola che non seguono di certo i vari personaggi che compongono il ramificato affresco criminale di Havoc, nuova esclusiva del catalogo di Netflix che vede dietro la macchina da presa il regista gallese Gareth Evans, giustamente idolatrato dagli appassionati di action-movie per il suo memorabile […]

May 6, 2025 - 08:56
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Havoc: le vie della vendetta in un action violento e disilluso – Recensione
Havoc

A Natale sono tutti più buoni, o almeno dovrebbero. Una regola che non seguono di certo i vari personaggi che compongono il ramificato affresco criminale di Havoc, nuova esclusiva del catalogo di Netflix che vede dietro la macchina da presa il regista gallese Gareth Evans, giustamente idolatrato dagli appassionati di action-movie per il suo memorabile dittico, in crescendo, di The Raid, girato in terra indonesiana.

Qui il cineasta sembra aver parzialmente smarrito quella verve dinamica e ipercinetica che contraddistingueva i suddetti cult, optando per un approccio più occidentale dal taglio classico, con le atmosfere crime che prendono spesso il sopravvento sull’impatto ludico, con i toni da neo-noir che tolgono spazio alla fisicità delle incontenibili coreografie. Sia chiaro, l’azione non manca di certo nel corso dell’ora e quaranta di visione, ma le premesse non sono state del tutto rispettate.

Havoc, recensione: fino all’ultima pallottola

Al centro di Havoc troviamo il detective Patrick Walker – un granitico Tom Hardy – un uomo tormentato dai sensi di colpa, con la famiglia a pezzi e un oscuro segreto nel recente passato. Siamo prossimi al 25 dicembre e ha luogo un affare di cocaina andato per il verso sbagliato, coinvolgente guarda caso in prima persona il figlio del sindaco corrotto. C’è un poliziotto gravemente ferito di mezzo, ma quando si scopre che alcuni suoi colleghi – incluso lo stesso Walker – sono stati coinvolti in qualcosa di losco la situazione si complica sempre più.

Se questo già non bastasse, l’arrivo in città di una potente gangster cinese, in cerca di vendetta per la morte di quel primogenito a sua volta invischiato nel suddetto “fattaccio”, scatena il caos, dando via ad un tutti contro tutti dalle conseguenze potenzialmente esplosive.

Ciak, azione!

E allora ecco che la violenza si scatena per le strade, in discoteche quali novelli teatri grand-guignol e in vetusti ospedali già obliati dalla sofferenza, fino a quella resa dei conti – una vera e propria carneficina – ambientata nel paesaggio innevato di una baita sul lago.

Havoc non fa sconti nel mostrare sangue a fiotti, con esecuzioni anche truculente e sparatorie crude e crudeli, ma proprio nel suo eccessivo appoggiarsi alle armi da fuoco sacrifica i combattimenti corpo a corpo, pur presenti ma meno interessanti di quanto ci si potesse attendere: d’altronde la scelta di Hardy come protagonista dava adito ad una materialità ben diversa dai precedenti film del regista, dominati dalla presenza scenica e atletica della star action Iko Uwais.

Il problema è che l’intreccio si fa troppo farraginoso con lo scorrere dei minuti e si perde interesse per le varie figure coinvolte, buone o cattive che siano, con una linea di grigi molto esasperata a sottolineare come il denaro e l’interesse personale agiscano sugli interessi di (quasi) chiunque.

Manca di profondità nello scavo dei vari contendenti e questo gioco criminale, dove occhio per occhio dente per dente è ben più che una massima di vita (e di morte), latita di anima e cuore, rivelandosi un compitino onesto ma inaspettatamente uguale a tanti altri.

Conclusioni finali

Havoc conferma sì il talento dietro la macchina da presa di Gareth Evans nel gestire l’azione brutale e ben coreografata, ma nel tentativo di adattarsi a un’impostazione occidentale, perde parte della sua identità distintiva, con le stesse sortite action meno ispirate del previsto.

Nonostante una confezione solida e il carisma di un Tom Hardy volutamente apatico, il film si appiattisce su uno schema narrativo già visto, sacrificando sia l’energia del corpo a corpo che la profondità emotiva dei personaggi. Il risultato è un crime d’azione e d’ambientazione natalizia cupo e violento, che non annoia ma nemmeno entusiasma.