Dalla Casablanca di “Rick” all’imperiale Rabat: seduzione Marocco
Rick non abita più qui. Non lo troverete nel suo night club di Casablanca, incarnato alla perfezione da Humphrey Bogart, con quell’espressione perennemente un po’ così e la giacca dello smoking bianca, mentre incrocia gli occhi pieni di lacrime di Ingrid Bergman. Lei, Ilsa, e quell’immortale «suonala Sam». Troverete però il Rick’s Cafe, trasportato direttamente dall’iconica pellicola del 1942, incollato alle mura della Vecchia Medina, vicino al porto. Continue reading Dalla Casablanca di “Rick” all’imperiale Rabat: seduzione Marocco at L'Agenzia di Viaggi Magazine.


Rick non abita più qui. Non lo troverete nel suo night club di Casablanca, incarnato alla perfezione da Humphrey Bogart, con quell’espressione perennemente un po’ così e la giacca dello smoking bianca, mentre incrocia gli occhi pieni di lacrime di Ingrid Bergman. Lei, Ilsa, e quell’immortale «suonala Sam».
Troverete però il Rick’s Cafe, trasportato direttamente dall’iconica pellicola del 1942, incollato alle mura della Vecchia Medina, vicino al porto. Perché, se non lo sapete, nessuna scena venne girata in questo locale, in origine un fatiscente dar (cioè un palazzo tradizionale marocchino con cortile centrale), ristrutturato da un’ex diplomatica americana, Kathy Kriger, che lo ha inaugurato nel 2004, trasformandolo in un luogo di culto per turisti.
E poi c’è Casablanca. Con le sue case bianche, le pareti scrostate e divorate dalla salsedine, il verde a macchia di leopardo e la schiuma dell’Oceano che fa a pugni con le scogliere. È il fascino discreto della città più grande del Marocco con cinque milioni abitanti – la seconda del continente africano dopo Il Cairo – capitale economica di un Paese che si è già guadagnato un posto al sole.
VISION MONDIALE
Tutte le indicazioni portano ai Mondiali di calcio e i cantieri sparsi un po’ ovunque sono le stimmate di un appuntamento con la storia e del Marocco che verrà. La Vision 2030, però, è già realtà per il travel, che non deve attendere cinque anni. E che realtà.
«Il turismo nel nostro Paese è entrato in un momento storico, siamo la prima destinazione in Africa», spiega con orgoglio Achrat Fayda, ceo del Moroccan National Tourism Office, aprendo al View Bouznika “The Event – Casablanca connAction” di Welcome Travel Group, il network gestito a metà da Alpitour e Costa Crociere. «Abbiamo un’offerta varia – ha sottolineato – e abbiamo investito centinaia di milioni nel settore. Non solo. Continueremo a investire nel travel per fare in modo che il Marocco sia sempre più accogliente. C’è grande fermento per il mercato italiano».
Non a caso, durante l’evento, il Regno nordafricano è stato premiato come miglior partner turistico del 2025, davanti a 1.500 professionisti del settore tra agenzie di viaggi, tour operator, compagnie aeree e media italiani.
UN PAESE IN VOLO
Insomma, il turismo dall’Italia sta andando decisamente forte nella ex colonia francese del Maghreb. Vediamola così: un altro dispettuccio ai cugini d’oltralpe, già superati nel 2024 per presenze turistiche tra gli Stati Ue. D’altronde, Humphrey Bogart a parte, per gli italiani Casablanca fa rima con un altro film che sa quasi di invocazione: “Casablanca Casablanca” di Francesco Nuti, anno di grazia 1985. Una città che potrà anche non possedere lo charme travolgente di Rabat, ma che resta un punto fermo per il trasporto aereo: è uno degli scali migliori non solo per raggiungere l’Italia, ma per spostarsi fra Africa dell’Ovest, Europa e Nord America.
E qui spunta un altro indizio: proprio quest’anno infatti Royal Air Maroc celebra 50 anni di attività in Italia, a conferma del rapporto solido tra i due Paesi. Sei i collegamenti con Torino, Milano Malpensa, Venezia, Bologna, Roma Fiumicino e Napoli. L’obiettivo della compagnia – che nel 2024 ha trasportato 7,5 milioni di passeggeri – è di chiudere la stagione in Italia con una crescita fra il 5 e il 7%.
MOSCHEA SULL’OCEANO
Venti minuti in van dall’hotel, a zig zag fra le arterie semideserte di Casablanca e il silenzio domenicale scandito dalla voce del muezzin che richiama alla preghiera, e quasi all’improvviso ti ritrovi al cospetto della Moschea Hassan II, la più grande del Marocco, la terza del mondo arabo. Edificata per volere del Re Hassan II e inaugurata nel 1993, è scolpita su un promontorio che si sporge sull’Atlantico, con un minareto di 210 metri che come un faro illumina la strada ai fedeli: non a caso, durante la notte, un raggio laser punta in direzione de La Mecca.
All’interno possono trovare posto in 25.000, l’enorme piazzale può ospitarne 80.000. Lunga circa 200 metri, è una delle poche moschee al mondo aperta anche ai non musulmani. Le parole non bastano a descrivere l’immensità e la profondità – non solo strutturale – di un edificio nato come risposta ai simboli più famosi degli altri Paesi: la Statua della Libertà negli Stati Uniti, il Colosseo in Italia e la Torre Eiffel in Francia. Resti abbagliato dalle decorazioni zellige (in mattonelle), dai mosaici, dai marmi e dalle rifiniture in legno.
Anche qui un magistrale tocco italiano: 56 splendidi lampadari in vetro di Murano. Nei sotterranei lo spazio dedicato agli hammam con vasche, bagno turco e la sala per le abluzioni. L’ultimo dettaglio è degno di nota: il tetto scorrevole apribile, che in estate permette un’aerazione naturale e un continuo ricambio d’aria. Il costo? Circa 500 milioni di dollari, usciti dalle tasche del popolo marocchino.
CAPITALE IMPERIALE
Un’ora o poco più di autostrada separa Casablanca da Rabat, la capitale, bagnata dal fiume Bou Regreg e dall’Atlantico: Patrimonio Mondiale dell’Unesco dal 2012, nel 2026 sarà anche Capitale mondiale del libro. Sul biglietto da visita della città imperiale è scritto poi “Mondiali 2030”, fra gru e palazzi in costruzione, ma soprattutto grazie al nuovo stadio, che appare già imponente. L’occhio, però, è subito catturato da ben altro. Nulla, infatti, può superare per grandezza e magnificenza la Kasba degli Oudaïa, la fortezza reale berbera, collocata su uno sperone di roccia e circondata da giardini francesi, che svetta sull’oceano.
L’ingresso avviene attraverso una porta monumentale, la Bāb al-Wudāyya. I cannoni che spuntano dalle feritoie stanno lì a ricordarci la sua funzione difensiva: venne edificata dagli Almoravidi per combattere i berberi Barghawāta. Ci addentriamo fra le vie anguste e lastricate della Kasba, che ospita una moschea, un grande museo, giardini andalusi e un quartiere residenziale, famoso per le sue pareti blu e bianche. Impossibile non notare i ragazzi che approfittano della bella giornata per un tuffo in acqua.
UNA TORRE A METÀ
Altre cartoline sfavillanti da Rabat: scopriamo Chella, un’antica città romana, con le vestigia del foro e le tracce della Curia, di una fontana monumentale e di un arco di trionfo. Ed è qui vicino che le cicogne sono beatamente appollaiate sugli alberi sospesi nel vuoto, totalmente incuranti dei turisti che da una terrazza cercano la posa migliore per immortalarle.
Regalarsi un piacevole su e giù tra i profumi e i colori della vivace Medina è un obbligo. Soprattutto per i negozietti che costellano le viuzze del suq, fra tappeti berberi, ceramiche, spezie, ricami e gioielli. E l’ennesima splendida vista sull’Oceano Atlantico.
Eppure l’iconica Torre di Hassan, un minareto del XII secolo di una moschea incompleta, riassume in sé il fascino di tutte le opere rimaste interrotte: la Sagrada Familia di Barcellona, tanto per fare nomi. Iniziata per ordine del sultano Yacoub al-Mansour, nei progetti la torre sarebbe dovuta diventare la più grande del mondo con l’adiacente moschea. Secondo quanto racconta la tradizione, fu disegnata da un architetto che utilizzò uno schema costruttivo simile a quello adottato per la “gemella” della Torre di Hassan e diventata uno dei più famosi edifici di sempre: la Giralda, simbolo di Siviglia. I lavori, però, vennero interrotti alla morte del sultano, nel 1199, e la costruzione rimase a metà: 44 metri invece degli 80 previsti.
Identica la sorte delle mura, così come quella delle 200 colonne che dovevano essere innalzate. Realizzata in pietra arenaria rossa, la torre non ha scale, ma una rampa, che avrebbe permesso al muezzin di raggiungere la cima in groppa a un cavallo, per poter intonare l’invito alla preghiera, recitato cinque volte al giorno. Unica opera completa dell’area, così, è il moderno mausoleo di Mohammed V. Ma quel senso di incompiuto della torre non ha eguali. In fondo è il vero segreto delle meraviglie senza tempo.