Clair Obscur Expedition 33: domani salperemo verso l’ignoto
Clair Obscur Expedition 33 è uno di quei giochi che giungono un po’ in sordina, almeno per quanto riguarda il grande pubblico, nonostante trailer e materiali promozionali abbiano già acceso la curiosità di molti, specialmente gli amanti dei giochi di ruolo. A firmarlo è Sandfall Interactive, piccolo ma ambizioso studio con sede a Montpellier. Dietro […] L'articolo Clair Obscur Expedition 33: domani salperemo verso l’ignoto proviene da Vgmag.it.


Clair Obscur Expedition 33 è uno di quei giochi che giungono un po’ in sordina, almeno per quanto riguarda il grande pubblico, nonostante trailer e materiali promozionali abbiano già acceso la curiosità di molti, specialmente gli amanti dei giochi di ruolo. A firmarlo è Sandfall Interactive, piccolo ma ambizioso studio con sede a Montpellier. Dietro questa realtà di una trentina di persone si cela però un gruppo di veterani dell’industria: il direttore creativo e CEO Guillaume Broche, ex Ubisoft, ha raccolto attorno a sé figure provenienti da studi di alto profilo, tra cui Quantic Dream. Parliamo di professionisti che hanno messo mano a titoli come Assassin’s Creed, Detroit Become Human e Heavy Rain, un dream team ricco d’esperienza e talento. Il frutto di questo sodalizio è un gioco di ruolo a turni che sorprende sin da subito per la sua maturità narrativa, originalità d’ambientazione e raffinatezza artistica. La narrazione ci conduce in un mondo in rovina, sospeso sull’orlo dell’estinzione, dove, una volta l’anno, la misteriosa Pittrice si ridesta dal suo torpore e inizia a dipingere sul Monolito il numero “maledetto”. Coloro che raggiungono quell’età fatidica svaniscono nel nulla, dissolvendosi in fumo come se la loro esistenza venisse cancellata da un destino ineluttabile. Il gioco si apre con una scena di rara intensità emotiva: Gustave, il protagonista, prende parte al Gommage di una sua conoscenza, un ultimo saluto riservato a coloro che, con l’arrivo del nuovo numero, scompariranno. È in questo contesto che nasce il motivo della spedizione annuale: la numero trentatré, una marcia disperata verso il misterioso Monolito, con l’unico scopo di eliminare la pittrice e riconquistare un futuro che non sia più sospeso sul filo di una condanna a tempo.
Clair Obscur Expedition 33: quando qualcuno cade, noi continuiamo
L’incipit del gioco si staglia tra i più drammatici e intensi dell’intera storia videoludica. In appena mezz’ora, il titolo riesce a edificare un contesto emotivo di rara potenza, gettando subito il giocatore in un’atmosfera plumbea, segnata da dolore, inevitabilità e disperazione. Fin dai primi istanti, l’opera impone con decisione il proprio tono adulto e privo di compromessi. La narrazione non arretra mai di fronte alla tragedia, anzi: la pone costantemente al centro dell’esperienza: alcuni momenti risultano particolarmente crudi e “grafici”, quando i personaggi subiscono ferite gravi i loro volti vengono mostrati grondanti di sangue, non mancano inoltre sequenze di intensa violenza e scene disturbanti, in grado di scuotere anche lo spettatore più navigato. Il tono complessivo dell’opera è pervaso da una malinconia così densa da risultare, in certi frangenti, quasi soffocante. I temi affrontati si distaccano radicalmente dalla media del genere: la famiglia, il lutto, il valore intrinseco della vita, il senso profondo dell’arte, il sacrificio personale. Tutti elementi esplorati con rara profondità e osservati da molteplici prospettive, spesso in netto contrasto tra loro. Un risultato straordinario, raggiunto soltanto da pochi, indimenticabili esponenti del genere come Xenogears, Vagrant Story, Lost Odyssey, Shadow Hearts e Chained Echoes. Eppure, a stemperare la disperazione che avvolge la narrazione, emergono momenti di inaspettata leggerezza, di sincera amicizia e di profonda umanità che permettono di apprezzare altri lati dei membri della spedizione, tratteggiati con una delicatezza sorprendente, mai artificiosa. I momenti di quiete negli accampamenti rappresentano veri e propri intermezzi lirici, in cui l’opera rallenta il passo per concedersi all’introspezione.
Di particolare rilievo è il Diario delle Spedizioni, una raccolta di memorie sparse per il mondo di gioco, lasciate come traccia del proprio passaggio. Si tratta di un elemento narrativo di straordinaria potenza emotiva. Ogni annotazione, scritta da chi ha affrontato quel cammino prima di noi, racconta una storia di dolore, coraggio e sacrificio. Parole intrise di malinconia e speranza, capaci di trasmettere un profondo senso di continuità e una fratellanza silenziosa. Il ritmo narrativo, infine, è serrato e incalzante: i colpi di scena si susseguono con cadenza vertiginosa, mantenendo costantemente alta la tensione. E sebbene alcune svolte narrative possano risultare intuibili agli occhi più attenti, l’impatto emotivo permane intatto, sorretto da una regia salda, da una sceneggiatura che colpisce con precisione nei momenti chiave, e da una messa in scena carica di pathos. La durata dell’avventura principale si attesta attorno alle 35 ore, ma per coloro che desiderano esplorare ogni recesso del mondo di gioco, affrontare le missioni secondarie e addentrarsi nelle aree opzionali, il tempo richiesto si estende ben oltre le 50 ore. A ciò si aggiunge la presenza di un New Game Plus, che arricchisce ulteriormente l’offerta, offrendo nuovi stimoli e prospettive per chi volesse rivivere l’esperienza a “carte scoperte”. Meritevole di menzione anche la qualità della scrittura, finalmente matura e credibile, distante anni luce dai cliché che spesso affliggono il genere. I dialoghi risultano vividi, incisivi, autentici.
Pictures of you
Il sistema di combattimento trae ispirazione in maniera evidente da Super Mario RPG, integrando sapientemente attacchi e difese a tempo all’interno di una struttura a turni di stampo classico. Le abilità sono suddivise in base al numero di “punti azione” (PA d’ora in poi) richiesti per l’attivazione: maggiore è la potenza dell’attacco, più risorse saranno necessarie per eseguirlo. È importante sottolineare che tali abilità, una volta sbloccate attraverso un apposito albero di crescita, con un massimo di sei equipaggiabili contemporaneamente. Ogni personaggio vanta inoltre una meccanica peculiare legata all’uso delle proprie abilità: vi è chi può cambiare posture di combattimento che conferiscono bonus unici a seconda della guardia adottata e chi, al contrario, è in grado di trasformarsi nei nemici affrontati, assimilando le loro tecniche e rivoltandole contro gli avversari. Accanto alle tradizionali debolezze e resistenze elementali, trova spazio un ulteriore livello strategico rappresentato dagli “attacchi sfumati”, tecniche speciali suddivise in tre livelli di potenza crescente, eseguibili una volta caricata l’apposita barra, in maniera non dissimile dalle Limit Break di Final Fantasy VII. Particolarmente singolare risulta la gestione degli oggetti di supporto, il gioco limita deliberatamente il numero di tipologie disponibili a tre sole categorie: oggetti per il recupero dei PA, per la resurrezione e per le cure, ciascuna potenziabile ed espandibile raccogliendo varianti più efficaci durante l’esplorazione. Una scelta di design asciutta ma funzionale, che permette di mantenere il focus sul combattimento. Gli attacchi e le difese a tempo, definiti “QTE” (Quick Time Events), introducono meccaniche che richiedono una padronanza tempestiva, da acquisire il prima possibile. Le abilità offensive si limitano a incrementare i danni, mentre quelle difensive, pur risultando più complesse, sono di gran lunga più potenti. La scelta iniziale riguarda la schivata o la parata: la prima offre una finestra di attivazione più ampia, mentre la seconda, sebbene più impegnativa, presenta due vantaggi cruciali. Da un lato, consente di caricare i PA, dall’altro attiva i contrattacchi, trasformando così un momento potenzialmente critico in un’opportunità. Sarà compito del giocatore decidere, volta per volta, se rischiare con una parata o optare per la più sicura schivata. Ma non è tutto.
Con il proseguire dell’avventura, i nemici acquisiranno a loro volta attacchi speciali, che dovranno essere respinti con contromosse specifiche, altri eseguiranno manovre che potranno essere evitate solo saltando, mentre più di rado affronterete nemici in grado di lanciare potenti colpi ad area che colpiranno l’intero gruppo, composto da un massimo di tre membri, mettendo a dura prova la prontezza del giocatore. La progressione del gioco è sapientemente bilanciata e, nel caso in cui si dovesse incontrare qualche difficoltà, sono disponibili diversi aiuti: opzioni di difficoltà liberamente modificabili in qualsiasi momento dell’avventura e la possibilità di impostare il successo automatico per i QTE offensivi. Tuttavia, la gestione della difesa a tempo è una caratteristica centrale nel sistema di gioco, che diventa progressivamente più complessa con combinazioni di tasti sempre più articolate e non prevede alcuna semplificazione. I Picto ed i Lumina sono un sistema di bonus che possono essere equipaggiati e richiamano lontanamente le Materia di Final Fantasy VII: spaziano dai potenziamenti al danno, alla possibilità di agire più volte in un turno, al miglioramento delle abilità di cura, fino all’immunità a determinati stati alterati. I Picto possono essere equipaggiati da ciascun personaggio fino a un massimo di tre, e una volta appresi (dopo aver completato quattro combattimenti) diventano accessibili all’intero gruppo sotto forma di Lumina. Con l’avanzare del gioco, la progressione dei livelli consente di equipaggiare decine di Lumina per ciascun membro del party, offrendo così un alto livello di personalizzazione e la possibilità di costruire build altamente specializzate per ogni personaggio. Tuttavia, un tutorial più approfondito e una maggiore chiarezza nel distinguere le abilità già apprese da quelle ancora da acquisire avrebbero sicuramente reso l’esperienza più intuitiva e accessibile. Un sistema estremamente funzionale una volta compreso, ma inizialmente criptico e poco intuitivo.
Paint it black
La mappa di gioco, che funge da collegamento tra il mondo, i villaggi e i dungeon, consente di accedere a zone precedentemente inaccessibili grazie a nuove abilità che si sbloccano con l’avanzare della trama, stimolando così una costante curiosità esplorativa. È possibile allestire un accampamento in qualsiasi momento, un rifugio che offre la possibilità di potenziarsi e di salvare. Pur non essendo vastissimo, il mondo risulta ricco e variegato, denso di contenuti opzionali, segreti e missioni secondarie, molte delle quali arricchiscono il background dell’ambientazione e dei suoi abitanti, tanto bizzarri quanto pericolosi. Alcune aree opzionali, sebbene di dimensioni contenute, sono progettate con cura e intrise di dettagli narrativi che ne valorizzano l’importanza. Tornando al sistema di salvataggio, il gioco registra automaticamente i progressi ogni volta che si raccoglie un oggetto o si cambia area. È comunque possibile effettuare salvataggi manuali presso gli accampamenti o utilizzando gli Elisir, oggetti a uso limitato che si ricaricano riposando ai punti di ristoro, rappresentati dalle bandiere delle spedizioni. Queste ultime, disseminate ovunque, anche all’interno dei dungeon, fungono sia da checkpoint che da nodi per il viaggio rapido. Se l’intenzione di questo sistema era quella di evitare la pratica di salvataggi frequenti non si può dire che l’obiettivo sia stato raggiunto. In pratica, grazie agli Elisir, è possibile aggirare il sistema, salvando in qualsiasi momento e luogo, il che, pur conferendo una certa flessibilità, solleva alcuni dubbi sulla reale necessità di tale meccanismo.
Un’altra scelta che sicuramente susciterà opinioni contrastanti è l’assenza della mappa o anche solo di un compasso all’interno dei dungeon, una decisione voluta e rivendicata con forza dal team di sviluppo per incentivare una maggiore attenzione durante l’esplorazione. Sebbene tale scelta riesca nell’intento di rendere l’esplorazione più immersiva, essa può anche generare frustrazione, soprattutto nelle zone più complesse, dove risulta facile perdere completamente l’orientamento, rendendo l’esperienza esplorativa più macchinosa del necessario. Problemi di orientamento a parte, le ambientazioni lasciano senza fiato per varietà, fantasia e impatto visivo, sorprendendo a ogni nuova area esplorata. Ogni scorcio pare uscito da un dipinto, grazie a una palette cromatica ispirata e a una direzione artistica che non teme di osare e che, proprio per questo, conquista. A imprimere un tono onirico e straniante al mondo di gioco contribuisce in modo determinante un uso particolarissimo delle luci che conferiscono a ogni luogo un’aura surreale, sospesa. Panorami talmente belli che si avverte con rammarico l’assenza di una modalità fotografica, che avrebbe consentito di immortalare e valorizzare ulteriormente paesaggi di rara bellezza. Altrettanto straordinario è il comparto sonoro: le musiche, ora evocative, ora struggenti o travolgenti a seconda del contesto, accompagnano l’esperienza con una sensibilità rara. La colonna sonora non si limita a essere un mero accompagnamento, ma si fonde con la narrazione, ammaliando ed avvolgendo il giocatore. Per dovere di completezza, va detto che esistono alcune criticità oltre a quelle già menzionate. Sebbene non abbiano intaccato in modo significativo l’esperienza, e certamente non hanno compromesso un’avventura straordinaria, potrebbero risultare più fastidiose per alcuni giocatori, ed è giusto segnalarle. La gestione dell’esperienza all’interno del party si configura come un classico compromesso che, purtroppo, rischia di non soddisfare pienamente né i puristi della progressione narrativa né gli amanti delle soluzioni più moderne. I personaggi che non prendono parte attiva ai combattimenti ricevono infatti una quantità di esperienza significativamente inferiore rispetto a quelli schierati in campo, finendo col rimanere inevitabilmente indietro nel corso dell’avventura. Questo squilibrio costringe, qualora si desideri mantenere omogeneo il livello dell’intero gruppo, a sessioni di inevitabile farming che dilatano artificialmente la durata dell’esperienza ludica.
In tutta sincerità, ho preferito abbracciare una gestione più spontanea e funzionale, concentrandomi sui tre membri con cui sentivo maggiore affinità e lasciando progressivamente in disparte gli altri. Una scelta forse pragmatica, ma dettata dalla volontà di non snaturare il ritmo del gioco con ripetitive fasi di livellamento forzato. Sul fronte tecnico, si segnalano alcune imperfezioni che, pur non minando seriamente l’esperienza complessiva, risultano talvolta fastidiose. Nell’overworld è presente un marcato effetto di pop-in, con elementi dello scenario che si materializzano all’improvviso al procedere dell’esplorazione, compromettendo in parte l’immersione visiva. Non mancano muri invisibili e collisioni poco rifinite: capita di rimanere bloccati su piccoli oggetti come sassi, elmi o altri detriti di scena che, per natura, non dovrebbero ostacolare il movimento del personaggio. A ciò si aggiungono alcune sezioni platform, occasionali ma non trascurabili, che includono perfino sfide dedicate. Queste sequenze, poco ispirate e mal integrate nel contesto generale, risultano estranee al resto del gameplay, configurandosi più come un elemento di disturbo che come un reale valore aggiunto. Il sistema dei legami tra i personaggi, pur partendo da premesse interessanti, appare appena abbozzato e avrebbe meritato maggiore sviluppo e profondità. Invero, più che di un vero difetto, si tratta di un’occasione mancata. Discorso che può essere esteso anche Stupisce inoltre l’impossibilità di ruotare i modelli tridimensionali durante la personalizzazione estetica, una scelta incomprensibile, che assieme alla mancanza di una modalità fotografica avrebbe valorizzato ulteriormente l’eccellente direzione artistica.
Senza troppi giri di parole Clair Obscur Expedition 33 è un capolavoro. Un’opera capace di intrecciare dramma, poesia, disperazione e bellezza in un equilibrio raro e prezioso. Non mancano alcuni inciampi, è vero, ma vengono ampiamente compensati da una direzione artistica d’eccezione, una narrazione profonda e toccante, e un gameplay capace di essere tanto coinvolgente quanto appagante. Non è soltanto un grande JRPG ma un’esperienza destinata a lasciare il segno, una parabola di resistenza e speranza raccontata con cuore, eleganza e una forza espressiva fuori dal comune.
“Guardati intorno, vuole solo vederti volare.”
Se nemmeno durante la scena in cui sentirete pronunciare quelle parole vi salirà un nodo alla gola o vi correrà un brivido lungo la schiena, allora mi spiace dirvelo… ma sì: avete un cassonetto al posto del cuore.
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