Sui sentieri di Zakopane, in Polonia. Tra vette, natura e memoria

Un viaggio di fine inverno tra i laghi, le cime e le foreste dei Tatra polacchi sui sentieri percorsi dai grandissimi della storia dell’alpinismo. Una rete di rifugi accogliente, guide preparate, un Parco Nazionale severo. E Zakopane, piccola città di montagna, dove si sono conservate la cultura e l’immagine del Paese L'articolo Sui sentieri di Zakopane, in Polonia. Tra vette, natura e memoria proviene da Montagna.TV.

Apr 8, 2025 - 13:38
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Sui sentieri di Zakopane, in Polonia. Tra vette, natura e memoria

Il mare ha un occhio, che si apre a millequattrocento metri di quota. Significa “Occhio del mare”, infatti, il nome del Morskie Oko, il lago più famoso del versante polacco dei Monti Tatra. Una meta celebre, frequentata in ogni stagione, che si raggiunge con una lunga (otto chilometri, più altrettanti al ritorno) sgambata su una strada chiusa al traffico. 

Un percorso seguito da centinaia di persone al giorno durante la settimana d’inverno, e che può essere incredibilmente affollato in estate. “A volte, lungo il sentiero del Morskie Oko, si fa vedere anche l’orso” mi spiega con un sorriso Weronika Poltavska, che mi accompagna alla scoperta dei sentieri ancora in parte innevati dei Tatra, e sfoggia sulla giacca a vento il distintivo delle guide ufficiali del Parco.
“E’ accaduto un paio di anni fa, ero qui ad accompagnare degli studenti. Sono stati loro a vedere per primi un’orsa, insieme ai suoi due cuccioli, accanto al torrente che segna il confine con la Slovacchia. Ho visto anche altri plantigradi, negli anni, ma nessun incontro è stato emozionante come quello” continua la guida.

Nei boschi e nei valloni dei Tatra, protetti da quasi un secolo dal più spettacolare Parco nazionale polacco, vivono tra i 50 e i 100 orsi, affiancati da cervi (avvistiamo un gruppo di femmine in lontananza) e caprioli. Più in alto, come sulle nostre Alpi, vivono il gallo cedrone e il camoscio, qui di una sottospecie endemica. Un altro gioiello del Parco è la lince, così rara e schiva, però, da non lasciarsi quasi mai avvistare. 

Salendo al Morskie Oko, più e prima degli animali, si ammirano la foresta e le vette. Il bosco di abeti, fittissimo, stringe il sentiero dal posteggio di Palenica Bialczanska al rifugio, e solo sulla riva del lago lascia spazio alle sagome contorte dei pini mughi. Dalla prima parte del percorso, che corre parallela al confine, si vede bene il Gerlach (o Gerlachovský štít), 2655 metri, la cima più alta dei Tatra che si alza in territorio slovacco. 

Sul lago, e sul suo vicino Czarny Staw, il Lago Nero, si affacciano i ripidi pendii del Rysy, 2499 metri, la cima più alta della Polonia. In estate ci si arriva per un ripido sentiero in parte attrezzato, in questi giorni i pendii sono ancora rivestiti da neve e ghiaccio. Completano un magnifico anfiteatro di cime la catena degli Zabi, l’imponente Mieguszowiecki Szcyt, che fa da sfondo nell’ultima ora di cammino, e la guglia rocciosa del Mnich, “il Monaco”, la vetta più caratteristica e più fotografata dei Tatra. 

Quando pensiamo alle montagne polacche, noi che percorriamo normalmente l’Appennino e le Alpi abbiamo in mente i loro frequentatori più famosi. Un elenco che comprende Jerzy Kukuczka, Krszystof Wielicki, Wanda Rutkiewicz, Andrzej Bargiel e tanti altri, autori di grandi imprese sugli “ottomila” e non solo.  Personaggi che hanno compiuto ascensioni importanti su queste cime in veste estiva e invernale, e che sono ben noti al popolo dei frequentatori delle vette e dei sentieri dei Tatra. Arrivando qui dall’Italia, e dalla splendida Cracovia che dista un’ora e mezza di viaggio, si scopre che queste montagne sono prima di tutto uno straordinario terreno di gioco per chi cammina. 

“Io parlo italiano, spagnolo e slovacco, e accompagno soprattutto camminatori di queste nazionalità. Ma a Zakopane arriva gente da tutta la Polonia, e poi dalla Lituania e dagli altri Paesi baltici” spiega Weronika Poltavska. “D’inverno e in primavera, per lo scialpinismo, arrivano gruppi di britannici e di italiani. In estate ci sono escursionisti di tutta Europa” aggiunge Zofia Bachleda, guida alpina che qualche anno fa ha calcato i 6800 metri dell’Ama Dablam, in Nepal.      

Prima di puntare al Morskie Oko, sempre insieme a Weronika, salgo in funivia ai 1900 metri del Kasprowy Wierch, l’unica cima dei Tatra polacchi raggiunta da un impianto di risalita. La bufera investe la montagna, la neve a bassa quota non c’è più, solo pochi irriducibili sciatori scendono sulle piste del versante orientale della montagna. 

Partiamo con i ramponi ai piedi, da una sella orlata da cornici di neve ci affacciamo sul selvaggio versante slovacco, poi scendiamo in un vallone via via più dolce. E’ mercoledì, il meteo è infame, ma incontriamo decine di altri escursionisti, in salita o in discesa, tutti attrezzati in maniera corretta. Quando il vento spazza all’improvviso il cielo, e compare uno sprazzo di azzurro, le pareti della Swinica e dei Koscielec mostrano spigoli, goulotte e canaloni in grado di affascinare gli alpinisti. 

A un’ora e mezzo di discesa dalla cima, il grande rifugio in legno e pietra di Murowaniec ci accoglie con una fetta di torta e un caffè. Da qui a Kuznice, alla base della funivia, ci sono ancora due ore, e quando ripartiamo dal cielo inizia a scendere una pioggia insistente. Ma il rifugio è aperto tutti i giorni dell’anno, anche per chi vuole pernottare, e il traffico sul sentiero non si ferma. Il maltempo, sui Tatra polacchi, spaventa molto meno che da noi.


Panorama estivo dalla vetta del Rysi, la cima più alta della Polonia @ Adobestock

 

Zakopane città degli alpinisti. E non solo

Zakopane è una piccola città cosmopolita e allegra, l’escursionista straniero su queste montagne è benvenuto. E’ chiaro però che sui Tatra, e nell’intera regione della Malopolska (“Piccola Polonia”) il cuore dell’orgoglio nazionale batte forte. Accanto al rifugio del Morskie Oko una targa ricorda il giorno in cui questa valle è diventata polacca, un’altra a Murowaniec racconta che il rifugio è stato iniziato nel 1919, subito dopo che la Polonia era tornata sulle mappe dopo esserne stata cancellata per 123 anni. 

Al Morskie Oko, sul Kasprowy Wierch, nel rifugio della Valle Chocholowska di cui abbiamo già raccontato, attrezzi da montagna, foto e documenti ricordano Karol Woytjla, Papa (e poi Santo) Giovanni Paolo II, un uomo di Chiesa che ha avuto un ruolo fondamentale nel liberare la Polonia dal socialismo sovietico, e nel plasmare il Paese giovane e vitale di oggi.

A Zakopane, dopo essere scesi a valle dalle foreste e dalle cime, una sosta nel magnifico Muzeum Tatrzańskie e nelle altre strutture dedicate alla memoria (da non perdere la Galeria Sztuki w Willi Oksza, con le sue opere di arte moderna ospitate in una storica villa in legno) consente di capire quanto sia stato forte, tra l’Otto e il Novecento, l’intreccio tra l’esplorazione artistica e culturale dei Tatra e la rinascita dell’identità nazionale polacca. 

La piccozza del 1903 e il libretto da guida di Klemens Bachleda, insieme ai biglietti da visita lasciati dai primi alpinisti sulle cime più alte dei Tatra, raccontano una storia parallela a quella dei quadri di Stanisław Witkiewicz, di Stanisław Gałek e degli altri artisti che hanno mostrato al mondo i paesaggi di queste montagne e i volti e i costumi della loro gente. 

“Il Muzeum Tatrzańskie è il centro di una rete di strutture che comprende ville storiche, musei d’arte ed edifici dal passato doloroso come l’Hotel Palace, che durante l’occupazione nazista dal 1939 al 1944 ha ospitato gli uffici della Gestapo” spiega Emilia Pomianckiewicz, animatrice del Museo, che fa parte dell’International Mountain Museums Alliance, fondata dieci anni fa al Monte dei Cappuccini di Torino.

“Fino a oggi, per motivi di spazio, le raccolte dedicate all’alta montagna e all’alpinismo hanno potuto occupare solo un piccolo spazio del Muzeum Tatrzańskie” continua Emilia. “Il prossimo progetto è una nuova struttura dedicata all’alta quota, che avrà spazio per i grandi alpinisti polacchi e non solo. Abbiamo trovato l’edificio giusto, il Ministero della Cultura ci ha già assegnato i fondi, che arrivano in parte dall’Unione Europea. Ora dobbiamo iniziare a lavorare”. Sullo sfondo, imponenti, si alzano le vette selvagge dei Tatra.        

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