Improvvisa e imprevedibile mega esplosione vulcanica

Un’esplosione senza precedenti sotto il Pacifico Il 15 Gennaio 2022, il remoto arcipelago di Tonga, nel cuore del Pacifico meridionale, è stato scosso da un evento naturale di proporzioni straordinarie. Il vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Haʻapai, situato a circa 65 chilometri a nord della capitale Nukuʻalofa, ha eruttato con una forza devastante, sprigionando un’energia paragonabile […] Improvvisa e imprevedibile mega esplosione vulcanica

Apr 29, 2025 - 12:06
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Improvvisa e imprevedibile mega esplosione vulcanica
Un’esplosione senza precedenti sotto il Pacifico Il 15 Gennaio 2022, il remoto arcipelago di Tonga, nel cuore del Pacifico meridionale, è stato scosso da un evento naturale di proporzioni straordinarie. Il vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Haʻapai, situato a circa 65 chilometri a nord della capitale Nukuʻalofa, ha eruttato con una forza devastante, sprigionando un’energia paragonabile a un migliaio di megatoni di TNT. Questa impressionante potenza ha proiettato una colonna di gas, ceneri e vapore fino a 58 chilometri d’altezza, penetrando ben oltre la stratosfera e lambendo i confini della mesosfera. Si è trattato della più alta colonna eruttiva mai registrata nella storia dell’osservazione satellitare. La genesi del vulcano e la sua natura sottomarina Il Hunga Tonga-Hunga Haʻapai è un vulcano a crescita episodica, situato in una zona di subduzione dove la placca tettonica del Pacifico si immerge sotto quella dell’Indo-Australiana. La sua particolare posizione geologica lo rende estremamente instabile e soggetto a eruzioni esplosive. Il vulcano si trova per la maggior parte sott’acqua, ma due isole – Hunga Tonga e Hunga Haʻapai – ne rappresentano le porzioni emergenti, che si erano temporaneamente unite dopo un’eruzione del 2015. Prima dell’esplosione del 2022, queste isole avevano formato una nuova superficie terrestre che aveva suscitato grande interesse scientifico per via della sua formazione geologica e della presenza di colonie batteriche estremofile. L’esplosione del 15 gennaio: cronologia e dinamica La sequenza eruttiva del gennaio 2022 era iniziata diversi giorni prima, ma il culmine si è verificato alle 17:14 ora locale del 15 gennaio. In quel momento, una detonazione colossale ha scosso l’oceano: la pressione generata ha dato origine a un boato sonico udibile fino a 9.000 chilometri di distanza, avvertito in Alaska e in alcune parti del Giappone. Le onde d’urto hanno circumnavigato il pianeta due volte, un fenomeno estremamente raro, osservato soltanto in eventi storici come l’eruzione del Krakatoa nel 1883. Secondo i dati raccolti dalla NASA e da altre agenzie internazionali, l’energia liberata avrebbe superato di diverse volte quella della bomba atomica di Hiroshima. I satelliti meteorologici hanno catturato immagini impressionanti dell’esplosione: una gigantesca nuvola a forma di fungo ha oscurato il cielo per centinaia di chilometri, mentre una pressione atmosferica anomala si è propagata a onde concentriche in tutto il globo. Tsunami e distruzione a Tonga L’energia trasmessa all’oceano ha provocato uno tsunami devastante che ha colpito le coste di Tonga nel giro di pochi minuti. Le onde hanno raggiunto altezza superiore ai 15 metri in alcune zone, travolgendo villaggi costieri, distruggendo infrastrutture e lasciando migliaia di persone senza casa. La capitale Nukuʻalofa è stata parzialmente sommersa, con danni gravi al porto, ai centri abitati e alle reti di comunicazione. A peggiorare la situazione, un’enorme nube di cenere ha ricoperto gran parte delle isole, rendendo l’aria irrespirabile e compromettendo le riserve di acqua potabile. I sistemi di monitoraggio sismico e meteorologico sono rimasti interrotti per ore, rendendo difficoltosa la valutazione immediata dell’entità del disastro. Le comunicazioni con l’esterno sono state sospese a causa del danneggiamento del cavo sottomarino che collegava Tonga a Fiji. Impatto globale: effetti atmosferici e meteorologici L’eruzione ha avuto ripercussioni planetarie. La colonna eruttiva ha immesso nell’atmosfera enormi quantità di vapore acqueo, biossido di zolfo (SO₂) e ceneri vulcaniche, modificando temporaneamente la composizione chimica dell’atmosfera superiore. Secondo i ricercatori del NOAA e del Met Office britannico, questo evento ha innescato una serie di perturbazioni nelle correnti atmosferiche e ha influenzato le dinamiche meteorologiche globali per settimane. In particolare, la grande quantità di vapore acqueo ha contribuito a un effetto serra temporaneo, che ha leggermente alzato la temperatura della troposfera. Al contrario di quanto accade normalmente con le eruzioni vulcaniche – che tendono a raffreddare il clima – il vapore ha avuto un effetto opposto, sollevando interrogativi su come le eruzioni sottomarine possano influenzare il clima in maniera diversa rispetto a quelle terrestri. Conseguenze geofisiche e acustiche mondiali La pressione atmosferica generata dall’esplosione ha viaggiato come un’onda di marea attraverso l’intero pianeta. Osservatori meteorologici in Europa, America, Asia e Africa hanno registrato in tempo reale il passaggio dell’onda di pressione. In alcune zone dell’Italia centrale, come evidenziato dall’INGV, i barometri hanno rilevato variazioni improvvise, confermando la natura globale dell’evento. Anche le onde acustiche infrasoniche – suoni a frequenza troppo bassa per essere percepiti dall’orecchio umano – hanno continuato a propagarsi per giorni, rimbalzando tra gli strati atmosferici e venendo captate da stazioni di monitoraggio sparse nel mondo. Gli scienziati hanno definito questo fenomeno “un ruggito globale”, paragonabile a una campana planetaria colpita con forza ciclopica. Risposta internazionale e missioni scientifiche A seguito dell’eruzione, numerosi enti di ricerca e organizzazioni umanitarie hanno collaborato per comprendere e mitigare gli effetti del disastro. L’ONU, la Croce Rossa Internazionale, il Giappone, l’Australia, la Nuova Zelanda e persino la Cina hanno inviato aiuti materiali, acqua potabile, sistemi di depurazione e squadre di soccorso. Parallelamente, istituti come il Jet Propulsion Laboratory della NASA, il GNS Science neozelandese e il Centre for Earth Evolution and Dynamics di Oslo hanno iniziato studi approfonditi sul fondale marino, utilizzando droni subacquei e sonar ad alta definizione per mappare la caldera esplosa. I dati preliminari hanno mostrato un crollo della calotta vulcanica di oltre 700 metri, con la formazione di una depressione ellittica ampia diversi chilometri. Nuove prospettive sulla vulcanologia sottomarina L’eruzione del Hunga Tonga-Hunga Haʻapai ha segnato un punto di svolta per lo studio dei vulcani sottomarini, un campo ancora poco conosciuto rispetto alla vulcanologia terrestre. Gli scienziati hanno compreso come le eruzioni idromagmatiche, ovvero quelle che avvengono a contatto con l’acqua marina, possano avere impatti atmosferici e oceanici straordinari. Questo evento ha anche posto nuove domande sull’interazione tra oceano e atmosfera, sulla possibilità che eruzioni simili possano innescare cambiamenti climatici improvvisi e sulle misure necessarie per monitorare zone geologicamente attive, soprattutto nelle aree scarsamente popolate ma strategicamente rilevanti per la stabilità dell’ecosistema globale. L’importanza della prevenzione Infine, l’eruzione del Hunga Tonga-Hunga Haʻapai ha mostrato in modo tangibile quanto sia cruciale investire in reti di allerta precoce, monitoraggio satellitare e collaborazione internazionale. Paesi come Tonga, nonostante la loro fragilità infrastrutturale, sono ora al centro del dibattito globale sulla resilienza ai disastri naturali, con una maggiore attenzione da parte delle Nazioni Unite e delle istituzioni scientifiche.

Improvvisa e imprevedibile mega esplosione vulcanica