Lucio Corsi finisce al centro di una grossa polemica: “Rettifichi!”
Alla fine anche il gentile e pacifico Lucio Corsi è finito al centro di una grossa polemica. Nei giorni scorsi il secondo classificato al Festival di Sanremo 2025 è stato criticato da diversi attivisti rom per una vecchia canzone, Altalena Boy, in cui canta: “C’è chi dice: “L’hanno preso gli zingari e l’han portato in […] L'articolo Lucio Corsi finisce al centro di una grossa polemica: “Rettifichi!” proviene da Biccy.

Alla fine anche il gentile e pacifico Lucio Corsi è finito al centro di una grossa polemica. Nei giorni scorsi il secondo classificato al Festival di Sanremo 2025 è stato criticato da diversi attivisti rom per una vecchia canzone, Altalena Boy, in cui canta: “C’è chi dice: “L’hanno preso gli zingari e l’han portato in un campo fuori Roma. C’è chi dice: “L’hanno preso gli alberi, l’hanno nascosto nella chioma“.
Il marionettista Rašid Nikolić ha scritto una lunga lettera indirizzata a Lucio Corsi e approvata anche da Gennaro Spinelli (violinista, attivista Rom e presidente nazionale dell’Unione delle Comunità Romanès in Italia) e Alexian Santino (attivista Rom, fondatore e presidente dell’associazione culturale Thèm Romanò). Rašid ha contestato all’artista toscano di aver utilizzato impropriamente il termine zingaro, dandogli un’accezione negativa. L’artista rom ha quindi chiesto al cantante di Sanremo di rettificare il testo del suo pezzo, oppure il ritiro della canzone da tutte le piattaforme.
Dai social la polemica ieri sera è sbarcata anche in televisione…
Il cantautore Lucio Corsi accusato di discriminare i rom perché in una canzone del 2015 diceva: “C’è chi dice l’hanno preso gli zingari e l’han portato in un campo fuori Roma”.#Fuoridalcoro pic.twitter.com/vC0yLSwH7v
— Fuori dal coro (@fuoridalcorotv) March 19, 2025
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Il testo integrale della lettera scritta a Lucio Corsi.
Oggetto: Richiesta di rettifica e sensibilizzazione riguardo alla canzone Altalena Boy
Gentile Lucio Corsi,
Le scrivo in qualità di attivista Rom (utilizzo il termine Rom inteso come contenitore dei 5 principali sottogruppi ovvero Rom, Sinti, Kale, Manouches e Romanichals. Per semplicità nel testo che segue userò solo il termine Rom ma con l’intenzione di indicare comunque la sua complessità tutta), come promotore di questa iniziativa e portavoce anche della preoccupazione e determinazione di tanti altri attivisti e associazioni che, come me, lottano ogni giorno per la difesa dei nostri diritti per esprimere la nostra profonda apprensione riguardo ai contenuti della sua canzone Altalena Boy. In particolare, riteniamo estremamente grave l’utilizzo del termine “Zingaro” che è un insulto, un dispregiativo che significa “schiavo” e richiama al periodo un cui il popolo Rom fu schiavizzato per 500 anni nei principati Danubiani. Consideriamo inoltre ancora più grave la diffusione dello stereotipo infondato secondo cui i Rom ruberebbero i bambini, un pregiudizio che ha avuto e continua ad avere conseguenze discriminatorie e violente sulla nostra comunità.
Questo stereotipo ha radici antiche ed è stato usato nel corso della storia per giustificare persecuzioni, segregazione e violenze contro il popolo Rom. La sua perpetuazione, specialmente in una canzone dal tono giocoso e infantile, contribuisce a normalizzare un’idea pericolosa e a rafforzare pregiudizi che ancora oggi alimentano odio e discriminazione.
Il linguaggio e il contenuto della canzone Altalena Boy sono spensierati, leggeri, infantili quasi fiabeschi. Questo è problematico perché banalizza un’accusa storicamente gravissima e falsa, rendendola un elemento narrativo “normale” o accettabile come se fosse un dato di fatto.
Se si trasmette l’idea che “gli zingari rubano i bambini” in un contesto ludico o favolistico, si rafforza un immaginario negativo che poi sarà più difficile da smontare con la consapevolezza, per un pubblico che potrebbe non essere consapevole della sua pericolosità. Se un artista usa un linguaggio accessibile ai bambini, ha ancora più responsabilità su quello che trasmette.
L’aggravante principale nel testo di Altalena Boy sta nel fatto che ripropone uno stereotipo pericoloso e falso, ovvero l’idea che i Rom rubino i bambini. Non si tratta solo di un insulto o di un termine scorretto, ma di una narrazione tossica che ha avuto conseguenze reali e drammatiche nella storia.
Le parole con cui una comunità si definisce riflettono la sua storia, cultura e prospettiva. Usare termini imposti dall’esterno significa accettare una narrazione che spesso distorce la realtà o perpetua stereotipi. La possibilità di scegliere i propri termini è un atto di autodeterminazione e resistenza.
Molti termini creati da altri per designare una comunità nascono in contesti discriminatori e portano con sé un carico di pregiudizi. Utilizzare il proprio linguaggio permette di contrastare queste etichette e affermare un’identità positiva e autentica.
Chiedere di essere chiamati con il proprio nome è una richiesta di rispetto. Usare termini auto-identificativi rafforza il riconoscimento della comunità e dei suoi diritti, spingendo anche le istituzioni e i media a fare lo stesso.
L’ignoranza, intesa come il “non sapere” l’impatto di certe parole o narrazioni, non può essere una giustificazione per Lucio Corsi riguardo al contenuto della sua canzone Altalena Boy, e ci sono diverse ragioni per cui questa argomentazione non regge.
Lucio Corsi, come cantautore, ha un ruolo pubblico e una responsabilità nel veicolare immagini e concetti. La musica non è solo intrattenimento: ha un impatto culturale, sociale e politico. Quando un artista usa stereotipi per costruire una storia, sta contribuendo alla loro perpetuazione. Dire “non lo sapevo” non elimina l’effetto del danno che le sue parole possono causare.
Anche se Lucio Corsi l’autore introduce questa accusa come per bocca di altri con “c’è chi dice” ciò non lo esime dalla responsabilità di aver scelto di includere e diffondere un pregiudizio infondato: è comunque una sua responsabilità. Non è un semplice osservatore neutrale: ha deciso consapevolmente di dare spazio e amplificare un’accusa falsa e discriminatoria contro i Rom, senza decostruirla, metterla in discussione e senza alcun lavoro critico. Risulta imprescindibile che, in un paese come l’Italia dove il tasso d’odio verso il popolo Rom è altissimo (oltre l’80% degli italiani esprime opinioni negative sul popolo Rom), si possa mettere per iscritto un tale assurdo stereotipo pensando che il pubblico possa decostruirlo da solo.
Il termine corretto per riferirsi alle nostre comunità è Rom (termine generale e contenitore come scritto in precedenza) e non “zingari” termine che ci è stato imposto, che non origina dalla nostra lingua e che ci avvilisce e priva di dignità.
Il termine Rom dalla lingua Romani significa “essere umano”
Per questo motivo, chiediamo che Lei prenda provvedimenti concreti per rimediare al danno causato, attraverso i seguenti punti:
Dichiarazione pubblica: un riconoscimento ufficiale del problema e un impegno a non riproporre stereotipi dannosi nei suoi testi e nella sua musica.
Modifica o ritiro della canzone: una revisione del testo per eliminare il riferimento ai Rom o, in alternativa, l’impegno a non eseguirla, né promuoverla ulteriormente il brano che sia di persona o attraverso le svariate possibili piattaforme streaming e cessare la sua vendita e diffusione in ogni forma.
Incontro di sensibilizzazione: la disponibilità a confrontarsi con attivisti e associazioni Rom per comprendere meglio l’impatto di tali narrazioni sulla nostra comunità.
Gesto concreto di riparazione: un sostegno a campagne di sensibilizzazione contro i pregiudizi sul popolo Rom.
Siamo disponibili a un dialogo costruttivo e a un incontro per discutere insieme le possibili soluzioni. Confidiamo nella sua sensibilità e nella sua responsabilità come artista, affinché questa occasione possa trasformarsi in un’opportunità per diffondere una cultura di rispetto e inclusione.
Viviamo in un’epoca in cui l’accesso alle informazioni è immediato. Gli stereotipi sui Rom, in particolare quello del furto di bambini, hanno radici profonde e sono documentati come pericolosi e infondati. Un artista che decide di scrivere su certi temi ha il dovere minimo di informarsi. Se non lo ha fatto, ha agito con negligenza, e la negligenza non è una giustificazione, ma un’aggravante.
L’accusa ai Rom di rapire bambini ha portato a persecuzioni, violenze e linciaggi per secoli. Questo stereotipo è stato usato per giustificare leggi discriminatorie e alimentare un’immagine criminalizzante della comunità Rom.
Lucio Corsi, anche se nel qual caso inconsapevole, ha riproposto un mito che non è solo offensivo, ma ha conseguenze reali sulla vita delle persone.
In Italia, come in molti altri Paesi, le popolazioni romanes sono state vittime di marginalizzazione, violenze e politiche discriminatorie, anche basate su questa accusa infondata. Riproporre questo stereotipo in una canzone, senza alcuna critica, alimenta il clima di ostilità contro queste comunità, invece di contrastarlo.
Anche se Lucio Corsi non fosse stato consapevole del significato storico e delle conseguenze di quello che ha scritto, il danno esiste lo stesso. Se qualcuno causa un incidente stradale perché non conosceva il codice della strada, rimane comunque responsabile. Analogamente, se un artista diffonde uno stereotipo dannoso senza saperlo, ha comunque la responsabilità di riconoscerlo l’errore e porvi rimedio.
Sentiamo la necessità di lasciare qui delle dichiarazioni importanti e necessarie:
I Rom, Sinti, Kale, Manouches e Romanichals non sono nomadi né per cultura né per vocazione: questa è una bugia, uno stereotipo promosso dall’occidente per giustificare tutto ciò che è stato legittimato contro di noi.
Il vero nome del “campo nomadi” è campo di concentramento su base etnica per soli Rom, un retaggio nazi-fascista, una segregazione e violenza che lo stato italiano continua a perpetuare nei nostri confronti.
Noi Rom siamo persone e non mostri, non siamo bastoni da usare per ammonire i vostri bambini quando scambiate la paura per uno strumento parentale, quando ancora troppo spesso dite ai vostri figli “stai attento, fai il bravo o ti vengo a prendere gli zingari”. Non ci mettete nei loro armadi e sotto i loro letti come fossimo creature delle fiabe, non ci mettete nelle vostre canzoni come fossimo una decorazione esotica, non ci usate come vestito di Halloween…
I termini sbagliati, dispregiativi o scorretti in particolare la parola “zingaro” e simili appartengono a tutta alla nostra lunga storia di dolore e solo noi possiamo usarli per educare, esorcizzare, rimediare, spiegare e ricordare. Chiamarci con i nostri endonimi è un vero segno di rispetto e dignità che vi chiediamo di di supportare e diffondere.
In attesa di un suo riscontro, porgiamo distinti saluti.
L'articolo Lucio Corsi finisce al centro di una grossa polemica: “Rettifichi!” proviene da Biccy.