La vita e le imprese di Ignazio Piussi raccontate da Meridiani Montagne
Sul numero 133 della rivista, dedicato al Monte Canin e alle Prealpi Giulie, un ampio articolo di Serafino Ripamonti è dedicato al grande alpinista nato in Val Roccolana che su queste montagne (e non solo) ha scritto pagine straordinarie L'articolo La vita e le imprese di Ignazio Piussi raccontate da Meridiani Montagne proviene da Montagna.TV.


La definizione “Ladro di montagne” è rimasta appiccicata a Ignazio Piussi come un marchio indelebile. Un titolo non sappiamo quanto da lui effettivamente gradito ma che deriva dal suo modo quasi clandestino di approcciare le pareti e lo stesso ambiente dell’alpinismo. Da lì l’intuizione di Nereo Zeper di intitolare così la fortunata biografia dedicata a Piussi. Che di montagne ne salì tante e, soprattutto agli inizi, a modo suo: inventando, rischiando senza mai porsi limiti. E lasciando un segno indelebile anche su pareti considerate “impossibili”.
Il lungo, e approfondito articolo di Meridiani Montagne dedicato a Ignazio Piussi consente di ripercorrere le sue salite più importanti anche lontano dalle pareti di casa. Ma anche e soprattutto fa conoscere aspetti meno noti della vita del “ladro di montagne”, a partire dalla faticosa infanzia nella malga di famiglia .
Ecco qualche breve passaggio dell’articolo di Serafino Ripamonti dal titolo “Il mestiere di essere Piussi”

Lo spigolo dell’Ago e la temerarietà dei 16 anni
…Sul finire degli anni Quaranta sono già diversi gli scalatori che frequentano la valle. Ignazio li guarda passare e li spia mentre si arrampicano. Possibile che lui non sia in grado di fare altrettanto? Con l’incoscienza dei sedici anni, decide di cimentarsi sullo Spigolo dell’Ago, un solido IV grado. Per questa mattata si trova un compagno, Arnaldo Perissutti, a cui ovviamente racconta di essere già uno scalatore esperto. L’esito è lui stesso a raccontarlo nella già citata intervista: “Salimmo così com’eravamo, senza corda, in pantaloni corti. Ci andò bene!”. È così che Piussi fa il suo ingresso nel mondo dell’alpinismo: in modo clandestino, come un “ladro”, come lo definisce Nereo Zeper nel celebre libro dedicato alla sua vita: Ladro di montagne (1997). Un ladro abilissimo però, che presto si dedica a “colpi” sempre più ambiziosi. La sua firma è inconfondibile…
L’impresa sulla Scotoni che lascia gli Scoiattoli a bocca aperta
…Ma le rocce dell’estremo est delle Alpi, per quanto grandiose e difficili, sono troppo lontane dai santuari dell’alpinismo per regalare a Piussi e compagni la fama che meritano. Serve un teatro più prestigioso. L’occasione di finire sotto le luci della ribalta arriva nel 1955, quando qualcuno decide di dare una mano al Robin Hood della Val Roccolana pagandogli la trasferta verso le Dolomiti, meta troppo al di fuori delle sue esigue finanze. L’obiettivo è la via degli Scoiattoli alla parete sud della Cima Scotoni. Lino Lacedelli, Bibi Ghedina e Guido Lorenzi l’hanno aperta tre anni prima, superando difficoltà estreme, e l’hanno giudicata “impossibile da ripetere”. Piussi, in cordata con Lorenzo Bulfon, reclutato fortunosamente in loco dopo la defezione del fido Perissutti, debilitato dalla bronchite, la superano senza problemi. Dove gli apritori avevano dovuto ricorrere all’allucinante espediente della piramide umana a tre su staffe, Ignazio passa in arrampicata libera. Sui ghiaioni alla base della parete gli Scoiattoli al gran completo restano a guardare a bocca aperta.
È l’atto primo di un copione che si ripeterà tante volte negli anni successivi, con Piussi sempre lì, a contendersi con i nomi più blasonati dell’alpinismo internazionale le prime salite più ambite…
Alpinismo invernale e creatività
…Gli anni Sessanta sono anche la grande stagione dell’alpinismo invernale, e Piussi anche qui lascia la sua impronta indelebile. Dal 28 febbraio al 7 marzo del 1963, in cordata con Redaelli e Toni Hiebeler, seguiti da Roberto Sorgato, Marcello Bonafede e Natale Menegus, supera per primo, nella stagione più fredda, la chilometrica muraglia della via Solleder sulla Nordovest del Civetta. Sono ancora inverni “veri” quelli, e salire una parete del genere senza un fornelletto per sciogliere l’acqua e scaldare il cibo equivale a un suicidio, ma il destino vuole che, al primo bivacco, il provvidenziale attrezzo risulti introvabile. A risolvere la situazione viene ancora in aiuto l’astuzia e la praticità del montanaro friulano che, da scalatore, si trasforma in esperto fochista: col martello da roccia ogni sera fa a pezzi uno dei numerosi cunei di legno della loro attrezzatura e, con l’inseparabile coltello da caccia, intaglia le schegge più piccole per fare da esca al fuoco. La cena è servita…
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