Intervista a Fabrizio Paterlini: “‘Attitude’ è il modo in cui scegli di stare al mondo”
Fabrizio Paterlini è uno dei pianisti italiani più apprezzati a livello internazionale; “Attitude” è il suo album di cover grunge L'articolo Intervista a Fabrizio Paterlini: “‘Attitude’ è il modo in cui scegli di stare al mondo” proviene da imusicfun.

Fabrizio Paterlini è uno dei pianisti italiani più apprezzati a livello internazionale e il 21 marzo è uscito “Attitude”, un album di cover grunge.
Con questo album reinterpreta in chiave strumentale alcuni dei brani più iconici del grunge, da Pearl Jam a Nirvana, passando per Soundgarden e Alice in Chains, senza dimenticare il rock italiano con Marlene Kuntz, Verdena ed Elisa.
Intervista a Fabrizio Paterlini
1. ”Attitude” è un album che omaggia il grunge ma anche un certo modo di sentire la musica. Cosa rappresenta per te questa “attitudine”?
È una postura interiore, prima ancora che musicale. “Attitude” è il modo in cui scegli di stare al mondo quando suoni, quando componi, quando ascolti. Non si tratta di genere, ma di intenzione. Il grunge, in fondo, era questo: un’urgenza espressiva, spesso fragile, che si faceva suono. Io ho cercato di portare quella stessa onestà emotiva dentro il mio linguaggio, che è fatto di tasti, silenzi e sfumature.
2. Come hai scelto i brani da reinterpretare? È stata una selezione istintiva o ragionata?
Una via di mezzo. Alcuni brani li avevo dentro da tempo — *Nutshell*, ad esempio, è un pezzo che porto con me da sempre — altri sono emersi più tardi, mentre cercavo di capire cosa volesse dire oggi, per me, rileggere il grunge. È stato un lavoro quasi curatoriale: non solo cercavo brani iconici, ma canzoni che contenessero una tensione melodica capace di vivere anche spogliata di tutto, solo con un pianoforte.
3. Trasportare il grunge, un genere ruvido e vocale, nel linguaggio del pianoforte è una sfida affascinante. Come hai affrontato la trasposizione emotiva e sonora di questi brani?
Ho cercato di ascoltare oltre la superficie. Il grunge non è solo distorsione e rabbia: è anche malinconia, introspezione, senso di disorientamento. Tutti sentimenti che il pianoforte può esprimere, se trattato con delicatezza e intenzione. Non ho voluto “tradurre” quei brani, ma rivelarne un’altra anima, più intima.
4. Tra Nirvana, Pearl Jam, Alice in Chains e Soundgarden, qual è stata la band che ti ha più segnato a livello personale?
I Nirvana, senza dubbio. Sono stati la scintilla. Il loro modo di essere così diretti, vulnerabili, a volte persino scomodi… mi ha colpito profondamente. *All Apologies*, che ho incluso nell’album, è un brano che dice tutto con pochissimo: è fragile, sincero, disarmante. Nei Nirvana ho sempre visto un’urgenza che sento molto vicina al mio modo di fare musica — quella tensione emotiva che ti costringe a fermarti, ad ascoltare davvero.
5. Nell’album troviamo anche nomi italiani come Marlene Kuntz, Verdena ed Elisa. Che ruolo ha avuto la scena alternativa italiana nella tua formazione musicale?
È stata fondamentale, anche se spesso in modo silenzioso. I Marlene sono stati la nostra risposta più autentica al grunge, e li ho ascoltati tantissimo da ragazzo. I Verdena e Elisa, pur su strade diverse, hanno rappresentato per me un senso di libertà espressiva che ho sempre ammirato. Inserirli in questo progetto era un modo per dire che l’attitudine non ha passaporto.
6. Il titolo del disco è “Attitude”. In che modo pensi che il tuo approccio da compositore e interprete rispecchi questa parola?
Credo nel fare le cose con coerenza, senza scendere a compromessi. Il mio percorso è stato spesso fuori dai binari, eppure ha trovato un pubblico. Questo, per me, è *attitude*: restare fedeli alla propria voce, anche quando sembra fuori moda.
7. Il tuo pubblico è globale, con milioni di stream e ascoltatori da tutto il mondo. Come vivi questo successo, soprattutto per un genere come il pianismo contemporaneo?
Lo vivo con gratitudine e stupore. Non ho mai inseguito i numeri, ma le connessioni. Sapere che una mia melodia accompagna la giornata di qualcuno dall’altra parte del mondo è una delle cose più belle che la musica mi abbia regalato.
8. In che modo il tour in Cina dello scorso ottobre ha influenzato la tua visione musicale, se lo ha fatto?
La Cina è stata un’esperienza intensa, quasi ipnotica. Un pubblico attento, rispettoso, ma anche incredibilmente curioso. Mi ha ricordato quanto la musica possa superare ogni barriera culturale e linguistica. E mi ha dato nuova energia, che si è riversata anche nel lavoro in studio dopo il rientro.
9. “Waltz” e “Rue des Trois Frères” sono tra i tuoi brani più amati. Che rapporto hai oggi con quei pezzi che ti hanno fatto conoscere al grande pubblico?
Un rapporto ottimo, che credo continuerà a esserlo. Sono due pezzi nati in momenti creativi molto diversi tra loro, ma che sento profondamente miei. *Waltz* ha un’intimità nostalgica, quasi cinematografica, mentre *Rue des Trois Frères* nasce da un’immagine concreta, quasi da una scena vissuta. Entrambi, a modo loro, rappresentano delle “porte d’ingresso” al mio mondo sonoro. E sono grato che abbiano toccato così tante persone.
10. Hai collaborato con una fotografa naturalista per “Riverscape”, hai pubblicato “Summer Stories” in formato “social”. Ti piace contaminare la tua musica con linguaggi visivi e contemporanei?
Assolutamente sì. La musica non è un oggetto statico, vive nei contesti. Mi piace esplorare quei contesti: la natura, il racconto breve, il linguaggio dei social… Ogni volta è un’occasione per ripensare il mio ruolo di compositore, ma anche di narratore.
11. Hai fondato una tua etichetta, Memory Recordings. Quanto conta per te essere un artista indipendente?
Conta tutto. L’indipendenza è una scelta di responsabilità, ma anche di libertà. Con Memory Recordings posso decidere tempi, modalità, estetica. È faticoso, ma ne vale la pena ogni singola volta.
12. Se dovessi descrivere con tre aggettivi l’universo sonoro di “Attitude”, quali sceglieresti?
Crudo, lirico, sospeso.
13. A chi consiglieresti l’ascolto di questo album? E qual è, secondo te, il momento perfetto per ascoltarlo?
A chi ha amato quegli anni, ma anche a chi non li ha vissuti e vuole scoprirli con un linguaggio diverso. Il momento perfetto? La sera, quando si abbassano le difese e le emozioni trovano spazio per risuonare.
14. Guardando avanti, hai già in mente nuove direzioni musicali o progetti futuri?
Sì, sto lavorando a un nuovo album che ha un’anima più live, pensato per il palco. Sarà un progetto molto diverso da *Attitude*, ma ugualmente sincero. E poi ci sono le sincronizzazioni, un mondo che voglio esplorare sempre di più. Il bello di questo lavoro è che ogni album apre una porta, e dietro quella porta… c’è sempre un’altra musica da scrivere.
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