Intervista a Cristiano Godano: “Stammi accanto è libertà e autenticità; non vedo l’ora di portarlo dal vivo”
Cristiano Godano torna con "Stammi accanto", un album che rappresenta una nuova tappa nel suo percorso solista. La nostra intervista L'articolo Intervista a Cristiano Godano: “Stammi accanto è libertà e autenticità; non vedo l’ora di portarlo dal vivo” proviene da imusicfun.

Cristiano Godano torna con Stammi accanto, un album che rappresenta una nuova tappa nel suo percorso solista, dopo l’esordio con Mi ero perso il cuore. Qui il link per l’acquisto di una copia fisica.
Un disco nato in un periodo di transizione personale e collettiva, che racchiude la dimensione più intima e riflessiva del cantautore, lontano dalle sonorità post-punk dei Marlene Kuntz ma perfettamente in sintonia con la sua anima folk. Registrato sull’Appennino tosco-emiliano, Stammi accanto è un lavoro profondamente sincero, in cui ogni brano è stato curato con meticolosità, senza compromessi.
In questa intervista, Godano racconta la genesi dell’album, l’importanza della libertà espressiva, la scelta dei brani e il desiderio di tornare sul palco con una band, dopo un lungo periodo di esibizioni in solitaria. Un dialogo intenso, in cui emerge tutta la passione di un artista che mette la musica al primo posto, con un approccio serio e autentico.
Intervista a Cristiano Godano, il nuovo album “Stammi accanto”
Cristiano Godano, Stammi Accanto, un disco intimo nato in un momento di transizione, sia personale che collettiva. Cosa rappresenta per te e cosa ti ha spinto a pubblicarlo proprio ora, dopo averlo tenuto fermo per un po’?
Il mio percorso artistico è un’evoluzione continua: cerco sempre di raggiungere uno standard che mi soddisfi, anche in un range espressivo diverso da quello dei Marlene, che hanno un’attitudine rock e post-punk molto marcata. Ma fin dagli inizi della mia vita da ascoltatore ho sempre avuto un’anima folk, che si esprime attraverso la chitarra acustica.
Questo è il mio secondo disco solista, e sento di aver affinato ancora di più questa mia dimensione. Inoltre, finalmente posso portare le mie canzoni dal vivo con una band! Il mio primo album è uscito nel periodo peggiore possibile, in piena pandemia, quando i concerti erano contingentati e non si poteva suonare con una formazione completa. Ho iniziato quindi a esibirmi da solo e, pur essendo stata una grande palestra, adesso sento il bisogno di tornare a condividere il palco con altri musicisti. (Qui il calendario e Qui il link per l’acquisto dei biglietti).
E questa volta lo farai con i Guano Padano, una band che ha radici nel jazz e nell’alternative italiano. Come sta andando il lavoro con loro?
Abbiamo finito le prove pochi giorni fa, e finalmente sento di aver trovato il suono che desideravo da anni. C’è un feeling, un pathos, un’intensità che per me è davvero un traguardo. Sono impaziente di portare queste canzoni dal vivo!
Hai scritto e registrato il disco sull’Appennino Tosco-Emiliano, in un contesto di solitudine e spaesamento. Quanto ha influito l’ambiente naturale sulla produzione e sulle atmosfere del disco?
Molto. Il disco è nato in una dimensione immersa nella natura, sulle montagne di Usmamò, Zamboni, CCCP. È stata un’esperienza che, curiosamente, ha anticipato quella che poi ho vissuto con i Marlene per Karma Clima, quando ci siamo immersi in contesti naturali simili.
Le influenze di questi luoghi si sentono nel modo in cui ci siamo approcciati agli strumenti e alla registrazione. Mi fa piacere che tu abbia usato la parola “libertà”, perché è proprio ciò che ho provato: nessuna necessità di dimostrare di appartenere a un genere specifico. Nessun obbligo di rimanere nel post-punk o nel rock. Ho solo seguito la musica nel modo più naturale possibile.
Si percepisce molto un’attitudine live nel disco, sia nel sound che nell’interpretazione. Era un obiettivo preciso?
Assolutamente sì! E infatti, per i concerti manterremo la stessa scaletta dell’album, perché i pezzi scivolano uno nell’altro in modo molto fluido. Io appartengo alla vecchia guardia: per me la successione dei brani ha ancora un valore artistico.
Oggi siamo nell’epoca dello streaming e spesso si tende a pensare alle canzoni come a singoli episodi, ma io ho voluto costruire un disco che avesse un flusso narrativo, come si faceva una volta. Sono solo otto brani, ma hanno una coerenza che merita di essere ascoltata dall’inizio alla fine.
A proposito di singoli, hai scelto Eppure so come primo estratto. È forse il brano più positivo del disco: come mai questa scelta?
Non è necessariamente il mio pezzo preferito, ma quando si sceglie un singolo si punta su qualcosa che possa mettere d’accordo più persone. Eppure so ha un messaggio forte: nel ritornello canto “Eppure so che devo continuare a sperare”, e credo che la speranza sia fondamentale in questi tempi così difficili. È l’unico baluardo che ci protegge dal restare paralizzati nell’angoscia.
Parliamo della collaborazione con Samuele Bersani in Dentro la ferita: un pezzo che sembra incarnare perfettamente l’anima del disco. Com’è nato?
Ho un affetto speciale per questo brano, perché è il più folk nel senso classico del termine. Parte da un giro di accordi molto semplice, ma il modo in cui lo suono con la mano destra gli dà un ritmo coinvolgente. Dal vivo, sono sicuro che farà muovere i piedi alla gente!
Nel 2025, dopo tanti anni di carriera, qual è l’aspetto della tua musica che ti rende più orgoglioso?
La sincerità. Continuo a essere meticoloso e pignolo nella scrittura: se una parola non mi convince, posso riscrivere un’intera strofa fino a trovare quella giusta. Non voglio mai fare le cose tirandole via. La mia musica deve essere genuina e artisticamente solida.
Chiudiamo con un verso tratto proprio da Dentro la ferita: “Ho chiesto alla mia anima di smascherare l’inconscio, interrogato o rimosso, ma non ho ottenuto risposte”. Può essere visto come un manifesto dell’intero progetto?
Sì, perché racconta il mio percorso di autoanalisi. Ho cercato di andare a fondo, di interrogare il mio inconscio e le mie rimozioni. Ma non sempre si trovano risposte. E forse va bene così: la ricerca non deve mai fermarsi. Chi si ferma è perduto.
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